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sabato 30 aprile 2022

Sante che rimproverano i papi

Ricordando, tra l'altro, s. Caterina da Siena che si festeggia oggi.
A Qualcuno fischieranno, salva reverentia, le orecchie.
Luigi


di Francesco Agnoli (da Il Settimanale di padre Pio)

In un’epoca in cui spesso si ritiene, erroneamente, che l’autorità dei pontefici fosse assoluta, e il ruolo delle donne inesistente, accade spesso qualcosa di “strano”: le donne, anche laiche, richiamano e correggono i papi, e la loro voce è forte, autorevole e ascoltata.
Siamo nel XII secolo e santa Elisabetta di Schonau (1129-1164) non esista nel suo Liber viarum Dei a scrivere: “il capo della Chiesa è malato e le sue membra sono morte. Infatti la Sede apostolica è dominata dalla superbia e caratterizzata dall’avarizia. Essa è piena di malvagità e di peccato e scandalizza le mie pecore e le conduce all’errore, invece che guidarle rettamente…”
Qualche anno dopo è una monaca, santa Lutgarda di Tongres (1182-1248) a riferire pubblicamente che Innocenzo III, certamente un buon papa, sconterà le sue colpe in Purgatorio sino al giorno del Giudizio!

Spostiamoci ora al XIV secolo, e tralasciando i pubblici ammonimenti alle autorità laiche e religiose del suo tempo, papi compresi, da parte di santa Brigida di Svezia (1303-1373), soffermiamoci su santa Caterina da Siena (1347-1380). Le sue lettere sono oggi raccolte in tre volumi: Le lettere di santa Caterina da Siena (Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1998). Tra queste ve ne sono diverse scritte ad alcuni papi, in particolare a Gregorio XI e Urbano VI. Non si tratta di pontefici vergognosi, del tutto sordi allo Spirito santo, come sdaranno papa Borgia o altri del Rinascimento, ma di uomini buoni e ben intenzionati, vissuti in periodi difficili.

Ebbene, Caterina usa verso di loro un linguaggio rispettoso, ma non fa sconti: esorta, incalza, corregge. E’ convinta che la crisi dei fedeli derivi dalla pessima condotta dei pastori e non esista a scrivere che “Ho qui sentito dire che hai nominato alcuni cardinali. Credo che sarebbe onore per Dio ed edificazione per noi, se provvedessi a scegliere sempre uomini virtuosi. Se farai il contrario, ciò provocherà gran disonore a Dio e danni alla Santa Chiesa! Poi non ci meravigliamo se Dio ci manda le sue punizioni e correzioni” (lettera 185). Il messaggio, piuttosto chiaro, viene ribadito più volte: nella Lettera 206 i “superiori ecclesiastici” sono definiti “pieni di immondizia e cupidigia” e l’invito al papa è di tenerne conto. L’esortazione a scegliere uomini buoni, e non malvagi, e a punire coloro che danno scandalo ritorna nella Lettera 285 e nella 291.

Nella Lettera 302 a Urbano VI, Caterina lo ammonisce, lo invita ad essere meno duro, più amorevole: “Quanto ad autorità puoi tutto, ma quanto a vedere non sei più di un uomo (…) e io so che desideri avere persone che ti aiutino: ma occorre che tu abbia la pazienza di ascoltarle”, di sceglierle con oculatezza; mentre nella 306 lo invita a correggere il suo brutto carattere: “Mitiga un po’ quegli scatti repentini, che il tuo carattere ti spinge a fare. Con la tua santa virtù combatti e vinci il tuo violento temperamento.”

Non basta. Caterina sa anche alzare la voce ancora di più, seppur con incisiva brevità: “Non essere più negligente”, scrive lapidaria, oppure, incredibilmente schietta: “Io, se fossi in voi, temerei che il divino giudizio venisse sopra di me”.

E i papi? Ascoltano le sue critiche, si affidano a lei, le chiedono aiuto.