Abisso chiama abisso.
In fondo al post e QUI il brevissimo video di Riccardo Cascioli
Luigi
Luca Volontè, La Nuova Bussola Quotidiana,
4-08-2022
L'amministrazione USA di Joe Biden e l’Europa di Ursula von der Leyen stanno facendo pressioni sui Paesi di tutto il mondo per trasformare in diritto umano l'uccisione di bambini non nati, con la formula “aborti sicuri”. Per la prima volta in una risoluzione della prossima Assemblea generale della Nazioni Unite, si potrebbe approvare un testo, seppur non vincolante, che definisce un diritto umano il “sicuro” metodo violento di sterminio dei bimbi nell’utero materno: l’aborto.
La notizia è stata pubblicata dagli informatissimi collaboratori del Centro per la famiglia e i diritti umani (C-Fam), la NGO americana fondata e presieduta da Austin Ruse, che nel 2011 promosse e presentò all’ONU l’importantissima dichiarazione San Josè Articles, nella quale venivano “azzerate” tutte le pretese giuridiche e fattuali sull’esistenza di un diritto umano all’aborto. Ebbene, su C-Fam, Stefano Gennarini, attento osservatore di vicende delle Nazioni Unite, descrive come in questi mesi e ultime settimane l'amministrazione Biden e i gli ambasciatori dell'Unione Europea e di moltissimi suoi Paesi membri, favorevoli all'aborto, stanno impegnando molte energie per includere l’“accesso all'aborto sicuro” in una risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che si terrà a New York dal 13 al 27 settembre.
Finora, la maggioranza dei Paesi membri delle Nazioni Unite ha rifiutato un linguaggio a favore dell’aborto, ma quest'anno le obiezioni di moltissimi Paesi, avanzate nelle discussioni preparatorie alla presentazione delle risoluzioni sono state ignorate. La risoluzione (biennale) sulla violenza contro le donne, è promossa formalmente da Francia e Paesi Bassi, ma sostenuta da USA e dalla gran parte dei Paesi europei, inclusa l’Italia. Se venisse approvata, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dichiarerebbe il suo sostegno alla legalizzazione, nei Paesi di tutto il mondo, dell'accesso «all'aborto sicuro» e chiederebbe a tutti i governi di «garantire la promozione e la protezione dei diritti umani di tutte le donne e della loro salute sessuale e riproduttiva». È ben vero che, a fronte di innumerevoli obiezioni, nella risoluzione si prevede una flebile eccezione, prevedendo che l’impegno vale solo per Paesi «dove tali servizi sono consentiti dalla legge».
Tuttavia, il nuovo linguaggio favorevole all'aborto minerebbe l’intesa definita nel 1994 alla Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo tenutasi al Cairo, secondo cui l'aborto è una questione che deve essere decisa dalla legislazione nazionale senza interferenze esterne, che i governi dovrebbero aiutare le donne a evitare l'aborto e provvedere al benessere della madre e del bambino prima e dopo la nascita. Inoltre, le agenzie delle Nazioni Unite che promuovono l’"aborto sicuro" come parte della “salute e diritti riproduttivi", in particolare l'Organizzazione Mondiale della Sanità, il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione e l'Agenzia delle Nazioni Unite per le Donne, finora lo fanno di propria iniziativa, senza alcun consenso né mandato della Assemblea Generale. Tutto cambierebbe, in peggio, se la risoluzione venisse approvata: le frequenti dichiarazioni pro aborto del Segretario Generale Guterres avrebbero un “effetto mortale immediato”.
Secondo C-Fam, in queste settimane il dibattito sulla risoluzione a favore dell'aborto è stato condotto fuori da ogni norma e procedura prevista dai regolamenti dell’ONU, infatti «non un solo paragrafo dell'intera risoluzione è stato concordato per consenso prima che la bozza fosse presentata nei giorni scorsi settimana, discostandosi dalla procedura diplomatica seguita da tempo nei negoziati dell'Assemblea Generale». Il diplomatico giapponese che ha condotto i negoziati è stato categorico nel dire che le delegazioni non avrebbero potuto cancellare o aggiungere nulla al linguaggio sull'aborto, chiudendo sostanzialmente i negoziati. Molti delegati sono rimasti così confusi e delusi da questa intransigenza, racconta C-Fam, che quindici Paesi hanno cercato di bloccare la presentazione della risoluzione, senza successo. L'Unione Europea e molti stati membri dell’UE, tra i principali sostenitori della risoluzione, hanno tentato di manipolare la discussione.
Lo scontro si presenta aspro e titanico, infatti, tra le diverse delegazioni che si sono opposte al linguaggio sull'aborto contenuto nella risoluzione, molte hanno anche espresso preoccupazione per il linguaggio e i termini che potrebbero essere usati per sostenere politiche che promuovono l'omosessualità e il transgenderismo, con la scusa di affrontare la violenza sessuale, di cui le donne sono prevalentemente vittime.
A giugno scorso, Egitto, Bahrein e Arabia Saudita avevano proposto un emendamento per eliminare il termine “aborto sicuro” da una risoluzione del Consiglio dei diritti umani, un emendamento sostenuto da circa la metà dei membri votanti del Consiglio. Negli Stati Uniti e all'estero, l'amministrazione Biden ha lavorato in modo aggressivo in questi due anni per espandere l'uccisione dei bambini non nati attraverso l’aborto, ripristinando i finanziamenti dei contribuenti alle agenzie delle Nazioni Unite, le multinazionali che lo promuovono e rimuovendo la firma degli Usa dalla dichiarazione del “Consenso di Ginevra”, a favore della vita e della famiglia promossa da Trump e sottoscritta 34 Paesi del mondo.
L’Europa? La Francia di Macron aveva promosso l’inserimento del diritto umano all’aborto nei trattati, il Parlamento Europeo lo riafferma (illegalmente ed illegittimamente) ogni anno e la Commissione, rappresentata da Von der Leyen, Josep Borrell, Vera Jurova e Helena Dalli, come abbiamo descritto più volte, ha solo due priorità: aborto libero e dottrina Lgbti. Dei magnati filantropi che hanno comprato i “diritti umani” nelle agenzie ONU abbiamo detto, speriamo che ancora una volta ci salvino i Paesi del sud-est del mondo.