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venerdì 12 novembre 2021

La liturgia tra fede e fiducia

Vi proponiamo un interessante contributo di Angelo Pellicioli, coordinatore del Comitato permanente per il Rinnovamento liturgico nella Fede, sul rapporto tra fede e fiducia nella liturgia.

L.V.


Da cinquant’anni a questa parte la liturgia è fatta oggetto di ampia attenzione – ma soprattutto di continue trasformazioni a volte anche radicali – da parte del Magistero ecclesiale; mai come ai nostri giorni, però, la liturgia si pone al centro dell’attenzione e dell’interesse di una Chiesa postconciliare che si autodefinisce «in uscita» (es. ap. Evangelii Gaudium, nn. 20-24) e che è ormai proiettata verso una deriva che l’avvicina, sempre più, al pensiero protestante.
La lettera apostolica in forma di «motu proprio» «Traditiones custodes» di Papa Francesco vorrebbe relegare in un ghetto il rito romano della Santa Messa tradizionale e, a parere di molti, questo inconcepibile confinamento (quand’anche tenuto ancora prudenzialmente sottotono da parte del Magistero) sta producendo un risultato deleterio per la liturgia.
Proprio in questi giorni, il drastico intendimento papale trova conferma in una lettera di S.E. Mons. Arthur Roche, neo Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (QUI e QUI), nella quale viene ribadito il forte desiderio del Papa di eliminare totalmente il rito della Santa Messa tradizionale, in quanto la medesima costituirebbe – a suo avviso – un vero e proprio ostacolo al rito postconciliare. Desiderio peraltro già ottemperato dalla lettera pastorale datata 7 ottobre (e resa nota in anteprima da MiL, QUI) del card. Angelo De Donatis, Vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, con la quale vengono vietati sacramenti e sacramentali secondo il Rituale Romanum tradizionale; come se ciò non bastasse, in tale documento viene specificato ad abundantiam che è pure vietata, in due importanti chiese di Roma, la celebrazione delle funzioni del Triduo pasquale con il rito tradizionale, così come era sempre avvenuto in passato. L’effetto pensato – e fortemente voluto – dal Pontefice regnante in proposito, pur essendo devastante, non solo sta trovando la fiera opposizione dei cosiddetti tradizionalisti, ma sta producendo nuova linfa per la liturgia tradizionale: stiamo infatti assistendo ad una riscoperta della Santa Messa tradizionale, soprattutto da parte delle giovani generazioni.
Prendiamo spunto da questi fatti per prendere in esame come la liturgia dei nostri giorni sia compressa tra fede e fiducia. Diamo atto che la fede è costituita su un postulato secondo il quale il Cattolico credente ed osservante accetta – senza se e senza ma – le verità che Gesù Cristo ha rivelato durante il suo soggiorno terreno e le perpetua ascoltando devotamente la Santa Messa ed accostandosi ai sacramenti, oltre che vivere una vita colma di vera spiritualità e di carità. La fiducia, per contro, è una rassicurazione che l’uomo pone nei comportamenti di un altro suo simile. Avere fiducia di qualcuno significa, infatti, accettare i suoi principi, le sue idee e, di conseguenza, sposarne in toto disposizioni e comportamenti. A differenza della fede, la quale sublima l’uomo elevandolo al di sopra di se stesso, la fiducia costituisce un mero rapporto umano – cioè «terra terra» – tra persone.
Ebbene la liturgia odierna è stretta fra questi due paletti: da una parte c’è la fede che la ravviva e la nobilita e che viene, a sua volta, nobilitata dalla celebrazione dei sacri riti; dall’altra c’è la fiducia che il Cattolico osservante pone nel Magistero ecclesiale in piena osservanza dei dettami evangelici, secondo i quali il Pontefice, essendo Vicario di Cristo, parla ed agisce in suo nome.
Quanto avviene oggi in materia di liturgia costituisce una vera e propria anomalia, perché nella Chiesa la fede e la fiducia nel Magistero dovrebbero costituire un tutt’uno e non risultare tra loro antagoniste, tant’è vero che la fiducia del Cattolico nei confronti del Magistero ecclesiale dovrebbe costituire il porto sicuro per vivere e rafforzare la propria fede. Infatti – essendo quest’ultima prettamente trascendentale – per poter essere conservata e coltivata essa necessita di quel supporto concreto che si realizza solo attraverso la fiducia umana.
Ora se la liturgia ha il compito di avvicinare sempre più l’uomo a Dio, per mezzo dei sacri riti, come può la stessa essere snaturata al punto tale da non corrispondere più alla sua precipua funzione? Appare del tutto evidente che la continua e persistente dissacrazione delle celebrazioni liturgiche operata da parte del pensiero postconciliare della Chiesa (cosiddetto «modernista») attraverso una serie di riforme alquanto incomprensibili stia lentamente ma inesorabilmente svuotando la liturgia del suo scopo precipuo.
Se la liturgia dovesse essere privata di tale sua caratteristica, che le appartiene in modo inscindibile, potrà essa perpetuare la propria esistenza al fine di continuare a produrre i copiosi frutti che ha saputo donarci nel corso di duemila anni di storia? Una domanda sorge a questo punto spontanea: se fede e fiducia continueranno – nelle more dell’attuale inusuale comportamento del Magistero ecclesiale – a risultare in contrasto tra loro, potrà mai la liturgia porsi sui binari della fiducia piuttosto che su quelli della fede? Nel momento stesso in cui il conflitto tra fede e spiritualità da un lato e dettami del Magistero dall’altro dovesse risultare di estrema rottura, divenendo quindi insanabile, i fedeli, nel pieno rispetto della sacra liturgia, opteranno sicuramente per la fede.

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