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mercoledì 29 giugno 2022

Caos sull’aborto. Feltri racconta: «Quella volta che io…»

Riportiamo in estratto la toccante testimonianza che il dott. Vittorio Feltri ha voluto, nel suo tipico stile pungente e non convenzionale, condividere e pubblicare in prima pagina sul quotidiano Libero – di cui è direttore editoriale – del 26 giugno, due giorni dopo la storica sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti (QUI la notizia su MiL).
Dinanzi a queste parole intime, sincere e personali, l’unico atteggiamento è leggere in rispettoso silenzio, senza aggiungere alcun commento.

L.V.


Infuriano anche in Italia le polemiche sulla sentenza dell’Alta corte americana che ha abolito il diritto all’aborto, il quale comunque si praticherà lo stesso come avveniva prima che la legge sulla interruzione della maternità fosse entrata in vigore in vari paesi. Ieri Libero ha pubblicato due articoli contrapposti firmati da Renato Faina e Filippo Facci, in ciascuno dei quali si sostengono tesi non peregrine. Ognuno la pensa come vuole. A me hanno insegnato i preti, molti anni fa quando ero un adolescente, che se la vita è sacra lo è dal concepimento alla morte. Il ragionamento sembra ancora valido. Abortire significa strappare un bimbetto in formazione dalle viscere materne. Tecnicamente è possibile. Però non è carino uccidere un essere vivente senza chiedergli il permesso di farlo.
Ciò anche io quando ero un giovane padre mi trovai di fronte al dilemma. Io e mia moglie, persona mite, avevamo già tre figli. Ella a un certo punto scoprì di essere incinta. Se avesse portato a termine la gravidanza, con il quarto pargolo, non avrebbe più potuto continuare la sua attività importante presso un ente pubblico, l’Amministrazione provinciale. Sorse in me e anche in lei l’idea dell’aborto il quale però non era ancora stato reso lecito.
Che fare? Possiamo andare in Svizzera, pensammo. Presi contatto con una struttura elvetica e mi accordai anche sulla data dell’intervento. Avvicinandosi la quale io e la mia consorte cominciammo ad avere titubanze che crebbero quotidianamente.

SCELTA GIUSTA? Non discutevamo d’altro in casa mia mentre la pancia di Enoe (mia moglie) non faceva che crescere.
Una sera ero un po’ nervoso, anzi turbato, lei mi interrogò, la solita domanda imbarazzante: ma sei sicuro chela nostra scelta sia quella giusta? Risposi: certamente amore, sono sicuro che stiamo facendo una incredibile puttanata. Enoe annuì e si mise a singhiozzare. Non riusciva a digerire la situazione che si andava profilando. Le presi la mano e gliela accarezzai, poi le sussurrai mentre il mio cuore sobbalzava: senti amore mio, a me i bambini hanno sempre portato fortuna, ho un lavoro importante e ben retribuito, rinunceremo al tuo stipendio, io mi adopererò per non far mancare nulla alla mia famiglia. Teniamoci anche questo quarto rompicoglioni e che sia finita ogni tribolazione. Ci abbracciammo come due sposini, poi disdissi l’appuntamento svizzero e provai un sollievo liberatorio. Basta col tormento che mi procurava l’ipotesi di stroncare una creaturina che non era neanche in grado di opporsi e di protestare. L’abbiamo concepita ed è nostro dovere farla nascere nel migliore dei modi e provvedere a lei come abbiamo fatto con gli altri tre bambini a cui ci dedichiamo con tutto il nostro impegno. La gestazione filò liscia fino all’ultimo giorno quando Enoe ebbe le doglie. Senza tentennare la caricai in macchina e la condussi di fretta all’ospedale. La ricoverarono immediatamente mentre io mi intrattenni negli uffici amministrativi per il disbrigo delle pratiche burocratiche.

IL MIRACOLO Quando risalii nel reparto mi venne incontro una giovane infermiera che teneva tra le braccia un fagottino: con entusiasmo mi disse, ecco è nata la sua bambina. Guardai la piccola come si osserva un gioiello. Mi sembrava un miracolo. E pensare che aveva rischiato di finire in un bidone della spazzatura. La presi in braccio un attimo con titubanza, avevo paura di rovinarla, invece lei mi sorrise, anche se nessuno crede, ogni volta che racconto questo dettaglio, che una neonata sia già allegra. Oggi mia figlia ha 50 anni, due lauree, gestisce una farmacia, ha un figlio grande, e quando spesso viene a trovarmi la rivedo come il giorno che era appena uscita dal grembo materno. Lei non sa che sono stato sul punto di ucciderla. Allorché leggo sui giornali che la gente si lamenta perché in Italia le culle sono vuote, penso che l’aborto abbia contribuito a svuotarle.

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