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mercoledì 18 gennaio 2023

Nicaragua. Sentenza già scritta per mons. Alvarez: esilio volontario o galera. Intanto il Papa tace

E il Papa, come al solito riguardo ai suoi amici comunisti, tace:  "In questo contesto, non nuovo in Nicaragua, non si riesce - con tutta la buona volontà possibile - a capire minimamente perché Papa Francesco tace, e più in generale, perché tace la diplomazia vaticana che è stata umiliata nel marzo dell'anno scorso con l'espulsione in poche ore dell'allora rappresentante pontificio a Managua Waldemar Stanislaw Sommertag".
Luigi

Il Sismografo, 16-1-22
E' possibile “l'autoesilio” di mons. Rolando Alvarez, forse negoziato con il Vaticano. Sarebbe la terza espulsione di un vescovo da parte di Daniel Ortega dal 1986. Il presule nicaraguense ha già fatto sapere che preferisce la galera.
(L.B., R. C. – a cura Redazione “Il sismografo”) In teoria il processo della dittatura nicaraguense, guidata dalla coppia Daniel Ortega-Rosario Murillo, contro mons. Rolando Alvarez è ancora in corso ma il verdetto è risaputo e diffuso ampiamente: il vescovo, accusato di sovversione e attacco ai principi democratici o accetta di andare in esilio "volontariamente" oppure sconterà in galera la condanna. Intanto, secondo quanto riferisce la stampa centroamericana, il processo-farsa si svolge con udienze clandestine e non è stato consentito al vescovo di Matagalpa e Amministratore apostolico di Estelí di nominare un avvocato. Il difensore dei diritti umani, Pablo Cuevas, riferendosi al processo penale avviato dal regime, sottolinea: "Mai nella storia del Nicaragua né in quella del Centro America, che io sappia , era stato processato un vescovo in carica, per di più con una procedura piena di una sfilza di irregolarità per condannarlo per reati che, tra l'altro, non si possono neanche provare". “Il destino di monsignor Álvarez è segnato”, aggiunge l'avvocato, “e c'è già una sentenza di condanna della quale vengono già diffusi alcuni dettagli. Sappiamo già cosa accadrà. Le condanne vengono pronunciate a El Carmen (residenza di Ortega)”.
In questa vicenda è ampiamente noto che Ortega ha già deciso. Il vescovo ha due alternative: o va in galera per diversi anni per scontare una pesante condanna perché colpevole - secondo l'accusa - di “associazione a delinquere finalizzata alla lesione dell'integrità nazionale e diffusione di notizie false a danno dello Stato e della società”; oppure il vescovo lascia il Paese e così accetta un esilio volontario, punizione della quale la dittatura di Ortega non potrebbe essere accusata. La farsa dell'autoesilio dovrebbe evitare al regime di aggiungere questo fatto - grave e pianificato anche per intimidire - al lungo elenco di attacchi alla libertà religiosa del governo nicaraguense.
In questo contesto, non nuovo in Nicaragua, non si riesce - con tutta la buona volontà possibile - a capire minimamente perché Papa Francesco tace, e più in generale, perché tace la diplomazia vaticana che è stata umiliata nel marzo dell'anno scorso con l'espulsione in poche ore dell'allora rappresentante pontificio a Managua Waldemar Stanislaw Sommertag, dal 6 settembre scorso Nunzio apostolico in Senegal, Capo Verde, Guinea-Bissau e Mauritania.
Se alla fine il "caso Alvarez" si concluderà con l'autoesilio, magari in trattative con il Vaticano per evitare il carcere al prelato, sarà il terzo vescovo che Daniel Ortega espelle dal Paese per disfarsi di una voce libera e autonoma in difesa dei diritti umani.
Ora però, anche per il Vaticano la questione principale è cosa pensa e cosa vuol fare mons. Alvarez. Recentemente un vescovo dell'Honduras, della diocesi di Danlí, mons. José Antonio Canales, ha dichiarato di sapere da fonti autorevoli che mons. Alvarez ha detto di non accettare l'autoesilio e dunque di preferire il carcere al posto di confessare reati mai commessi e soprattutto di sottoporsi al volere della dittatura.
In Nicaragua, nella chiesa locale, ma anche all'estero in numerosi governi in particolare del continente americano, esiste il fondato sospetto che Ortega sia riuscito, come in passato, a trascinare la diplomazia vaticana all'interno del suo gioco usando ogni mezzo come moneta di scambio. E' accaduto con mons. Vega e con mons. Báez [1], il quale venne portato a Roma per 'non fare nulla' al punto che fuggì, per propria iniziativa, a Miami dove tutt'ora lavora nella pastorale con la comunità nicaraguense.
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