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Luis Badilla. A Francesco piace épater le bourgeois. Il diritto al disorientamento e alla confusione

Grazie a Luis Badilla per queste riflessioni su Papa Francesco e le ultime vicende politiche: Luigi C. A Francesco piace épater le bourgeois...

sabato 23 ottobre 2021

Bergoglio o Francesco? Nuova concezione del papato

Un tragico dilemma: "A proposito del modo di fare di Francesco si è parlato molto di “secolarizzazione” del papato. [...] Ora, la secolarizzazione del papato avviene proprio quando Francesco è subordinato a Bergoglio, o quando Bergoglio prevale su Francesco. Anziché essere Francesco che “solleva in alto” Bergoglio, è Bergoglio che “trascina in basso” Francesco".
QUI un'analisi di Eric Sammons: "I vescovi moderni? Più manager e politici che pastori".
Francesco sembra essere quasi un cannibale che crede di accrescere il proprio potere e prestigio inghiottendo la propria istituzione.
Luigi

29-09-2021, La Nuova Bussola Quotidiana, Stefano Fontana
[...]

Sulle parole in libertà dette da Francesco nell’incontro in Slovacchia con i padri gesuiti e poi in aereo sulla via del ritorno, ormai sono intervenuti pressoché tutti. Intervengo anche io, non per aggiungermi a forza e in ritardo alla folta schiera, ma perché mi sembra che nessuno abbia toccato un punto della questione che mi sembra invece essenziale.
Frasi ambigue, interventi istintivi non sufficientemente pensati, posizioni teologicamente molto discutibili … e così via: si è parlato di “umiliazione” del papato, di “confusione” nelle parole del papa, di superamento del “limite della decenza”. Tutte queste critiche, se le assumiamo in sintesi, si concentrano su un punto: Bergoglio ha il sopravvento su Francesco. La persona Bergoglio - con il suo modo di essere, di fare, di comunicare – ha aggio sul papato di cui egli è stato investito. Dopo essere diventato Francesco, Bergoglio è rimasto Bergoglio, con le sue idiosincrasie, i suoi tic, i suoi pregiudizi, le sue istintive avversioni, il suo modo di pensare … insomma con tutta la sua storia personale. È questo, secondo gli autori dei molti interventi critici che abbiamo letto in questi giorni, a provocare “umiliazione” del papato, “confusione” e superamento del “limite della decenza”: anziché parlare da papa, Bergoglio parla e si muove da Bergoglio.

Risulta evidente che se questo fosse il problema, ci sarebbe sì da preoccuparsi ma non più di tanto. Sarebbe infatti un problema accidentale e non sostanziale, legato allo specifico caso di Bergoglio, al suo carattere che tende ad esorbitare o alla sua specifica storia personale. Atteggiamenti poco consoni al papato non fanno piacere, chiedere il riconoscimento delle coppie gay e poi scrivere l’Introduzione al libro di Benedetto XVI sull’Europa che, nella prima pagina dopo l’Introduzione, dice tutto il contrario, disarma. Però se tutto si riduce al “caso” Bergoglio, il problema è anche per ciò stesso limitato.

La questione vera, invece, è che non si tratta di un problema contingente, dato che è proprio la teologia cattolica contemporanea a sostenere che il papato deve passare attraverso la persona del papa, ossia che Francesco deve passare attraverso Bergoglio. Un tempo si pensava che, una volta eletto papa, il papa dovesse pensare e parlare da papa, smettendo di pensare e parlare da quello che era prima. Questo perché si attribuiva all’investitura papale un significato trascendente rispetto all’immanenza dell’investito: Ratzinger o Bergoglio che fosse, una investitura sacra rispetto alla profanità dell’investito. Ma oggi la teologia cattolica dominante non la pensa più così. Essa ritiene che la fede cristiana e la vita della Chiesa sia un processo storico e che tutta la vita nello Spirito non provenga da fuori ma passi attraverso la concretezza della storia. Rimanere Bergoglio è quindi essenziale per essere papa, perché il papato non è qualcosa che sta “sopra”, o “al di là” dell’uomo Bergoglio, ma lo Spirito si apre delle vie di auto-comunicazione proprio dall’interno di quella singola biografia.

Dopo la “svolta antropologica” della teologia cattolica contemporanea si pensa che ogni uomo sia prima di tutto “presso di sé” e che in ciò consista la sua libertà. Tutto quello che egli vive, conosce, fa … viene vissuto, conosciuto e fatto avendo alle spalle questo suo “essere presso di sé” che quindi lo condiziona, ma proprio in questo condizionamento si esercita la sua libertà, che viene prima di ogni situazione condizionante e quindi la trascende. L’auto-comunicazione di Dio avviene proprio in questo “essere presso di sé”, che non si riduce a nessuna singola situazione di vita, ma che non può che passare attraverso le situazioni di vita. Anche l’uomo Bergoglio era ed è prima di tutto “presso di sé” e questo ha condizionato e condiziona tutto il suo conoscere, dire e fare, ma è proprio attraverso questa via che si fa strada il suo essere papa, che non si riduce alle incertezze delle sue interviste in aereo, a certe sue comunicazioni confuse, a certi scatti d’ira … ma che nello stesso tempo non può che passare attraverso di essi.

A proposito del modo di fare di Francesco si è parlato molto di “secolarizzazione” del papato. Le critiche mosse alle sue dichiarazioni in Slovacchia lo confermerebbero. Ora, la secolarizzazione del papato avviene proprio quando Francesco è subordinato a Bergoglio, o quando Bergoglio prevale su Francesco. Anziché essere Francesco che “solleva in alto” Bergoglio, è Bergoglio che “trascina in basso” Francesco. Se questo processo dipendesse solo dalla personalità caratteriale del papa governante la cosa sarebbe limitata e di passaggio, ma se è la teologia dominante a sostenerlo, la secolarizzazione del papato è un fatto “strutturale” che va ben oltre il caso di Francesco, in quanto ne è il fondamento dottrinale. Non siamo davanti a intoppi fastidiosi ma sopportabili perché contingenti, ma davanti ad una nuova concezione del papato.

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