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giovedì 19 agosto 2021

Il 'The New York Times' accusa papa Francesco di "fare a pezzi la Chiesa" dopo il #TraditionisCustodes

Daniel Stolle

E' apparso il 12 agosto 2021 un durissimo commento del New York Time sulla gestione fallimentare della Chieas da parte di Papa Francesco, e in difesa della Messa Tradizionale.
Ve lo proponiamo nella traduzione di Aldo Maria Valli: da leggere!
Ringraziamo Michelangelo per la segnalazione.
Roberto 
 

Papa Francesco sta facendo a pezzi la Chiesa Cattolica
di M.B. Dougherty*, 12.8.21

Nell’estate del 2001 andai in macchina fino a Poughkeepsie, New York, per trovare quella che chiamavamo “la messa tradizionale in latino”, la forma di culto cattolico romano che risale a secoli fa ed è stata autorizzata l’ultima volta nel 1962, prima che il Concilio Vaticano II cambiasse tutto. All’epoca, i cattolici conservatori chiamavano le persone che la cercavano “scismatici” e “RadTrads”.

I frequentatori della messa non erano esattamente una comunità; eravamo una rete clandestina di romantici, odiatori di papa Giovanni Paolo II, persone che erano state abbandonate dalla Chiesa

tradizionale e – credo – alcuni santi.

Lì appresi che la lingua latina non era l’unico tratto distintivo di questa forma di culto. L’intero rituale era diverso dalla Messa post-Vaticano II. Non era una mera traduzione in volgare moderno; meno del venti per cento della Messa in latino è sopravvissuto nel nuovo.

Mi ci volle un mese per adattarmi. Ma in quell’aria densa d’agosto, il lungo silenzio prima della consacrazione dell’ostia cadde sul mio cuore come un raggio di sole che si posa per la prima volta sul bocciolo della preghiera.

Anni dopo, papa Benedetto permise ai devoti di questa Messa di prosperare nella corrente principale della vita cattolica, un gesto che ha iniziato a drenare il radicalismo del movimento tradizionale e a riconciliarci con i nostri vescovi. Oggi la messa vetus ordo è celebrata in fiorenti parrocchie, piene di giovani famiglie.

Eppure, questa messa e il contingente di cattolici che la frequentano, in modesta crescita, sono visti da papa Francesco come un grave problema. Di recente, ha pubblicato un documento, Traditionis custodes, accusando i cattolici come noi di essere sovversivi. Per tutelare l’“unità” della Chiesa, ha abolito i permessi che papa Benedetto XVI ci aveva concesso nel 2007 per celebrare una liturgia il cui cuore è rimasto immutato dal VII secolo.

Per quelli di noi che percorrono lunghe distanze per parteciparvi, la perseveranza è un dovere religioso. Per il papa la sua soppressione è una priorità religiosa. La ferocia della sua campagna spingerà queste giovani famiglie e comunità verso il radicalismo che ho assorbito anni fa a Poughkeepsie, prima di Benedetto. Li spingerà verso la convinzione che la nuova messa rappresenti una nuova religione, dedicata all’unità dell’uomo sulla terra piuttosto che all’amore di Cristo.

Nella messa antica in latino il sacerdote si trova di fonte all’altare con il popolo. Non ci sono mai stranezze, come a volte capita in una Messa moderna, come palloncini, musica per chitarra o applausi. Lo stile del prete da presentatore di talk-show religioso sgangherato è sparito. Al suo posto, un prete che fa ciò che deve fare con calma, uno scultore abile. Indirizzando il sacerdote verso il dramma dell’altare, l’antica messa apre lo spazio alla nostra preghiera e contemplazione.

Negli anni successivi alla liberalizzazione del vecchio rito da parte di papa Benedetto, le parrocchie hanno iniziato a riportare in vita i toni mistici del canto gregoriano e la polifonia sacra scritta da compositori morti da tempo come Orlando Lassus e Thomas Tallis, nonché da compositori contemporanei come Nicholas Wilton e David Hughes.

Queste propaggini culturali della messa latina sono il motivo per cui, dopo il Vaticano II, i romanzieri inglesi Agatha Christie e Nancy Mitford e altri luminari culturali britannici inviarono una lettera a papa Paolo VI chiedendo che la messa antica continuasse. La loro lettera non pretendeva nemmeno di essere di cristiani credenti: “Il rito in questione, nel suo magnifico testo latino, ha ispirato anche una serie di inestimabili conquiste nelle arti: non solo opere mistiche, ma opere di poeti, filosofi, musicisti, architetti, pittori e scultori in tutti i paesi e in tutte le epoche. Appartiene quindi alla cultura universale, così come agli uomini di chiesa e ai cristiani formali”.

Ma il Concilio Vaticano aveva chiesto una revisione di ogni aspetto dell’atto centrale del culto, così le balaustre dell’altare, i tabernacoli e i baldacchini furono distrutti in innumerevoli parrocchie. Questo fermento è stato accompagnato da radicali nuove teologie intorno alla messa. Un qualunque neolaureato in studi religiosi può dire che rivedere tutti gli aspetti vocali e fisici di una cerimonia e cambiarne la logica costituisce un vero cambiamento di religione. Solo i vescovi cattolici troppo sicuri di sé potevano immaginare il contrario.

I progressisti più schietti concordavano con i tradizionalisti radicali: il concilio costituiva una rottura con il passato. Hanno chiamato il Vaticano II “una nuova Pentecoste” – un “Evento” – che aveva dato alla chiesa una nuova autocomprensione. Credevano che la loro rivoluzione fosse in stallo nel 1968, quando papa Paolo VI emanò Humanae vitae, affermando l’opposizione della Chiesa alla contraccezione artificiale, per poi metterla in ghiaccio nel 1978 con l’elezione di papa Giovanni Paolo II.

Per debellare la vecchia messa in latino, papa Francesco sta usando il papato proprio nel modo che un tempo i progressisti sostenevano di deplorare: centralizza il potere a Roma, usurpa le prerogative del vescovo locale e istituisce uno stile di microgestione motivato dalla paranoia della slealtà e dell’eresia. Forse è per proteggere le sue convinzioni più profonde.

Papa Francesco prevede che torneremo alla nuova messa. I miei figli non possono tornarci; non è la loro formazione religiosa. Francamente, la nuova messa non è la loro religione. In innumerevoli alterazioni, la credenza che la messa fosse un vero sacrificio e che il pane e il vino, una volta consacrati, diventassero il corpo e il sangue di nostro Signore veniva sminuita o sostituita in essa. Con il sacerdote rivolto verso il popolo, l’altare fu reciso dal tabernacolo. Le preghiere prescritte della nuova messa tendevano a non riferirsi nemmeno più a quella struttura come a un altare ma come alla mensa del Signore. Le preghiere che indicavano la presenza reale del Signore nel sacramento sono state sostituite in modo cospicuo con quelle che sottolineavano la presenza spirituale del Signore nella congregazione riunita.

Le preghiere della messa tradizionale sottolineano che il sacerdote sta riproponendo lo stesso sacrificio compiuto da Cristo sul Calvario, che propizia l’ira di Dio contro il peccato e riconcilia l’umanità con Dio. La nuova messa si presenta come una memoria narrativa e storica degli eventi ricordati nella Scrittura, e l’offerta e il sacrificio non sono di Cristo, ma del popolo radunato, come dice la preghiera eucaristica più usata nella nuova messa, “di epoca in epoca raduni a Te un popolo, affinché da oriente a occidente si faccia un’offerta perfetta”.

Per i cattolici, il modo in cui preghiamo modella ciò in cui crediamo. L’antico rituale ci indirizza fisicamente verso un altare e un tabernacolo. In tal modo ci indica la croce e il cielo come orizzonte ultimo dell’esistenza dell’uomo. In tal modo, la liturgia mostra che Dio ci ama misericordiosamente e ci redime nonostante i nostri peccati. E la prova è nella cultura che questo rituale produce. Pensiamo alla grande interpretazione della fede nell’Eucaristia di Mozart: “Ave Verum Corpus”.

Il nuovo rito ci indica una tavola spoglia e pone coerentemente l’unità dell’umanità come l’orizzonte ultimo della nostra esistenza. Nella nuova messa, Dio deve la salvezza all’uomo, per la dignità innata dell’umanità. Dove c’era fede, ora c’è presunzione. Dove c’era amore, ora c’è affermazione, che è indistinguibile dall’indifferenza. Ispira canzoncine senza peso come Gather Us In. 

Credo che la pratica della nuova messa formi le persone a una nuova fede: per diventare veramente cristiani, bisogna cessare del tutto di essere cristiani. Laddove la nuova fede è praticata con spirito zelante — come oggi in Germania — vescovi e sacerdoti vogliono conformare l’insegnamento della religione alle norme morali della società non credente che li circonda. Quando la nuova fede era giovane, dopo il concilio, si esprimeva nell’abbattere le statue, le cerimonie e le devozioni religiose che esistevano prima.

Non so se i vescovi adotteranno lo zelo di Francesco per schiacciare la messa antica in latino. Non so quanto siano disposti a rendere dolorosa la nostra vita religiosa. Se lo faranno, creeranno — o riveleranno — più divisione nella Chiesa. Mi viene in mente il vecchio slogan del tradizionale movimento delle messe latine: vi resistiamo in faccia.

Ho fede che un giorno anche gli storici laici guarderanno a ciò che è stato fatto dopo il Vaticano II e lo vedranno per quello che era: il peggior spasmo di iconoclastia nella storia della Chiesa, qualcosa che fa impallidire l’iconoclastia bizantina del IX secolo e la Riforma protestante.

Papa Benedetto ci aveva temporaneamente concesso di iniziare a riparare il danno. Quello che propone papa Francesco con la sua repressione è un nuovo insabbiamento.

____________________

*Michael Brendan Dougherty, scrittore senior della National Review e visiting fellow per la divisione di studi sociali, culturali e costituzionali presso l’American Enterprise Institute, è autore di My Father Left Me Ireland: An American Son’s Search for Home.

Fonte: The New York Times

Titolo originale: Pope Francis Is Tearing the Catholic Church Apart

5 commenti:

  1. "Usurpa le prerogative del Vescovo locale.." in realtà è stato Summorum Pontificum ad usurpare le prerogative del vescovo locale, che gli sono state ridate attraverso Traditionis Custodes. Papa Francesco non sta distruggendo proprio nulla, sta semplicemente mettendo in luce problemi e scheletri nell'armadio nascosti molto bene sotto i pontificati di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Lui sta facendo il "lavoro sporco" che altri non hanno voluto fare. E lo si accusa di distruggere la chiesa.

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    1. beh, il Papa dovrebbe cercare di risolvere la situazione cercando di promuovere la pace fra le parti e incoraggiandole a parlarsi, non bastonando e insultando una e facendo il piacione con l'altra

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    2. L'albero si giudica dai frutti. E quelli succeduti alla liturgia introdotta da Paolo VI sono avvelenati; lo riconobbe lo stesso Pontefice dopo appena due anni durante i quali i seminari si svuotarono - e non si sono più riempiti - molti preti abbandonarono il sacro ministero Paolo VI notò amaramente che da qualche fessura nel tempio era entrato il fumo di satana. Ciò che gli rimprovero è che non fece nulla per tappare quella fessura quando era tale, oggi è una lesione propfonda che rischia di far crollare il tempio

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  2. Se questa attività è di origine umana verrà distrutta ,ma se essa viene da Dio non riuscirete a sconfiggerli; Non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio.

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  3. Usurpa sì le prerogative del vescovo locale, quando chiede ai vescovi di consultare la Sede Apostolica per "concedere" la possibilità di celebrare la S. Messa. Senza parlare del problema della definizione della liturgia riformata come unica espressione della lex orandi del rito romano, autorizzando però la celebrazione della liturgia anteriore, come se la preghiera pubblica della Chiesa latina (Messa, celebrazione degli altri Sacramenti, preghiera del breviario) possa esprimersi al di fuori della lex orandi della Chiesa! Certo che parlare di "problemi", "scheletri nell'armadio", "lavoro sporco" riferendosi alla liturgia di sempre della Chiesa, celebrata da innumerevoli santi e con la quale si sono santificate decine di generazioni di fedeli rende impossibile ogni dialogo.

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