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lunedì 5 aprile 2021

Le Sante Messe del tempo pasquale in dom Prosper Guéranger #4 lunedì di Pasqua

Continuiamo le meditazioni liturgiche tratte dall’Année Liturgique di dom Propser Guéranger (Le Mans 1841-1866) per il tempo pasquale: lunedì di Pasqua.

L.V.

LUNEDÌ DI PASQUA

La Stazione

A Roma la Stazione di oggi è alla Basilica di San Pietro. Iniziati ai divini misteri sabato scorso nella Basilica del Salvatore, al Laterano, i neofiti ieri celebrarono la Risurrezione del Figlio nello splendido santuario della Madre; è giusto che in questo terzo giorno essi vengano a rendere omaggio a Pietro, sul quale poggia tutto l’edificio della Santa Chiesa. Gesù, Salvatore; Maria, Madre di Dio e degli uomini; Pietro, capo visibile del corpo mistico del Cristo: queste sono le tre manifestazioni per mezzo delle quali noi siamo entrati e restiamo nella Chiesa Cristiana.

MESSA

EPISTOLA (Atti 10, 37-43) – In quei giorni Pietro prese la parola e disse (…): «Voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare come egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio. Tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome».

Missione di Cristo e degli apostoli

San Pietro rivolse questo discorso al centurione Cornelio e ai parenti e amici di detto pagano; egli li aveva riuniti attorno a sé per ricevere l’Apostolo che Dio gli mandava. Si trattava di preparare tutto questo uditorio a ricevere il Battesimo e a formare le primizie del Gentilismo, poiché fino allora il Vangelo non era stato annunziato che agli Ebrei. Rimarchiamo che è san Pietro, e non un altro Apostolo, ad aprire oggi a noi Gentili le porte di quella Chiesa che il Figlio di Dio ha fondato su di lui, come su di una roccia incrollabile. Ecco perché questo brano del libro degli Atti degli apostoli si legge proprio oggi nella Basilica di San Pietro, presso il luogo della sua crocifissione, e in presenza dei neofiti che sono altrettante conquiste della fede sugli ultimi seguaci dell’idolatria pagana.
Osserviamo poi il metodo usato dall’Apostolo per inculcare la verità del cristianesimo a Cornelio e a quelli della sua casa.
Comincia a parlare di Gesù Cristo; ricorda i prodigi che hanno accompagnato la sua missione; poi, avendo raccontato la sua morte ignominiosa sulla croce, espone il fatto della Risurrezione dell’Uomo-Dio, come la più grande garanzia della verità della sua divina natura. Viene in seguito la missione degli apostoli che deve essere accettata, allo stesso modo della loro testimonianza così solenne e così disinteressata, visto che essa non ha procurato loro che delle persecuzioni.
Colui dunque che confessa il Figlio di Dio incarnato, che è passato in questo mondo, facendo il bene, operando ogni sorta di prodigi, morendo sulla croce, risuscitando dalla tomba e affidando agli uomini che ha scelto la missione di continuare sulla terra quel ministero che egli ha cominciato; colui che confessa tutta questa dottrina è pronto a ricevere, nel Battesimo, la remissione dei suoi peccati.
Tale fu la sorte fortunata di Cornelio e dei suoi compagni; tale è stata quella dei nostri neofiti.

VANGELO (Lc 25, 13-35) – In quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?» Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Il significato della prova

Contempliamo questi tre pellegrini, che conversano sulla strada di Emmaus, e seguiamoli col cuore e col pensiero. Due di loro sono dei fragili uomini come noi, che tremano di fronte alla tribolazione, che la croce ha sconvolto e fatto perdere di animo, che hanno bisogno di gloria e di prosperità per continuare a credere. «O stolti e tardi di cuore – dice loro il terzo viandante – … non doveva forse il Cristo patire tali cose e così entrare nella sua gloria?». Fino a ora noi pure abbiamo troppo assomigliato a quei due uomini, dimostrandoci così ancora più ebrei che cristiani! Ed è per questo che l’amore delle cose terrene ci ha reso insensibili a essere attratti a quelle celesti, esponendoci, per la stessa ragione, al peccato. Ma d’ora in avanti, non possiamo più pensare in questo modo. Gli splendori della Risurrezione del nostro Maestro ci mostrano abbastanza chiaramente qual è lo scopo della sofferenza, quando Dio ce la manda. Quali che siano le nostre prove, non arriviamo mai a essere inchiodati a un patibolo né crocifissi tra due scellerati. Il Figlio di Dio ha avuto invece quella sorte; e osservate, oggi, se i supplizi del venerdì hanno impedito lo slancio che doveva prendere la domenica verso la sua immortale regalità. La sua gloria non è tanto più splendente, quanto più profonda fu la sua umiliazione? Non tremiamo, dunque, più tanto alla prospettiva di un sacrificio; pensiamo alla felicità eterna con la quale saremo ripagati. Gesù, che i due discepoli non riconoscono, non ha dovuto che far loro udire la sua voce e descrivere i piani della sapienza e della bontà divina, e la luce si è fatta nel loro spirito. Anzi, cosa dico? I loro cuori si riscaldavano e bruciavano nel petto, sentendolo parlare di quella croce che conduce alla gloria. E se allora non l’avevano ancora riconosciuto, è che egli stesso chiudeva i loro occhi affinché non lo ravvisassero. La stessa cosa avverrà per noi, se lasceremo parlare Gesù, come fecero loro. Noi comprenderemo allora che «un discepolo non è da più del Maestro»¹ e, vedendo lo splendore di cui oggi egli si riveste, ci sentiremo trasportati a dire a nostra volta: «Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi»².

Effetti dell’Eucaristia

In questi giorni in cui gli sforzi spirituali del cristiano per la sua rigenerazione sono ricompensati con l’onore di essere ammessi, portando la veste nuziale, alla mensa di Cristo, non ometteremo di rimarcare che fu al momento della frazione del pane che si aprirono gli occhi dei due discepoli e che riconobbero il loro Maestro. Il nutrimento celeste, la cui virtù procede unicamente dalle parole di Cristo, porta la luce alle anime; e, allora esse vedono ciò che prima non scorgevano. Così avverrà per noi, per effetto del sacramento della Pasqua; ma consideriamo ciò che, a questo proposito, ci dice l’autore dell’Imitazione: «Questi davvero conoscono il loro Signore nella frazione del pane, poiché il loro cuore arde così forte dentro di loro, mentre Gesù cammina con essi» (cfr. Lc 4, 14).
Abbandoniamoci, dunque, al nostro divino Risorto; d’ora in avanti, anche più di prima, noi siamo suoi, non più solamente in virtù della sua morte, ma a causa della sua risurrezione, che è anche nostra. Diventiamo simili ai discepoli di Emmaus, fedeli e giocondi, solleciti, secondo il loro esempio, a dimostrare, mediante le nostre opere, quel rinnovamento di vita che ci raccomanda l’Apostolo e che conviene a coloro che Cristo ha amato fino a voler risuscitare insieme con loro. La Chiesa ha scelto questo tratto del Vangelo di preferenza ad altri a causa della stazione che oggi si tiene nella Basilica di San Pietro. Infatti san Luca ci dice che i due discepoli trovarono gli apostoli già a conoscenza della risurrezione del loro Maestro; poiché essi dicevano: «È apparso a Simone». Abbiamo parlato ieri di questo privilegio fatto al Principe degli Apostoli.

¹ Mt 10, 24.
² Rm 8,18.

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