Post in evidenza

AGGIORNAMENTO del programma del 13º Pellegrinaggio Populus Summorum Pontificum #sumpont2024

Cari amici, a pochi giorni dall ’inizio de l  13º Pellegrinaggio  Populus Summorum Pontificum   a Roma da venerdì 25 a domenica 27 ottobre  ...

venerdì 8 luglio 2022

“Ecco come sono diventato un restauratore” #traditioniscustodes

Ottima traduzione di Aldo Maria valli sull'intemerata del Papa contro i "restauratori\tradizionalisti" (QUI MiL).
Luigi

24-6-22
Propongo la traduzione-riduzione di un articolo di Anthony Esolen nel quale molti, penso, potranno riconoscersi.
***

di Anthony Esolen, Crisis Magazine

Ciao. Il mio nome è Tony. E sono un restauratore.
Non sono sempre stato così. Sono cresciuto negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, e tutti noi davamo per scontato ciò che i sacerdoti e i vescovi dicevano di dover fare secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II. Nessuno di noi aveva letto i documenti, ma pensavamo che i nostri leader religiosi lo avessero fatto e abbiamo obbedito.
Quando il nostro parroco rimosse la balaustra di marmo per la comunione, con i suoi intarsi a mosaico pieni di simboli eucaristici (un cesto con i cinque pani e due pesci, un grappolo d’uva, l’Agnello di Dio), pensammo che sapesse cosa stava facendo e ci siamo sottomessi. Quando imbiancò le pareti della chiesa, eliminando i fregi con i gigli, in modo che ciò che era stato caldo apparisse ora freddo e spoglio, senza più colori alle vetrate, dipinti murali di figure dell’Antico Testamento e un soffitto dipinto, pensammo che lui sapesse che cosa stava facendo, e abbiamo obbedito. Quando coprì le piastrelle esagonali del pavimento, bianche e verde scuro a motivi cruciformi, con un tappeto rosso brillante, ci siamo strofinati i piedi e abbiamo obbedito.
Abbiamo obbedito molto. Il vescovo aveva colto il fervore del Concilio e presto la diocesi fu costellata di cartelloni con scritte tipo “Progetto: Espansione”. Era un tempo espansivo, pensavamo. Un tempo per costruire nuovi licei diocesani, nuove scuole parrocchiali, nuove parrocchie. E tutta questa espansione è costata. A ogni famiglia è stato chiesto di impegnare ciò che poteva permettersi. Anche la mia famiglia ha promesso. Non so quanto, ma mio padre e mia madre erano cattolici devoti, generosi e obbedienti, e certamente ciò che hanno promesso lo hanno dato.

Non biasimo il vescovo. Come poteva sapere che eravamo sull’orlo di un disastroso crollo? Quella che fu la nostra scuola parrocchiale, costruita cent’anni fa con i soldi della famiglia di un pastore irlandese, adesso è ufficio distrettuale e carcere. Alla diocesi non è rimasta che una sola scuola superiore.

Quando ci furono insegnati gli inni, per la maggior parte noiosi, nessuno di noi sapeva nulla della lunga tradizione degli inni cristiani. La maggior parte degli uomini non cantava. Poi tirammo fuori le chitarre, e praticamente tutti si misero a cantare. Non sapevamo nient’altro. Quelle canzoni si sarebbero esaurite nel tempo. Come musica, erano e sono piuttosto scadenti, e la loro teologia era ancora peggio. Ma abbiamo obbedito.

In quei giorni non imparammo quasi nessuna preghiera. Alle elementari, il pomeriggio di ogni primo venerdì, le suore ci accompagnavano in chiesa per la confessione, ragazzi da una parte, ragazze dall’altra. Dopo di che, recitavamo il rosario e poi arrivata la benedizione. Ricordo che il sacerdote si inginocchiava davanti all’altare e ci guidava nelle lodi divine, e posso ancora sentire le risposte delle monache, che sapevano che quando il sacerdote diceva “Cristo, ascoltaci” la risposta doveva essere “Cristo, gentilmente ascoltaci.”

Mi piaceva la benedizione. Non sapevo che nel giro di pochi anni quel rito sarebbe stato dimenticato nella maggior parte dei luoghi e avrei incontrato tanti cattolici che non lo avevano mai visto e nemmeno sentito nominare. Ma questo non mi scandalizzava. Ancora una volta, ho pensato che i responsabili sapessero cosa stavano facendo.

L’unica cosa che ha ferito le persone nella mia città, per quanto mi ricordo, è che alcuni santi amati sono stati cancellati dal calendario – mi riferisco per esempio a Barbara, Lucia, Cristoforo, Giorgio – come se fossero mere favole. Fu uno choc. Se la Chiesa poteva sbagliarsi su questo, su cos’altro poteva sbagliarsi?

La moralità sessuale era la più ovvia candidata al progresso. Quand’ero uno scolaro non ne capivo nulla, ma quando a noi matricole del liceo venivano tenute lezioni sul “chiarimento dei valori”, invece di un vero studio delle Scritture o del catechismo, pensavo che la suora sapesse cosa stava facendo. Era una caratteristica della nuova Chiesa: essa sapeva tutto sul sesso, più e meglio di prima.

Sebbene la maggior parte di noi in quel liceo portasse con sé un vecchio residuo di senso morale, quando andai al college, nel 1977, la Chiesa nella sua vita ordinaria – nella sua predicazione e nella sua pratica – non ci offriva appoggi e nessuna direzione. Non ho mai pensato a me stesso come a un disobbediente perché la Chiesa, nella sua vita pratica, non lo prevedeva. L’amore si incollava sulla moltitudine dei peccati.

La chiesa modernista non mi interessava, ma non abbastanza da suscitare un vero disgusto. Mi ero stancato delle brutte canzoni, ma non ne conoscevo altre. Pensavo che avere delle chierichette fosse una buona idea, soprattutto perché non mi importava nulla delle vocazioni al sacerdozio. Se le donne volevano essere lettrici, che lo fossero. Non mi interessavano le voci stridule e, d’altra parte, chi prestava attenzione alle Scritture? La prima Bibbia che abbia mai comprato fu La Bibbia di Gerusalemme, e pensai che fosse grandiosa, specialmente nella sua traduzione dei profeti.

Dio esiste? di Hans Küng mi aiutò a tenermi nell’ovile a causa del suo passaggio attraverso la storia della filosofia e della teologia, di cui ero all’oscuro. Dissi a mio padre che la Chiesa aveva soffocato il più grande teologo del suo tempo, Pierre Teilhard de Chardin. Guarda che tipo obbediente ero!

Poi, lentamente, davvero lentamente, ho cominciato a imparare le cose. Perché? In parte grazie al mio studio della letteratura medievale e rinascimentale. In parte perché sono finito a fare il professore in un college domenicano, così che io, proveniente da una chiesa e una scuola d’infanzia che portavano il suo nome, incominciai a leggere san Tommaso d’Aquino per la prima volta. In parte fu perché dovetti insegnare arte e architettura rinascimentale e medievale. Poi un ruolo importante lo ebbe la mia cara moglie, una protestante, che conosceva gli antichi inni e insisteva perché andassi a messa solo dove la musica era vera.

Molto venne dalla lettura. C.S. Lewis una volta ha scherzato dicendo che un ateo dovrebbe stare attento a ciò che legge, per non cadere in un’imboscata tesa dalla verità. Mi è stata tesa un’imboscata dalla bellezza, dalla profondità spirituale e dalla coerenza. Lo confesso: ho sentito la Missa Papae Marcelli di Palestrina e ho pensato di essere entrato in un altro mondo. Confesso: ho imparato il greco e riesco a farmi strada attraverso l’ebraico dell’Antico Testamento, e possiedo Bibbie in quella lingua oltre che in latino, tedesco, francese, spagnolo, portoghese, gallese e russo.

Lo confesso: possiedo un vecchio Graduale a uso dei canadesi francofoni e ho visto i canti che venivano cantati dai cori nel nostro vecchio villaggio di pescatori. Lo confesso: guardo, e spesso prego, il tesoro delle preghiere stampate sul retro del vecchio Messale di San Giuseppe, che tutti possedevano. Lo confesso: ho tradotto cento salmi per un breviario in uso fra i cattolici di rito orientale in America, e ho imparato ad apprezzare la bella e antica preghiera canonica del mattino. Lo confesso: sono arrivato a vedere le connessioni tra il minimalismo nell’arte e il minimalismo nella moralità, tra il minimalismo nel nostro apprezzamento dei sessi e il minimalismo nel nostro senso della paternità di Dio, e tra tutte le forme di minimalismo, cioè il modernismo, e l’eliminazione di vasti campi di cultura e bellezza; tra il prete che disprezza ciò che nostro Signore stesso dice sulla fornicazione, perché ciò che dice è presumibilmente vecchio e legato al tempo, e lo studente che disprezza leggere Chaucer, o anche Dickens, per le stesse ragioni.

Ho letto troppo, ho visto troppo, ho sentito e cantato troppo. Sono un restauratore. Sono come qualcuno che sa che ci sono ricchezze dietro l’angolo e voglio che tutti vengano a vederle. Non posso più farne a meno. L’esperienza della bellezza è alcolica. Mi rallegra il cuore. Papa Francesco non può, temo, insegnarmi ad amare il brutto o il muscoloso o l’incoerente, né può insegnarmi a disprezzare il bello, il razionale e i misteri oltre la ragione.


Titolo originale: I Am a Restorationist