Un utile articolo di Galli della Loggia sulla giustizia vaticana sotto Francesco.
Molto poco...sinodale.
Luigi
I molti aspetti singolari della giustizia vaticana
di Ernesto Galli della Loggia
Corriere della Sera, 22-2-22
Il processo che ha come più noto imputato il cardinale Becciu un effetto sicuro lo sta avendo. Che nessuno, se fosse chiamato a rispondere di una qualsiasi imputazione — dall’omicidio volontario all’eccesso di velocità — accetterebbe mai, potendo scegliere, di essere processato da un tribunale vaticano. Si può discutere a lungo, infatti, se sia meglio affrontare la giustizia in una corte americana o in un tribunale italiano, ma dopo quello che stiamo vedendo da un paio d’anni è sicuro che a nessuna persona sana di mente verrebbe in testa di affrontare la dea bendata in un’aula all’ombra di San Pietro. In tutto questo tempo, infatti, almeno alcune cose sono divenute chiare «al di là di ogni ragionevole dubbio», come si dice:
l) che proprio come in Alice nel paese delle meraviglie nello Stato del Vaticano le pene vengono comminate prima della condanna (Becciu è stato privato di tutti i diritti connessi al cardinalato ex abrupto dal Papa senza che ci fosse stato in precedenza nei suoi confronti alcun atto giudiziario di alcun tipo);
2) che in Vaticano — sempre come nel paese delle meraviglie — chi dispone del potere di farlo può cambiare come vuole le regole del processo nel corso del medesimo: e non una, ma due, tre, quattro volte, tramite appositi pronunciamientos chiamati «rescritti»;
3) che il principale indiziato, tale monsignor Perlasca, non solo può diventare magicamente il principale testimone dell’accusa e così non solo evitare ogni imputazione ma persino il fastidio di comparire in tribunale per ribadire le sue accuse;
4) che chi ha in mano l’effettiva direzione del processo non è il presidente del Tribunale bensì l’Accusa, la quale può infischiarsene delle disposizioni tassative impartite dal presidente suddetto e così, ad esempio, stabilire lei quando presentare la documentazione richiesta e darne una parte solo e scegliere quale sempre a suo piacere;
5) che di conseguenza in quell’aula i tempi del processo sono quanto di più aleatorio possa immaginarsi (perfino peggio che in Italia, che è tutto dire).
A tutti questi aspetti singolari della giustizia vaticana non mi sembra che la stampa italiana abbia fin qui deciso di prestare eccessiva attenzione, e tanto meno si è mai chiesta come sia possibile, ad esempio, che autorevoli membri della magistratura del nostro Paese accettino, una volta in pensione, di far parte di un sistema giudiziario fondato in ultima istanza sul... diritto divino. Perché proprio questo è quanto ha ribadito poco tempo fa — non a caso proprio per legittimare le molte anomalie sopra indicate — uno dei rappresentanti della pubblica accusa vaticana: «È l’ordinamento canonico— ha detto — la prima fonte normativa del Vaticano, è il diritto divino la base della potestà del Papa: se non si comprende questo si va fuori strada».