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Grazie a Franca Giansoldati per la ripresa di questa, ennesima, brutta notizia per la Chiesa e la sua Liturgia. QUI su MiL Michael Haynes. ...

venerdì 14 aprile 2023

La Messa Tradizionale è... troppo "ebraica"? Secondo Cantalamessa così pare!

il Card. Cantalamessa parla come un uomo che ha letto poco nel suo ultimo mezzo secolo di vita. Chiacchiera con disinvolta ignoranza sulla "Tradizione apostolica di sant'Ippolito". Critica l'aspetto "sacrificale" (sul modello del sacrificio ebraico) della Messa. Scappa inseguendo una "epiclesi mancante". Egli loda "la linearità e la semplicità" del Novus Ordo, ignaro degli studi liturgici degli ultimi cinquant'anni.
Così l'articolo che riproponiamo: "Per inciso, trovo sconvolgente che, durante la Quaresima o la Pasqua, Cantalamessa persegua attacchi polemici alla Forma Autentica del Rito Romano. Chiaramente, per lui e per i suoi simili, non c'è tregua né fine negli attacchi ai propri fratelli cattolici e alla Santa Tradizione, neanche nei momenti più santi. Ma così sia. ...
Questa traduzione è stata realizzata grazie alle donazioni dei lettori di MiL.
Luigi

Padre HunwickeLiturgical Notes, 10/04/2023

Venerdì e sabato scorsi (rispettivamente Venerdì e Sabato Santo), ho pubblicato un paio di pezzi che avevo in realtà preparato un paio di settimane prima. Non avrei mai pensato che la mia tesi secondo la quale le "riforme" post-conciliari sono di fatto antisemite... ricevesse così presto un sostegno di altissimo livello!

Perché ora leggo che la mia tesi è sostenuta nientemeno che da un uomo di nome Cantalamessa, che ha predicato davanti a Papa Francesco e alla Curia durante questa Quaresima. Non ci avrei mai creduto!

[Per inciso, trovo sconvolgente che, durante la Quaresima o la Pasqua, Cantalamessa persegua attacchi polemici alla Forma Autentica del Rito Romano. Chiaramente, per lui e per i suoi simili, non c'è tregua né fine negli attacchi ai propri fratelli cattolici e alla Santa Tradizione, neanche nei momenti più santi. Ma così sia.]

Cantalamessa, subito dopo l'inizio del suo "Quarto Sermone Quaresimale 2023" [sic], fa riferimento alla "Traditio Apostolica di sant'Ippolito". "Otteniamo una visione della Messa certamente più vicina a quella riformata di oggi che a quella dei secoli alle nostre spalle. Cos'è successo? La risposta è imbarazzante, alla quale però non possiamo sottrarci: la clericalizzazione! In nessun'altra sfera è stato più evidente che nella liturgia".

(1) I lettori di questo blog ... o anche solo del mio post di venerdì scorso ... si saranno accorti del Gigante Ululatore Storico. Il documento che fu così influente nel periodo 1930-1970, e che allora si pensava fosse la Tradizione apostolica di S. Ippolito di Roma, è ora considerato, con il consenso degli studiosi, come non avere nulla a che fare con Roma e nulla a che fare con Ippolito.

(2) I lettori di questo blog avranno anche appreso, sabato scorso, se non lo sapevano già, che una rigida definizione dei ruoli liturgici clericali è presente nella Prima Lettera ai Corinzi di San Clemente, comunemente datata agli (apparentemente già pesantemente clericalizzati) anni novanta del I secolo.

Cantalamessa continua dicendo questo a proposito della Forma Patristica (cioè la forma che noi tradizionalisti conosciamo oggi) della Messa romana: "C'è un evidente ritorno a ciò che avveniva nel culto della Prima Alleanza. Il Sommo Sacerdote entrava nel Sancta Sanctorum, con l'incenso e il sangue delle vittime, e il popolo rimaneva fuori tremante, sopraffatto dal senso della tremenda santità e maestà di Dio".

Ecco! Avete colto? Proprio quello che ho spiegato ai lettori la scorsa settimana!

Solo che io considero con favore queste caratteristiche ebraiche: Cantalamessa ne è inorridito.

Verso la fine della sua omelia, l'oratore ci spiega quanto sia meravigliosa l'Epiclesi. "È un dono che la riforma liturgica del Vaticano II abbia posto l'epiclesi, cioè l'invocazione dello Spirito Santo, al centro della Messa... Non posso, tuttavia, non notare con rammarico la totale assenza dello Spirito Santo nella [Messa tradizionale]. Invece dell'attuale epiclesi consacratoria [cioè post 1970] sul pane e sul vino, troviamo in essa la formula generica 'Santifica, o Dio, questa offerta con la potenza della tua benedizione'". [Dov'è esattamente questo nel Canone Romano? E dove esattamente il "Vaticano II" parla dell'epiclesi e della necessità di "porla al centro della Messa"?]

Molti di noi tendono ora a sentirsi abbastanza sicuri circa il fatto che non ci sia mai stata un'epiclesi dello Spirito Santo nella Messa romana, perché, essendo così "primitiva", è stata messa insieme molto prima dell'eruzione dell'eccitazione per lo Spirito Santo che è avvenuta, secoli dopo, in Oriente. Ecco perché il nostro antico Rito romano può essere accuratamente chiamato "binitario".

Più di un secolo fa, Adrian Fortescue (The Mass, 1912) riassunse non meno di otto diverse teorie, dai Clevers del secolo precedente, su come doveva essere formulata l'epiclesi nel Canone romano originale. Tutte sciocchezze... Non c'è mai stata un'epiclesi nel Rito romano, fino a quando i "riformatori" del 1960 hanno iniziato a raggrupparli a destra, a sinistra e al centro.

Mentre lo facevano, l'eminente liturgista anglicano G. G. Willis spiegò loro ripetutamente quanto fossero fuorviati. Il più grande liturgista anglicano di quel secolo, Dom Gregory Dix (anche se come il resto di noi poi si è abbonato all'Hippolytosmythos) ha costantemente rifiutato di credere che il testo originale potesse contenere un'epiclesi. È agghiacciante immaginare che cosa (se fosse vissuto nel 1960), con il suo spirito satirico pungente come una vespa, avrebbe scritto di tutte quelle orribili "preghiere eucaristiche" che inondavano Roma, ognuna con la sua orrida piccola epiclesi.

Cantalamessa parla come un uomo che ha letto poco nel suo ultimo mezzo secolo di vita. Chiacchiera con disinvolta ignoranza sulla "Tradizione apostolica di sant'Ippolito". Scappa inseguendo una "epiclesi mancante". Egli loda "la linearità e la semplicità" del Novus Ordo, ignaro degli scritti di Catherine Pickstock e di altri anglicani, e di (ad esempio) padre Aidan Nichols, che riconosce nella "linearità" e nella "semplicità" superstizioni "illuministe" che deturpano le strutture "orali" della Messa romana, con le sue "balbuzie" e i suoi "ricominciamenti" [Pickstock, After Writing 1998; Nichols, Looking at the Liturgy 1996.].

Chiaramente, la liturgia "cattolica" è al momento nelle mani più terribili. C'è l'orribile e non cattolica visione di Papa Francesco e Roche, secondo la quale la liturgia non sarebbe una grande Tradizione ricevuta e consegnata, ma una questione di positivismo giuridico quotidiano. Le "autorità" si intromettono, prescrivono, impongono, proibiscono, armeggiano, chiariscono e, forse, lo permettono gentilmente, altrimenti non è "lecito"; e coloro che lo usano dovranno correggere le loro ignoranze in un programma di "rieducazione" in stile maoista. Se i tradizionalisti (cioè noi) persistono nell'errore, essi (cioè noi) dovranno essere accuratamente colpiti con un randello molto grande.

È già abbastanza spaventoso. Che Dio li perdoni.

Ma ciò che è ancora peggio è l'immagine che ora ho in mente dopo aver letto Cantalamessa: due ecclesiastici ottuagenari, entrambi profondamente allergici agli studi degli ultimi tre decenni, che siedono annuendo l'uno all'altro, rafforzando a mo' di antifona la rigida aderenza che condividono alle certezze degli anni Cinquanta ormai divorate dalle tarme.