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venerdì 1 aprile 2022

1º aprile 1922 - 2022: centesimo anniversario della morte del beato Imperatore Carlo d’Asburgo-Lorena-Este

Cento anni fa, alle ore 12:23 di sabato 1º aprile 1922 (IV settimana di Quaresima), in esilio a Funcial (isola di Madera), moriva in povertà l’Imperatore Carlo, a soli 34 anni, dopo aver offerto la sua vita a Dio come sacrificio per il proprio popolo. Prima di morire, perdonò tutti i suoi nemici. L’Imperatrice Zita rimase sola e senza soldi, madre vedova, con sette figli da uno a nove anni; l’ottavo figlio nascerà due mesi dopo la morte dell’Imperatore.
Al termine di un processo durato cinquantacinque anni, il 3 ottobre 2004, durante la solenne cerimonia in piazza San Pietro, l’Imperatore Carlo è stato proclamato beato da san Giovanni Paolo II.
La sua eredità spirituale è ora portata avanti dalla Kaiser Karl Gebetsliga für den Völkerfrieden (in Italia Unione di Preghiera Beato Carlo per la Pace e la Fratellanza tra i Popoli), dal cui sito abbiamo tratto le informazioni e le belle immagini che vi proponiamo a ricordo di questa grande figura di marito, padre e sovrano cattolico, strenuo difensore della Santa Chiesa Cattolica, della Dottrina e della Tradizione.
Quantomai attuale oggi il suo costante impegno nella ricerca della pace tra i popoli, che egli sinceramente coltivò - inascoltato - durante tutta la sua vita e, in particolare, durante la Prima Guerra mondiale.

L.V.


Carlo Francesco Giuseppe di Asburgo Lorena, nacque nel castello di Persenburg (Austria) il 17 agosto 1887, dall’arciduca Ottone d’Austria e dall’arciduchessa Maria Giuseppina di Sassonia; ed era pronipote dell’imperatore Francesco Giuseppe I (1830-1916).
La buona e devota madre, influenzò fortemente l’animo del giovane principe; ebbe una formazione umanistica sotto la guida di eccellenti precettori; poi proseguì i suoi studi presso il famoso “Schottengymnasium” dei Benedettini di Vienna.
Seguendo le tradizioni della dinastia, finiti gli studi liceali, Carlo divenne ufficiale di cavalleria; uomo di viva intelligenza e dotato di una grande memoria, ricevette una formazione universitaria e l’istruzione di Stato Maggiore; fu dislocato in varie guarnigioni della Baviera e della Galizia e poi a Vienna dimostrando sempre senso tattico, equilibrio strategico ma soprattutto grande attenzione e rispetto per la vita dei suoi uomini e anche di quelli della parte opposta.
Sposò il 21 ottobre 1911 la principessa Zita di Borbone Parma, della quale è in corso il processo di Beatificazione, dal matrimonio nacquero cinque figli maschi e tre figlie. Per la serie di disgrazie familiari che colpì la dinastia, Carlo, pronipote dell’Imperatore Francesco Giuseppe venne a trovarsi inaspettatamente erede al trono imperiale.
Il 21 novembre 1916 morì l’imperatore Francesco Giuseppe I, nel pieno della Prima Guerra Mondiale, Carlo, divenne imperatore d’Austria (Carlo I) e re d’Ungheria (Carlo IV).
I suoi principi religiosi e morali lo portarono, da imperatore, a credere in una radicale riforma dello stato e a porre l’obiettivo della pace al centro di tutti i suoi sforzi. Dotato di un fortissimo senso di responsabilità sociale, conduceva anche una vita ricca di fede che ne tratteggiava l’ascetica. Divenuto sovrano, soppresse le manifestazioni sfarzose della vita di corte, abolì i supplementi per le cariche supreme della corte imperiale-reale, introducendo uno stile di vita decisamente sobrio.
Promosse tutta una serie di iniziative sociali a favore dei suoi popoli, specie i più poveri. In poco tempo sollevò dall’incarico il feldmaresciallo Conrad, comandante dello stato maggiore, perché insensibile al tema della pace e disumano in quanto aveva usato indiscriminatamente le corti marziali, alienando i cechi dalla Casa d’Austria. Con coraggio soppresse il duello, disposizione che lo rese impopolare in alcuni ambienti militari tradizionalisti.
Carlo benché fornito di ottima preparazione militare, fu l’unico fra i belligeranti ad accogliere il magistero sulla pace papa Benedetto XV che dichiarò la guerra una inutile strage; sin dall’inizio del suo governo, in un famoso discorso, dichiarò esplicitamente che la Pace era il suo principale obiettivo.
Intraprese varie iniziative di pacificazione con le altre potenze, senza riuscire a prevalere però nella cerchia dei generali e statisti tedeschi; non andarono in porto nemmeno due tentativi di pace separata sostenuti anche dalla diplomazia vaticana.
Così da parte degli alleati, da parte tedesca e da parte di austriaci pangermanici, venne sempre più isolato e fu imbastita una enorme propaganda contro il giovane sovrano, il quale con calunnie venne accusato di essere un debole, dipendente dalla volontà della moglie ‘italiana’.
Non riuscì, anche se la progettò con lungimiranza, a realizzare una riforma costituzionale dello Stato in forma confederale soprattutto per l’opposizione dei nazionalisti austro-pangermanisti e dei circoli governativi ungheresi, capeggiati dal conte Tisza, i quali si rifiutarono in modo assoluto, di dare delle concessioni agli oltre otto milioni di non magiari, presenti in Ungheria.
Attorno a sé non trovò nessun uomo politico, disposto ad appoggiare i suoi piani di riforma, anzi il ministro degli esteri conte Czernin, ligio alla prepotenza germanica, entrò ben presto in piena divergenza con il suo sovrano. L’unico consigliere politico di cui dispose, il conte Polzer-Hoditz, divenne anch’esso bersaglio e vittima di una ben orchestrata campagna denigratoria. Il 4 novembre 1918, a seguito del crollo militare sul fronte italiano, si firmò l’armistizio con l’Italia, come conseguenza la monarchia danubiana decadde e in Austria, il 12 novembre, venne proclamata la Repubblica. Carlo si ritirò, per evitare spargimenti di sangue e una guerra civile, ma senza abdicare come sovrano. Fino al 24 marzo 1919 visse con la famiglia nel castello di Eckartsan presso Vienna, da dove, saputo di un complotto bolscevico per uccidere lui e tutta la famiglia, dovette trasferirsi, sotto protezione britannica, in Svizzera; ritenendosi fedele al giuramento fatto all’incoronazione di Re Apostolico dell’Ungheria, fece due tentativi di riprendere il potere in questo Stato, ambedue nel 1921.
Ma essi fallirono per l’ostilità di alcune potenze della Piccola Intesa, nonostante le simpatie verso la sua persona mostrate dalla Francia e dalla Romania; inoltre il reggente d’Ungheria Nicola von Horthy, si mise contro il suo re legittimo, nonostante il giuramento che lo legava alla corona.
I tentativi di riprendere il trono, furono espletati per volontà di Carlo, senza usare la forza militare, risparmiando così un alto costo di vite umane; tale scelta gli costò la corona; così i suoi detrattori, rifiutandolo, sprofondarono l’Ungheria in quella serie di catastrofi che la storia ci testimonia.
Fu dunque fatto prigioniero dai fedelissimi del reggente Horthy e consegnato agli inglesi, i quali lo condussero insieme alla moglie Zita ed ai figli a Funchal nell’isola portoghese di Madeira. Senza risorse economiche, la famiglia dovette vivere in uno stato precario: lasciato l’albergo che all’inizio li ospitava, si sistemarono in una villa isolata messa a disposizione di un signore del luogo denominata ‘Quinta do Monte’, che non poteva essere riscaldata.

Nella primavera del 1922, per il freddo e l’umidità della casa dove abitava in gravissime ristrettezze economiche, l’imperatore Carlo fu colpito da una forte influenza che si trasformò in broncopolmonite e lo portò alla morte il primo aprile di quell’anno. Nel corso della sua ultima notte su questa terra, alla moglie che lo assisteva senza mai abbandonarlo, fece questa bellissima confidenza che sintetizza la sua vita e anche la sua santità: “Tutta la mia aspirazione è sempre stata quella di conoscere il più chiaramente possibile, in ogni cosa, la volontà di Dio, e di eseguirla nella maniera più perfetta”.
Il suo cuore non superò la malattia e morì santamente il 1º aprile 1922; venne sepolto nel cimitero locale e dopo la beatificazione nel santuario di ‘Nossa Senhora do Monte’ dove si trova tutt’ora.
Sia nella vita privata che in quella pubblica, Carlo aveva cercato in modo sempre più perfetto di vivere la via del Vangelo, vivendo in modo straordinario le virtù cristiane. Unito da devozione filiale alla persona del Sommo Pontefice, dimostrò una ubbidienza filiale al suo magistero.
Ultimo sovrano della duplice monarchia austro-ungarica, ne dovette subire il crollo, pur essendo tanto superiore ai suoi predecessori, per religiosità, dirittura morale, visione sociale e riforma dello Stato in senso confederale.
Anatole France, premio Nobel per la Letteratura nel 1921, non certo un cattolico e dichiaratamente anticlericale, scrisse di lui: “L’imperatore Carlo è l’unico uomo decente, emerso durante la guerra, ad un posto direttivo; ma non lo si ascoltò. Egli ha desiderato sinceramente la pace, e perciò viene disprezzato da tutto il mondo. Si è trascurata una splendida occasione”.

Lo scrittore inglese Herbert Vivian, che lo aveva conosciuto scrisse: “Carlo era un grande capo, un principe della pace, che voleva risparmiare al mondo un anno di guerra; un uomo di Stato con idee salvatrici per i complicati problemi dei suoi paesi; un monarca che amava i popoli, un uomo senza paura, d’animo nobile, di prestigio, un santo, dalla cui tomba si diffonde benedizione”.

La Radio Vaticana, il 3 novembre 1949 annunziava l’apertura del processo di beatificazione, gli atti furono consegnati alla Congregazione dei Riti, attualmente delle Cause dei Santi, il 22 maggio 1954. Nel maggio 2003 furono riconosciute le ‘virtù eroiche’ e quindi il titolo di venerabile.
Carlo d’ Austria venne beatificato da San Papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 2004. Il papa polacco manifestò sempre grande devozione verso il Beato Carlo e rivelò che il nome di battesimo Carol gli venne dato dalla famiglia in ossequio e devozione all’ Imperatore.
A 82 anni dalla morte, la Chiesa dunque gli rese giustizia elevandolo alla gloria degli altari, indicandolo al popolo di Dio come esempio di vero cristiano e a tutto il mondo come esempio di onestà e rettitudine unite al rispetto della vita e della dignità umana.

Papa Giovanni Paolo II, durante la cerimonia di beatificazione, disse: Il compito decisivo del cristiano consiste nel cercare in tutto la volontà di Dio, riconoscerla e seguirla. L’uomo di Stato e cristiano Carlo d’Austria si pose quotidianamente questa sfida. Ai suoi occhi la guerra appariva come “qualcosa di orribile”. Nei tumulti della Prima Guerra Mondiale cercò di promuovere l’iniziativa di pace del mio predecessore Benedetto XV. Fin dall’inizio, l’Imperatore Carlo concepì la sua carica come servizio santo ai suoi popoli. La sua principale preoccupazione era di seguire la vocazione del cristiano alla santità anche nella sua azione politica. Per questo, il suo pensiero andava all’assistenza sociale. Sia un esempio per noi tutti, soprattutto per quelli che oggi hanno in Europa la responsabilità politica!

Il capodanno del 1919 a guerra finita e perduta Carlo fece cantare il Te Deum di ringraziamento nella Cattedrale di Vienna, alla domanda del perché volesse ringraziare il Signore nell’anno della sconfitta quando tutto era perduto, rispose: «… l’importante è che i popoli abbiano ritrovato la pace… per questo bisognava ringraziare Dio”.


Figlio primogenito dell’Arciduca Ottone d’Austria (1865-1906) e della Principessa Giuseppina di Sassonia (1867-1944), nel 1911 sposò Zita di Borbone-Parma da cui ebbe:

• Otto (1912-2011) già Capo della Casa d’Asburgo
• Adelaide (1914-1971)
• Roberto(1915-1996)
• Felice (1916-2011)
• Carlo Ludovico (1918-2007)
• Rodolfo (1919-2010)
• Carlotta (1921-1989)
• Elisabetta (1922-1993)

Divenne erede al trono in seguito alla morte di Francesco Ferdinando il 28 giugno 1914, fu incoronato imperatore alla morte di Francesco Giuseppe nel 1916. In seguito alla sconfitta dell’Austria-Ungheria nella Prima Guerra Mondiale andò in esilio nell’isola portoghese di Madeira dove morì all’età di soli 34 anni. Negli ultimi giorni di vita chiamò a sé il figlio primogenito Otto perché volle che costui vedesse “come muore un imperatore”.
Il 3 ottobre 2004 è stato beatificato.

I titoli di Carlo

Per grazia di Dio, Imperatore d’Austria, Apostolico re di Ungheria, il quarto con il suo nome, Re di Boemia, Dalmazia, Croazia, Slavonia, Galizia, Lodomeria e Illiria; Re di Gerusalemme ecc., Arciduca d’Austria; Granduca di Toscana e di Cracovia, Duca di Lorena e di Salisburgo, di Stiria, di Carinzia, di Carniola di Bucovina; Grande Principe di Transilvania; Margravio di Moravia; Duca dell’Alta e Bassa Slesia, di Modena, Parma, Piacenza e Guastalla, di Auschwitz e Zator, di Teschen, del Friuli, di Ragusa e Zara; Conte di Habsburg e del Tirolo, di Kyburg, Gorizia e Gradisca; Principe di Trento e Bressanone; Marchese della Bassa e Alta Lusazia e Istria; Conte di Hohenems, Feldkirch, Bregenz, Sonnenberg, ecc.; Signore di Trieste, di Cattaro e della windische Mark; Gran Voivoda del voivodato di Serbia ecc.

Domenica 3 ottobre 2004, Giovanni Paolo II ha proclamato beato Carlo d’Asburgo, ultimo imperatore d’Austria e ultimo Re d’Ungheria, morto nel 1922, a soli 34 anni. Era sposato con Zita, figlia di Roberto di Borbone Parma, ultimo titolare del Ducato di Parma e Piacenza, dalla quale ebbe 8 figli.
Che venga elevato alla gloria degli altari un imperatore, è una notizia che fa un certo effetto. Si pensa che chi ha la ricchezza e il potere non trovi tempo per pensare a Dio.

Sono numerosi, invece, i santi che appartennero a famiglie regnanti. Re Stefano d’Ungheria, Sant’Agnese di Praga, Sant’Elisabetta d’Ungheria, Sant’Enrico II imperatore, Santa Brigida di Svezia, San Luigi IX re di Francia, San Ferdinando re del Portogallo eccetera. Certo, erano uomini di tanto tempo fa, dirà qualcuno. Ma sovrani, governanti e uomini politici santi ce ne sono sempre stati e ce ne sono anche nella nostra epoca. Presso la Congregazione per le cause dei santi sono in corso processi di beatificazione che riguardano, per esempio, Re Baldovino del Belgio, Alcide De Gasperi, grande uomo di Stato italiano, Robert Schumann, statista francese considerato il “padre” dell’Europa unita, Konrad Adenauer, cancelliere della Germania Federale, Giorgio La Pira, sindaco di Firenze e deputato al Parlamento italiano, solo per citare qualche nome. E sono personaggi del Novecento. Uomini santi ce ne sono sempre stati, presenti in tutte le categorie sociali. Carlo d’Asburgo, anche lui uomo del Novecento, ne è un esempio fulgido. Ecco in sintesi la sua storia.

Carlo apparteneva a una delle più importanti case regnanti dell’Europa, gli Asburgo, appunto. Una dinastia che ha avuto Imperatori del Sacro Romano Impero per molti secoli. Era il figlio primogenito dell’Arciduca d’Austria Ottone Francesco (nipote di sua altezza imperiale e reale Francesco Giuseppe), e di Maria Giuseppina, nata principessa di Sassonia.

Milioni e milioni di persone nel mondo conoscono la storia dell’Imperatore Francesco Giuseppe e di sua moglie, l’imperatrice Sissi, per averla vista al cinema o alla televisione nei quattro commoventi film che hanno come straordinaria interprete una giovanissima e indimenticabile Romy Schneider. Storia romanzata, naturalmente, ma, affascinante e, benché girati a metà degli Anni Cinquanta, quei film continuano ad essere messi in onda nelle varie TV e circolano anche in DVD con un indice di gradimento sempre molto elevato.

Pochi, invece, anzi pochissimi conoscono la storia della coppia imperiale che succedette a Francesco Giuseppe e a Sissi sul trono Austro-Ungarico, e cioè Carlo I d’Asburgo e l’imperatrice Zita. Eppure, Carlo e Zita, che al momento dell’ascesa al trono, nel novembre 1916, avevano rispettivamente 29 e 24 anni ed erano sposati da cinque, vissero “realmente” come Francesco Giuseppe e Sissi appaiono nella finzione filmica. La loro storia d’amore aveva proprio tutte le caratteristiche di quella raccontata nel film.
Carlo e Zita erano giovani, belli, innamoratissimi, fedelissimi, la loro unione era pervasa da un romanticismo tenerissimo e vero che incantava. Ma fu una storia brevissima con un finale drammatico. Salirono al trono nel 1916, in piena guerra mondiale, e dopo due anni, alla fine della guerra, furono costretti all’esilio. Vissero altri quattro anni insieme, sempre inseparabili e felici nonostante la povertà e le ristrettezze economiche che rasentarono l’indigenza, poi Carlo, colpito da una broncopolmonite, morì a soli 34 anni.

Zita aveva 29 anni ed era bellissima, ma non si risposò più, anche se molti furono i pretendenti alla sua mano. Non volle mai dimenticare il marito, l’uomo dal quale aveva avuto otto figli. Visse ancora per 67 anni, conducendo un esistenza ritirata, riservata, sempre nel ricordo del suo Carlo.

Ora, però, quella loro favola, finita in fretta e che gli sconvolgimenti politici europei degli Anni Venti avevano fatto dimenticare, è tornata alla ribalta. Ed è tornata perché la Chiesa ha elevato alla gloria degli altari l’Imperatore Carlo I. Si viene così a scoprire che quel giovane monarca, bello, ricco, simpatico, generoso, romantico, era anche un santo. Il suo amore per Zita aveva quelle misteriose caratteristiche di tenerezza profonda, di fedeltà e di dono totali, come richiede appunto l’amore assoluto. Zita, accanto a Carlo, aveva vissuto un’esperienza sentimentale altissima, per questo, nonostante le occasioni poi incontrate, non aveva più voluto risposarsi.
«Certo, sembra incredibile, ma l’amore tra Carlo e Zita fu veramente bellissimo», dice l’avvocato Andrea Ambrosi, postulatore della causa di beatificazione dell’Imperatore Carlo d’Asburgo. «Studiando migliaia di pagine per preparare il processo, ho trovato testimonianze straordinarie e leggendole io stesso mi commuovevo».
Laureato in Diritto Civile ed ecclesiastico e in teologia, patrocinante presso la Sacra Rota e la Congregazione delle Cause dei Santi, l’avvocato Andrea Ambrosi ha curato un poderoso volume sulle virtù eroiche cristiane esercitate dall’Imperatore Carlo d’Austria in vita, volume affascinante, che ad ogni pagina sorprende, rivelando un mondo di spiritualità impensabile in un ambiente come quello della grande corte imperiale austriaca del primo Novecento.
«Non è proprio possibile rimanere indifferenti di fronte all’esistenza di questo giovane imperatore», dice ancora l’avvocato Ambrosi. «Carlo condusse un’esistenza integerrima, pur vivendo in un ambiente difficile e pieno di insidie. Fu un fervente cattolico, un marito e padre esemplare ed amatissimo, un figlio fedele della Chiesa e un pugnace avversario dei molti nemici del Papa e della Chiesa stessa».
Carlo nacque nel 1887. Sul trono Austro-Ungarico regnava, fin dal 1848, Francesco Giuseppe e l’Imperatrice Sissi. Carlo era un loro pronipote. Era il primogenito dell’Arciduca d’Austria Ottone Francesco, nipote di Francesco Giuseppe. Nella linea di successione al trono imperiale austriaco, Carlo occupava il quinto posto. Nessuno poteva immaginare, allora, che sarebbe toccato a lui prendere il posto del mitico Francesco Giuseppe. Ma una serie di drammatiche circostanze sovvertirono tutte le logiche previsioni. L’unico figlio maschio dell’Imperatore Francesco Giuseppe e dell’Imperatrice Sissi, Rodolfo, morì misteriosamente nel 1889 a Mayerling, insieme alla sua giovane amante Mary Vetsera, senza lasciare figli maschi. Il fratello minore di Francesco Giuseppe, Massimiliano, era diventato imperatore del Messico e era stato fucilato dai rivoluzionari già nel 1867. L’arciduca Carlo Ludovico, secondo fratello di Francesco Giuseppe, morì nel 1896. Allora divenne principe ereditario l’arciduca Francesco Ferdinando, figlio di Carlo Ludovico; ma, a causa del suo matrimonio morganatico con una semplice contessa, fu costretto a rinunciare ai diritti al trono per gli eventuali figli, e ad accettare, come erede presuntivo, il proprio fratello, Otto, padre di Carlo. Ma prima morì Otto, a soli quarant’anni; poi, nel 1914, Francesco Ferdinando fu assassinato a Serajevo. Una serie di lutti e di tragedie quindi aveva portato Carlo ad essere erede al trono.

Carlo ricevette la normale educazione che gli Asburgo riservavano ai loro rampolli: l’apprendimento delle varie lingue parlate nell’Impero, corsi ginnasiali e liceali presso l’abbazia benedettina degli “Schotten” a Vienna, e poi studi universitari a indirizzo giuridico a Praga. Ma fin da quando era un ragazzo, mostrò una grande attenzione e un profondo interesse per i valori religiosi. L’ambiente non era certo favorevole a questi valori. Suo padre, uomo affascinante ma libertino, non gli diede buoni esempi. Ma è difficile conoscere i rapporti che si instaurano nell’animo tra la persona e Dio, quando la persona risponde alla chiamata divina. E’ il mistero della vita spirituale e della santità.

A 16 anni
, Carlo entrò nell’esercito e vi rimase fino alla fine della guerra, fino a quando dovette andare in esilio. Gli piaceva la vita militare. Tra i soldati si trovava perfettamente a suo agio. Era molto buono e disponibile con i suoi camerati, ai quali non solo non fece mai pesare il suo rango, bensì faceva di tutto per farsi sentire uno di loro. La vita militare è dura, a volte crudele e anche rozza. Ma come succede sempre con le persone che tendono alla perfezione, Carlo trasformava gli ambienti e le persone con i quali veniva in contatto. Non si lasciava influenzare, ma era lui che influenzava, cambiava, migliorava con la sua bontà e la sua condotta.
I suoi interventi a favore dei commilitoni erano esempi che conquistavano i soldati. Subito dopo le nozze, prestava servizio militare a Vienna. Alla vigilia di Natale seppe che un camerata desiderava tanto poter andare a casa a festeggiare con la famiglia, ma era ufficiale di picchetto e non poteva muoversi. Carlo prese il suo posto permettendo al soldato di correre a casa.

Durante la guerra era generale comandante di corpo d’armata. Il suo posto preferito era la prima linea da dove né i pezzi d’artiglieria che gli piovevano accanto, né i bombardamenti aerei nemici lo fecero mai indietreggiare. Era temprato ad ogni fatica, dormiva su un ruvido letto da campo insieme alla truppa. Anche se era successore al trono imperiale, non voleva mai niente di speciale per sé. Quando c’erano dei feriti, si inginocchiava accanto a loro e li medicava. Se qualcuno moriva tra le sue braccia, piangeva senza vergognarsi. Una volta, per salvare la vita di un soldato ferito, si gettò nelle acque gelide dell’Isonzo in piena rischiando egli stesso di venire travolto. Divenuto Imperatore, continuò a comportarsi come aveva sempre fatto, visitando le truppe al fronte, sfidando i bombardamenti nemici, fermandosi a parlare con i soldati, inginocchiandosi accanto ai feriti.

Era un soldato, ma non un sostenitore della guerra. Come soldato faceva il suo dovere da soldato. Ma quando si trovò sul trono, fece di tutto per raggiungere la pace. Non era stato lui a iniziare la guerra, però si impegnò con tutte le sue forze per fermarla. Su questo non ci sono dubbi e sono innumerevoli le testimonianze che lo documentano. In uno dei suoi primi discorsi da Imperatore disse: “Grandi compiti stanno davanti a noi. Il compito principale, che deve aver presente colui che è responsabile delle sorti della monarchia è di avviare il più presto possibile una buona pace”. Per raggiungere questo scopo, mise subito in atto varie iniziative che da molti vennero ritenute temerarie.

Esonerò l’arciduca Federico dalla sua carica di comandante in capo dell’esercito perché riteneva che non fosse un uomo di pace; trasferì la sede del comando supremo da Teschen a Baden presso Vienna, per poter essere sempre presente alle riunioni; allontanò i fanatici della guerra dai posti di comando, alcuni li destituì; si oppose all’uso di gas letali contro il nemico, già usati dai tedeschi; rifiutò il ricorso ai sottomarini per colpire le città nemiche che si affacciavano sull’Adriatico, ed in primo luogo Venezia: per lui la popolazione civile era assolutamente intoccabile. Per sostenere queste sue iniziative, si urtò con gli alleati che lo accusarono di essere un debole e un vile. I suoi tentativi di fermare la guerra furono definiti “un tradimento nei confronti dell’alleato tedesco”.
Durante la guerra, non si preoccupava solo dei soldati, ma anche della popolazione. In tutto l’impero erano drammatiche le difficoltà di approvvigionamento di generi di prima necessità, vettovaglie e perfino il carbone per riscaldarsi. Tutti i cittadini dovevano affrontare la dura realtà dell’economia di guerra e lo faceva anche l’imperatore. Visse con la sua famiglia adottando le razioni di cibo stabilite per la popolazione. Organizzò cucine di guerra per dar da mangiare a chi non ne aveva. Impiegò i cavalli di corte per l’approvvigionamento di carbone dei viennesi. Lottò contro usura e corruzione, regalò ed elargì più di quanto permettessero i suoi mezzi.

Al Comando supremo a Baden rifiutava il pane bianco che veniva passato, e sotto gli occhi degli ufficiali profondamente confusi, mangiava il pane di guerra nero. In piena Prima guerra mondiale, fu il sovrano che fece di tutto per convincere gli altri Capi di Stato a firmare la pace senza condizioni. Il suo sogno era il raggiungimento di una pace mondiale. Mirava a superare i nazionalismi per formare una Grande Comunità Europea basata sulla cooperazione, sul rispetto delle minoranze, delle autonomie, delle culture, e delle singole persone, consapevole che ogni persona è unica, irrepetibile, con un progetto da realizzare che solo Dio conosce. Ma nessuno dei Capi di Stato di allora lo comprese. Giudicavano le sue teorie “utopiche”. Fecero di tutto per isolarlo. Lo calunniarono, lo tradirono, costringendolo all’esilio dopo solo due anni di regno. Se lo avessero ascoltato, l’Europa unita sarebbe nata molto prima, avrebbe avuto una Carta costituzionale più giusta e certamente non avrebbe patito gli orrori della terribile seconda guerra mondiale.

Grande importanza ebbe nella sua vita la moglie Zita. Si erano conosciuti da ragazzi. Zita, che era nata in Italia, a Pianoro, in provincia di Bologna, apparteneva ai Borboni-Parma. Era la diciassettesima dei ventiquattro figli di Roberto di Borbone Parma, ultimo titolare del Ducato di Parma e Piacenza. Quando aveva sette anni, fu compagna di giochi di Carlo nella tenuta di famiglia di Schwarzau, vicino a Vienna, dove, con la famiglia, trascorreva i mesi estivi. Poi si persero di vista perché lei andò a studiare prima in Inghilterra e poi in un collegio di suore in Baviera. Si rividero nel 1910. Zita era molto carina e Carlo ne fu subito conquistato. Quando poi seppe che doveva essere promessa a don Jaime duca di Madrid, si affrettò a chiederla in moglie. Si fidanzarono il 13 giugno 1911 e si sposarono pochi mesi dopo, il 21 ottobre, con una cerimonia naturalmente molto sfarzosa alla presenza anche del vecchio imperatore Francesco Giuseppe.

«Al processo di beatificazione Zita fu una delle principali testimoni e le sue deposizioni giurate sono state straordinarie e preziose perché hanno permesso di poter conoscere a fondo la vita interiore di Carlo», racconta l’avvocato Ambrosi, «Lei raccontò che solo a poco a poco si rese conto della bontà e della fede dell’uomo che amava. Riferendosi ai primi tempi della loro conoscenza, disse: “Già allora mi pareva un cattolico veramente buono, ma non potevo completamente capire quanto grande e profonda fossero la sua bontà e la sua fede. Sotto l’influsso della santa Co­munione dapprima frequente, poi quotidiana, si svilupparono le virtù, che erano nel suo carattere e gli erano concesse dalla grazia di Dio. Questo crescere era così poco appariscente e così naturale, che mi riusciva diffi­cile percepirlo. Non vi era nulla a metà in lui. La mancanza d’ogni presunzione, la sua refrige­rante naturalezza e semplicità, si approfondivano in sempre maggiore umiltà. La sua affettuosità di cuore ed il suo desiderio di far felice tutta la gente ricevevano sempre più una impronta paterna ed una profonda, consapevole prontezza al sacrificio. La sua fortezza ed il suo senso del dovere divennero totale dedizione al dovere datogli da Dio”».

La caratteristiche fondamentali della spiritualità di questo imperatore, furono quelle tradizionali di ogni santo: la fede fervente, la speranza instancabile, la carità, il suo amore infinito per i poveri, per i meno fortunati, e anche per i suoi nemici. E poi, l’umiltà, la pietà, la modestia. La consapevolezza del proprio essere figlio di Dio, che vive in mezzo agli uomini, figli di Dio, tutti, indistintamente. La grande venera­zione per l’Eucaristia e la filiale devozione alla Madonna. Come ha dimostrato il processo di beatificazione, egli esercitò le virtù cristiane sempre, e in forma eroica. Le esercitò in particolar modo negli anni dell’esilio.
Sofferenze, umiliazioni le più cocenti, disinganni, mortificazioni: sopportò tutto senza mai lamentarsi. Il capo di una dinastia tanto prestigiosa e gloriosa, come la Casa d’Asburgo, era trattato e perseguitato in modo indegno dalle potenze nemiche. Eppure, dalla sua bocca non uscì mai la minima parola di biasimo verso i nemici.
In esilio si trovò abbandonato da tutti. E non aveva più niente. Gli erano stati rubati anche i gioielli di famiglia che pensava di vendere per dare da mangiare ai suoi figli.

Non è esagerato dire che patì la fame. Ma tutto questo lo visse in serenità e pazienza. Si stabilì dapprima in Svizzera a alla fine a Funchal, nell’isola portoghese di Madeira.
Monsignor Ernesto Seydl, che gli fu vicino nel periodo dell’esilio, ha scritto: «Assisteva quotidianamente alla santa Messa, faceva la Comunione e restavo sempre colpito dal profondo raccoglimento con cui l’imperatore faceva il ringraziamento dopo la Comunione. Si vedeva come, chiuso a tutte le impressioni del mondo esterno, fosse completamente immerso in Dio. La sera tardi tornava sempre ancora una volta con l’Imperatrice per una visita al Santissimo. Ero spesso commosso nel più profondo dell’anima, vedendo inginocchiati davanti all’Eucaristico Dio nel silenzio notturno i due duramente provati, illuminati solo delicatamente dal chiarore della lampada eucaristica».

Nella primavera del 1922, per il freddo e l’umidità della casa dove abitava in gravissime ristrettezze economiche, fu colpito da una forte influenza che si trasformò in broncopolmonite e lo portò alla morte il primo aprile di quell’anno. Nel corso della sua ultima notte su questa terra, alla moglie che lo assisteva piangente, fece questa bellissima confidenza che sintetizza la sua vita e anche la sua santità: «Tutta la mia aspirazione è sempre stata quella di conoscere il più chiaramente possibile, in ogni cosa, la volontà di Dio, e di eseguirla nella maniera più perfetta».
Anatole France, premio Nobel per la Letteratura nel 1921, scrisse di lui: «L’imperatore Carlo è l’unico uomo decente, emerso durante la guerra, ad un posto direttivo; ma non lo si ascoltò. Egli ha desiderato sinceramente la pace, e perciò viene disprezzato da tutto il mondo. Si è trascurata una splendida occasione».

E lo scrittore inglese Herbert Vivian, che lo aveva conosciuto: «Carlo era un grande capo, un principe della pace, che voleva risparmiare al mondo un anno di guerra; un uomo di Stato con idee salvatrici per i complicati problemi dei suoi paesi; un monarca che amava i popoli, un uomo senza paura, d’animo nobile, di prestigio, un santo, dalla cui tomba si diffonde benedizione».
A 82 anni dalla morte, la Chiesa gli ha reso giustizia. Lo ha elevato alla gloria degli altari, indicandolo al popolo di Dio come esempio di vero cristiano. Per alcuni storici resta una figura discussa da un punto di vista politico. Gli rimproverano ingenuità politiche ed errori di governo. Ma non ci sono punti oscuri sulla sua figura morale. L’avvocato Andrea Ambrosi, postulatore della causa del beato Carlo d’Austria, ci ha detto: «Studiando la vita del beato, leggendo le migliaia di pagine di testimonianze delle persone che lo hanno conosciuto e che hanno esposto le loro impressioni sotto giuramento, mi sono reso conto che Carlo d’Austria è un grande santo e fu un governante saggio e illuminato».

1 commento:

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    Commovente. Un vero Re, in mezzo a tanti usurpatori invidiosi

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