Interessante riflessione del Maestro Aurelio Porfiri, pubblicata da Aldo Maria Valli.
Luigi
Aurelio Porfiri
Musica e liturgia, un legame profondo. Fin dalle origini.
Non abbiamo molte testimonianze sul ruolo che ebbe la musica nei primi tempi della Chiesa, e ovviamente non abbiamo melodie di quel periodo, ma sappiamo che certamente si cantava, come ci dice il pagano Plinio il Giovane.
Nella sua Apologia prima san Giustino martire cita alcune informazioni sulle liturgie cristiane nel secondo secolo: “E nel giorno detto del Sole si fa l’adunanza. Tutti coloro che abitano in città o in campagna convengono nello stesso luogo, e si leggono le memorie degli apostoli o gli scritti dei profeti per quanto il tempo lo permette. Poi, quando il lettore ha finito, colui che presiede rivolge parole di ammonimento e di esortazione che incitano a imitare gesta così belle. Quindi tutti insieme ci alziamo ed eleviamo preghiere e, finito di pregare, viene recato pane, vino e acqua. Allora colui che presiede formula la preghiera di lode e di ringraziamento con tutto il fervore e il popolo acclama: amen! Infine a ciascuno dei presenti si distribuiscono e si partecipano gli elementi sui quali furono rese grazie, mentre i medesimi sono mandati agli assenti per mano dei diaconi. Alla fine coloro che hanno in abbondanza e lo vogliono danno a loro piacimento quanto credono. Ciò che viene raccolto è deposto presso colui che presiede ed egli soccorre gli orfani e le vedove e coloro che per malattia o per altra ragione sono nel bisogno, quindi anche coloro che sono in carcere e i pellegrini che arrivano da fuori. In una parola, si prende cura di tutti i bisognosi. Ci raduniamo tutti insieme nel giorno del Sole, sia perché questo è il primo giorno in cui Dio, volgendo in fuga le tenebre e il caos, creò il mondo, sia perché Gesù Cristo nostro Salvatore risuscitò dai morti nel medesimo giorno. Lo crocifissero infatti nel giorno precedente quello di Saturno e l’indomani di quel medesimo giorno, cioè nel giorno del Sole, essendo apparso ai suoi apostoli e ai discepoli, insegnò quelle cose che vi abbiamo trasmesso perché le prendiate in seria considerazione”.
Come si vede, in questa bella e dettagliata descrizione non ci sono riferimenti dettagliati alla musica. Lo studioso americano James McKinnon annota che Giustino non menziona la salmodia. In realtà Giustino menziona altrove l’importanza che la musica aveva nell’educazione, per esempio nel Dialogo con Trifone.
Dicevamo sopra di Plinio il giovane (61-113), che ci dà qualche informazione sulla musica dei primi cristiani. Informazione molto scarsa in realtà, ma che almeno ci fa capire come la musica stessa fosse una parte importante delle loro liturgie. Vediamo questo passaggio dalla lettera che Plinio indirizza all’imperatore Traiano verso il 112: “Essi affermarono che tutto ciò che avevano fatto era stato di andare a un incontro in un dato giorno, prima dell’alba, di cantare in risposta un inno a Cristo come Dio, giurando con una santa ostia di non commettere alcun delitto, di non rubare o rapinare, di non commettere adulterio, di non giurare il falso o di rifiutare di restituire una somma affidata loro. Quando tutto ciò era finito, era usanza che se ne andassero per vie diverse e poi si riunissero per consumare assieme un cibo semplice. Dopo però il mio editto che proibiva tutte le associazioni politiche, essi avevano smesso di frequentare tali riunioni. Ho pensato a questo punto che fosse necessario ottenere informazioni da due schiave, che esse chiamano ministrae, per mezzo della tortura. Non ho trovato alcunché degno di biasimo se non la cieca e incrollabile natura della loro superstizione”.
Cosa era questo inno? Una composizione con un testo originale o preso dalla Bibbia? Su questo non possiamo dire nulla. Se ne occupa anche la musicologa Solange Corbin nel suo libro sulla musica dei primi cristiani.
Visto questo legame comunque profondo fra musica e liturgia, non dobbiamo dimenticare che fra le due esiste un delicato equilibrio. Alcuni vogliono pensare che la musica sia un riempitivo del rito, una parte secondaria e non importante, e che quindi vada bene di tutto. La fallacia di questo ragionamento dovrebbe essere evidente a coloro che osservano come la liturgia storicamente si è sviluppata con la musica sacra, non malgrado essa. Un livello scadente della musica pesa inesorabilmente sulla liturgia e non potrebbe essere altrimenti.
Di contro c’è l’altro estremo, quello di chi pensa che la liturgia debba essere un pretesto per ascoltare buona musica. Anche questo è un errore, perché si perde completamente la ragione di quello che si sta facendo. Si dice che queste persone amano la musica, e forse è vero, ma certamente non la capiscono, perché tolgono significato a quella che è la più alta forma dell’arte musicale, la musica sacra, che si chiama appunto sacra non in modo accidentale. La musica dona profondità all’atto di culto, ma non deve essere essa stessa l’oggetto del culto. Chi ama veramente la musica sacra deve trovare quell’equilibrio tra lo splendore della musica e le esigenze del rito ed è proprio così che molti capolavori della musica sacra sono nati.