Introibo ad altare Dei... dove meno te lo aspetti! Chissà come, chissà perché, sul giornale della Santa Sede non c'è solo l'elogio di Imagine di John Lennon (ne abbiamo parlato QUI), ma gratta gratta esce fuori anche un riferimento alla Messa antica in un dotto articolo risalente all'anno scorso del filologo Piero Boitani incentrato sugli "introiti letterari" (introiti in senso liturgico, non economico, a scanso di equivoci). Ne riportiamo un estratto per i nostri lettori, i quali ben sanno che siamo abituati a trovare echi tridentini nel cinema e nella letteratura... ma addirittura sull'Osservatore Romano, di questi tempi, chi l'avrebbe mai detto?
Stefano
La narrazione che rappresenta il mondo
di Piero Boitani, 25 giugno 2020
Il mondo è narrazione: soltanto in questo modo si palesano in parte i misteri insondabili del Principio in termini a noi comprensibili: così l’astrofisica narra il Big Bang, la Genesi ci dice dei Sei giorni, Esiodo della generazione degli dei, Platone dell’opera del Demiurgo, dei primordi Lucrezio e Ovidio. Anche la vita dell’uomo è una storia, «una storia strana e varia, piena di eventi», dice Jacques nel Come vi piace di Shakespeare: il mondo è un palcoscenico, sul quale gli esseri umani recitano, in sette età, le loro parti, con entrate e uscite secondo i casi. Ecco dapprima l’infante, che sbava in braccio alla balia, poi il bambino che infreddolito va a scuola, l’amante che sospira come una fornace; quindi il soldato baffuto «come un gattopardo», il giudice dalla pancia rotonda, il pantalone in ciabatte dalle gambe rinsecchite e con le lenti sul naso, la voce da maschio ridotta a falsetto bambinesco. L’ultima scena è una seconda infanzia: «Puro oblio, senza denti, senza occhi, senza gusto, senza niente».
A me pare che tanta letteratura “buona”, sacra o profana che sia, antica medievale o moderna, costituisca una sorta di “introito” alla celebrazione che verrà. Nella Messa tridentina, all’inizio, il sacerdote invocava: Introibo ad altare Dei: «Mi accosterò all’altare di Dio». «A Dio che allieta la mia giovinezza», si rispondeva. E veniva allora la proclamazione, ripresa dal Salmo 43: «Loderò te sulla cetra, o Dio, Dio mio: perché sei in tristezza, anima mia?». «Spera in Dio, perché potrò ancora cantar le sue lodi». Ogni volta che si celebra una Messa, la storia del mondo e dell’uomo riprende dal canto, dalla poesia: dal racconto. Introibo ad altare Dei, ripeterà beffardo Joyce nelle primissime righe dell’Ulisse, quel gioco liturgico tra il sacro e l’eretico che inaugura il modernismo.
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Fonte: L'Osservatore Romano
il sacerdote invocava . . . si (?) rispondeva . . . Sentite che bei verbi all'imperfetto, il tempo delle favole antiche ? Vi sembra che ci sia tanto da compiacersene ?
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