«Sulla terra [esiste] un'unica religione vera, e può esisterne una sola, quella predicata dagli apostoli, e dal tempo dell'apostolo Pietro tramandata dai suoi successori»
(s. Pio V)
Un pezzo di Aurelio Porfiri sul grande Maestro Card. Domenico Bartolucci (QUI i molti post di MiL sul Nostro).
In fondo al post il brano.
Luigi
Marco Tosatti, 28-6-21
[...]
TU ES PETRUS (Domenico Bartolucci)
Parlando di un periodo compositivo del musicista Goffredo Petrassi (1904-2003) viene evocata la categoria del “barocco romano”. Raffaele Pozzi (treccani.it) così definisce il suo stile: “La prima produzione petrassiana manifestò dunque un orientamento verso quel ‘mito dell’antico’, quei ritorni in chiave antiromantica al barocco e alle forme della polifonia vocale e strumentale del Medioevo e del Rinascimento che accomunò alcuni musicisti di quella che fu poi battezzata ‘Generazione dell’Ottanta’ (Massimo Mila). Nell’ambiente musicale romano questa estetica, generalmente definita neoclassica, fu rappresentata e difesa dal modernismo di Casella, il quale, al rientro in Italia da Parigi, nel 1915, si era stabilito a Roma e aveva iniziato a insegnare pianoforte a Santa Cecilia”. Ho potuto incontrare molto brevemente il maestro Petrassi alla fine di alcuni concerti di sue musiche, in uno di questi veniva eseguito il suo Magnificat che secondo alcuni risentirebbe di questa influenza barocca.
Ho detto questo perché a me sembra congruente che chi opera a Roma possa essere influenzato da una delle impronte estetiche più importanti che è testimoniata nella città, cime appunto quella del barocco con la sua grandiosità ma anche con la sua drammaticità e il suo repentino trascolorare da un’emozione all’altra. Mi sembra poter rientrare in questa categoria il Tu es Petrus del Cardinale e Maestro Domenico Bartolucci, un mottetto per coro a voci miste e organo. Abbiamo già ampiamente parlato della suprema maestria compositiva del Maestro toscano, soprattutto nel campo della musica sacra. L’uso del linguaggio modale, l’ispirazione dei Maestri rinascimentali e della grande tradizione musicale della Chiesa cattolica, il senso profondo del testo liturgico, fanno di questo compositore in modello imprescindibile per la composizione di musica per la Chiesa. Il Tu es Petrus, introdotto da arpeggi dell’organo è proprio un segno di questa ricerca di solennità e grandiosità quasi barocche, fino al grido cantato del coro sulle parole “Tu sei Pietro”. La capacità del Maestro di modulare i colori corali è pari all’abilità nel infondere di tenerezza alcune sezioni del testo, come quella finale. Un brano che ci fa immaginare la grandezza e gli spazi della Basilica di san Pietro in cui il Maestro Bartolucci fu tanti anni attivo come Maestro Direttore della Cappella Musicale Pontificia, detta Sistina, servendo sotto quattro Papi. Una grandiosità musicale che si sposa con l’architettura e con la grandezza passata del rito romano. C’è un senso drammatico, dicevo nella musica, ma non in senso negativo. Poi il mottetto intende anche celebrare quella che un tempo veniva percepita come grandezza del papato romano e della missione salvifica unica della Chiesa cattolica, una epifania del sacro e una apoteosi della Ecclesia romana. È una manifestazione del sacro che irrompe nelle nostre vite. Ne parlava in una intervista a Fausto Gianfranceschi (in Miti delle origini e miti cosmici) lo studioso Mircea Eliade che diceva: “Sì, mi sembra ormai acclarato che l’esperienza del sacro non è qualcosa di contingente, riferibile soltanto a certi periodi e a certe condizioni, ma costituisce una struttura permanente dello spirito umano, nonostante le eclissi e i camuffamenti”. Oggi, non siamo certo al tempo dei camuffamenti nella musica di Chiesa, ma a quello di eclissi del sacro. Un sacro che nella musica di Bartolucci, come in quella di tutti i Maestri fedeli alla tradizione musicale della Chiesa cattolica, sentivi manifestarsi come esigenza delle spirito che intendeva innalzarsi a Dio.
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