Altra analisi sulla nomina di mons. Fernández a Prefetto della DDF: "Non si può però non rilevare come Bergoglio, anche in questo caso, si sia mosso, ancora una volta, quasi come un elefante in una cristalleria. La lunga e inusuale lettera, con cui il Papa ha accompagnato la nomina di Fernández, contiene infatti un passaggio, apparso a non pochi anche come un j’accuse al suo immediato predecessore: «Il Dicastero che lei presiederà – si legge infatti – in altri tempi è arrivato a usare metodi immorali".
QUI National Catholic Register sulle fluviali e ambigue interviste che il neo Prefetto ha fatto in questi ultimi giorni: "Ma in nessuna delle suddette interviste l'arcivescovo Fernández ha collocato il suo mandato DDF nel contesto della continuità con questo spostamento di enfasi più ampio e già in corso. Invece, ha detto a Crux che la lettera di papa Francesco gli ha suscitato messaggi da parte di teologi che lo consideravano un importante "punto di svolta" nella missione del DDF, dando l'impressione che intendesse il suo mandato come qualcosa di categoricamente diverso da ciò che è venuto prima - non semplicemente diverso dalle pratiche dell'era dell'Inquisizione, ma da quelle dei suoi più recenti predecessori, il cardinale Ladaria, il cardinale Gerhard Müller , il cardinale William Levada e l'allora cardinale Joseph Ratzinger".
Qui altri post sulla nomina di mons. Fernández Prefetto del DDF.Luigi
Francesco Lepore, Linkiesta, 7-8-23
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando Paolo III istituì a metà ’500 la Sacra Congregazione del Sant’Uffizio della Romana e Universale Inquisizione, che, dal XX secolo a oggi, avrebbe poi mutato nome per ben tre volte: Suprema Sacra Congregazione del Sant’Uffizio (1908), Congregazione per la Dottrina della Fede (1965), Dicastero per la Dottrina della Fede (2022). In settembre a occupare la carica, che fu del cardinale Joseph Ratzinger per quasi ventiquattro anni e successivamente, nel giro d’appena un diciottennio, dei porporati William Joseph Levada, Gerhard Ludwig Müller, Luis Francisco Ladaria Ferrer, sarà l’arcivescovo argentino Víctor Manuel Fernández, detto “Tucho”, considerato uno dei più ragguardevoli esponenti della teologia del popolo.
Alla prefettura di uno dei dicasteri chiave della Curia romana giunge così un uomo di fiducia di Papa Francesco. D’altra parte, Fernández, classe 1962, deve tutta la sua progressiva ascesa proprio a Jorge Mario Bergoglio, che, da cardinale arcivescovo di Buenos Aires e presidente della Conferenza episcopale argentina, l’ha voluto quale rappresentante del Paese alla V Conferenza dei Vescovi latinoamericani in Aparecida (2007) e, quindi, rettore della Pontificia Università Cattolica Argentina (2009). Ed è stato lo stesso Bergoglio, una volta eletto al soglio di Pietro, ad averlo prima promosso alla dignità episcopale (2013), per poi nominarlo componente del Sinodo dei vescovi del 2013 e 2014, arcivescovo metropolita di La Plata (2018), membro del Dicastero per la Cultura e l’Educazione (2023).
Infine, l’1 settembre, la menzionata nomina a prefetto dell’ex Sant’Uffizio. Papa Francesco ha voluto così premiare la fedeltà di uno dei suoi più stretti collaboratori, che ha ampiamente contribuito alla redazione dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, dell’enciclica Laudato si’ e, in particolare, dell’Amoris laetitia. Di questo documento postsinodale è in particolare attribuito a Fernández il controverso capitolo ottavo sull’accompagnamento e il discernimento delle coppie divorziate risposate.
Non meraviglia pertanto che la nomina di “Tucho” abbia provocato una levata di scudi tra le fila della variegata galassia conservatrice o, forse più appropriatamente, antibergogliana. A partire, soprattutto, dagli Stati Uniti. Non a caso lo stesso neoprefetto della Dottrina della Fede – finito nel tritacarne di siti ultrareazionari meno per le sue aperture in tema di accesso all’Eucaristia da parte dei divorziati risposati e di cauta apertura alle istanze delle persone LGBT+ che per il suo libro Sáname con tu boca. El arte de besar, peraltro molto bello e null’affatto immorale, valsogli in patria il soprannome di El Tucho besame mucho – ha scritto sui social di attacco mirato non tanto alla sua persona quanto a Papa Francesco.
Non si può però non rilevare come Bergoglio, anche in questo caso, si sia mosso, ancora una volta, quasi come un elefante in una cristalleria. La lunga e inusuale lettera, con cui il Papa ha accompagnato la nomina di Fernández, contiene infatti un passaggio, apparso a non pochi anche come un j’accuse al suo immediato predecessore: «Il Dicastero che lei presiederà – si legge infatti – in altri tempi è arrivato a usare metodi immorali. Erano tempi in cui, anziché promuovere la conoscenza teologica, si perseguivano possibili errori dottrinali. Quello che mi aspetto da lei è certamente qualcosa di molto diverso». Per non parlare poi dell’elenco, anch’esso del tutto inusuale, di larga parte delle pubblicazioni di “Tucho”. Per il quale, e questo è indubitabile, si prospettano tempi romani non proprio sereni.
Per non parlare poi dell’elenco, anch’esso del tutto inusuale, di larga parte delle pubblicazioni di “Tucho”, letto come maldestro tentativo d’accreditare le competenze teologiche di chi non ne avrebbe affatto bisogno. Elenco, nel quale non figura, fra l’altro, proprio il contestato libro sul bacio, onde illazioni su illazioni. Insomma, un inizio accidentato per l’arcivescovo Fernández, che deve aspettarsi, e questo è indubitabile, tempi romani non proprio sereni.