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lunedì 25 gennaio 2021

Orrori architettonici… e dove trovarli #20 a Castel di Lama (AP)

La chiesa e centro comunitario dell’arch. Marco Contini (anno 2019).

Lorenzo

Descrizione del progetto: «Un luogo per una comunità
L’edificio per il culto è l’ultima parte realizzata del grande centro parrocchiale che comprende oltre alla chiesa, spazi per l’educazione e l’incontro, attrezzature sportive e ricreative dando luogo ad un sistema urbano di notevole effetto comunitario per l’intero abitato di Castel di Lama.
Frutto di un concorso, il progetto sviluppa l’idea di un radicamento al luogo delle strutture edilizie attraverso la disposizione volumetrica e l’utilizzo di materiali locali, relazionandosi con l’abitato con percorsi pedonali che attraversano lo spazio del sagrato che si allarga nella vasta piazza giardino.
Elemento fondamentale del progetto è il percorso pedonale pubblico che attraversa il nuovo insediamento, separando i volumi della chiesa da quelli delle attività parrocchiali e suggerendo possibili connessioni urbane con le altre aree pubbliche presenti nell’intorno.
Il percorso, fiancheggiato da un filare di ulivi, è in continua relazione con i diversi luoghi che caratterizzano l’insediamento: la piazza antistante il sagrato, il portico, i cortili che sono intervallati agli edifici adibiti alle attività parrocchiali.
L’immagine complessiva è volutamente ricondotta ad una chiara semplicità formale, dove ogni elemento mantiene comunque una sua riconoscibilità allo sguardo di chi percorre i luoghi.
Le superfici murarie di tutto il complesso sono intonacate, i muri laterali della chiesa sono impreziositi da listelli in travertino collocati ogni metro e venti. Il travertino, materiale di facile reperibilità nella zona, è il materiale usato anche per le pavimentazioni interne della chiesa e del sagrato oltre che della facciata alta nove metri.
Le grandi pareti esterne della chiesa che “contengono” i luoghi della liturgia svolgono un ruolo importante nella percezione dell’intero complesso, così come la grande facciata in lastre di travertino, un filtro sottile che permette di intravedere dall’esterno gli spazi interni dell’edificio.
L’interno accoglie un grande velario ellittico sospeso, luogo dell’assemblea e spazio della liturgia. I luoghi liturgici, fonte battesimale, ambone, altare, sede, crocefisso e tabernacolo sono disposti lungo un percorso che attraversa longitudinalmente lo spazio presbiteriale per concludersi in un giardino dove è stato collocato un ulivo.
La disposizione dell’assemblea interpreta i dettami del concilio vaticano secondo, con la zona presbiteriale circondata dalle sedute dei fedeli a formare la sostanza del farsi “Chiesa”. L’altare e l’ambone sono collocati frontalmente nei due fuochi dell’ellisse per rimarcare la pari dignità della mensa e della parola.
All’interno della chiesa le opere artistiche in travertino di Giuliano Giuliani definiscono in modo spirituale i luoghi della liturgia.
Dalle case alla “domus ecclesiae”
Il complesso dell’edificio del sacro è stato studiato a partire dalle aspettative del popolo della parrocchia e dalle prerogative delle celebrazioni liturgiche. Dall’esterno verso l’interno, nei percorsi celebrativi, esso vuol essere segno di una comunità che aspira a trovarsi unita come società e come chiesa. Richiamato dal segnale sonoro del campanile che si sporge quasi vedetta sulla strada e verso l’abitato, il fedele si trova nell’ampio e accogliente sagrato che già gli parla di preghiera e di sacramento.
Dal sagrato al bema
Oltrepassata la grande porta che funge da soglia, in direzione della antica croce in legno, il fedele si ritrova all’interno di un ampio spazio in cui il è collocato il fonte battesimale; questo spazio con funzione di nartece è delimitato ai lati dalla cappella feriale e dalla penitenzeria che si affaccia su un piccolo giardino interno.
Oltrepassato il grande fonte battesimale si troverà accolto dallo spazioso ellisse del bema, aperto in quattro parti, che circoscrive e protegge dal basso e dall’alto l’intera aula liturgica e che comunque gli si rivela nella totalità dei suoi elementi solo quando giungerà ad occupare il suo posto (uno qualsiasi di quelli singolarmente predisposti).
Un’aula che da sola dice il farsi “circumstantes”, il raccogliersi, il diventare assemblea
La disposizione dell’aula è stata pensata in modo da “rendere l’immagine di un’assemblea riunita per la celebrazione dei santi misteri, gerarchicamente ordinata e articolata nei diversi ministeri, in modo da favorire il regolare svolgimento dei riti e l’attiva partecipazione di tutto il popolo di Dio” (Nota pastorale CEI “La progettazione di nuove chiese”, n. 7).
La scelta della disposizione dei posti a convergere verso il centro è dettata dall’esigenza di rendere visibile quell’ecclesiologia di comunione di cui l’assemblea liturgica è icona teologica. Il ragionamento che ha sostenuto questa opzione è il seguente: se nell’edificare un ambiente da destinare a una particolare fruizione del pubblico, come ad esempio un auditorium, si studiano nei particolari le posizioni in modo che l’acustica, la visibilità, la comunicazione risultino ottimali per il raggiungimento del fine (ascoltare musica), tanta più attenzione e cura occorrono nel situare un’assemblea liturgica che deve sperimentarsi nel molteplice che diventa unità, corpo ecclesiale, fraternità, reciprocità in atto nella celebrazione del mistero.
L’“omphalos”, l’asse dei percorsi celebrativi e l’asse dei luoghi liturgici
Nello spazio centrale, anch’esso ellittico, sono state collocate, prospicienti l’una verso l’altra, le “due mense” dell’altare e dell’ambone, fuochi non tanto geometrici quanto rituali della celebrazione eucaristica e riferimenti di ogni altra azione sacramentale. La loro posizione è in diretta continuità con il fonte battesimale e la croce retrostante l’altare. L’assemblea è disposta in modo da accogliere su due lati il percorso che parte dall’ingresso e termina sulla croce rendendo significativi i percorsi rituali i quali, possono raggiungere l’“omphalos” centrale, evidenziato sul pavimento (sede ideale dove celebrare l’unzione crismale e le “consegne” al battesimo, l’accoglienza dei fanciulli alla prima comunione, la cresima, il matrimonio, ecc.) e da qui giungere ad ogni destinazione.
L’altare, l’ambone, la sede
La “personalità” dell’altare, dell’ambone e della sede è garantita dall’osservanza delle indicazioni della nota CEI, dal genio dell’artista e da una circoscrizione alla base che li individuano come “luoghi” e non come semplici arredi. L’ambone accoglie con la sua forma a foglio il leggio per la proclamazione la proclamazione del vangelo. L’altare, lavorato come l’ambone da un unico blocco di travertino, si erge come pietra angolare su cui si edifica la Chiesa che celebra il sacrificio eucaristico. Le sue dimensioni auree si reiterano e si amplificano nelle proporzioni nell’intero edificio.
Disposti oltre l’altare, la sede presidenziale e i seggi dei ministri connotano la fisicità di un presbiterio allocato e diffuso.
Il fonte battesimale e il tabernacolo
La scelta di collocare il fonte all’ingresso, all’interno dello spazio del nartece, riporta all’origine l’idea di “ingresso alla cristianità” di cui l’acqua e il battesimo sono gli elementi primari. Il fonte, di ampie dimensioni funge grazie ad un bordo perimetrale, da unica acquasantiera presente nell’edificio.
Il tabernacolo, realizzato in travertino dalla mano dell’unico artista, e pensato inizialmente per essere collocato sulla parete della cappella feriale (o cappella del SS. Sacramento) prospiciente l’aula, è stato alla fine, su indicazione del parroco, collocato in una nicchia nelle vicinanze dell’altare per facilitare la fruibilità durante la cerimonia ma al contempo mantenere la possibilità dell’adorazione eucaristica dall’aula senza intercedere con la funzioni religiose.»

Foto esterni:





Foto interni:






10 commenti:

  1. Se fosse un'aula universitaria o un'albergo non sarebbe male , ma come chiesa la trovo un'obbobrio !

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  2. Una sala riunioni con l'aspetto vuoto e disadorno degli ambienti protestanti. Sembra tutto fuorché una chiesa. Benedette le chiese antiche! La gente era povera ma pur di dare giusta lode al Signore offriva il poco che aveva e la propria fatica per costruire degni edifici,la cui storia spesso è dimenticata.

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  3. È triste che non ci siano gli inginocchiatoi��

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  4. Nel caso si sentisse la mancanza di un ambiente asettico ed estraniante. Chissà se i geni che partoriscono questi parlatori carcerari sanno spiegare come una persona può essere invogliata alla preghiera e alla riflessione in un luogo del genere? Il modus operandi è sempre quello, e ormai si è visto più e più volte nei post che pubblicate: muri spogli grigi o bianchi accecanti, nessun richiamo a nessun tipo di edificio (non solo sacro) esistente, nessuna simbologia chiara che possa far sentire il fedele a proprio agio, nessun riferimento architettonico che non sia l'estro momentaneo dell'architetto, manufatti informi al posto di luoghi centrali in un edificio di culto come l'altare, il battistero, il confessionale, il tabernacolo.
    Al di là della trionfalista retorica post conciliare, i demiurghi di questi luoghi degli orrori non si chiedono come mai le loro produzioni sono sempre deserte ed ignorate, mentre chiese come il duomo di Firenze, San Marco a Venezia, il duomo di Colonia, l'Abazia di Westminster o la Sainte-Chapelle a Parigi (per dire i primi che mi sono venuti in mente) hanno la coda fuori?
    C'è poco da fare giri di parole: queste costruzioni non hanno nulla a che vedere col culto, e, con la loro bruttezza, sono come dei calcoli che aspettano solo di essere espulsi dalle nostre città.

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  5. Qualcuno di voi è riuscito ad avvistare un tabernacolo in questa specie di balera mal riuscita?

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    1. Credo sia quell'oggetto luminescente che si vede nell'ultima foto vicino al corridoio

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    2. Ah, quello a cui tutti danno le spalle? Mi sembra giusto!

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  6. dal paragrafo "Architettura"; a cura del Card. Celso Costantini; tratto dalla rivista "FEDE E ARTE" dallo stesso fondata, Rivista Internazionale di Arte Sacra, sotto la direzione della Pontificia Commissione Centrale per l’Arte Sacra in Italia, Città del Vaticano, Anno III, Maggio 1955 - Numero V, Tipografia Poliglotta Vaticana, pag. 130-160.

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  7. dal paragrafo "Architettura"; a cura del Card. Celso Costantini; tratto dalla rivista "FEDE E ARTE" dallo stesso fondata, Rivista Internazionale di Arte Sacra, sotto la direzione della Pontificia Commissione Centrale per l’Arte Sacra in Italia, Città del Vaticano, Anno III, Maggio 1955 - Numero V, Tipografia Poliglotta Vaticana, pag. 130-160.

    In questo cataclisma dell'arte figurativa pare però che si salvi la nuova architettura intesa cum grano salis. Questa, nei suoi elementi fondamentali è venuta chiaren­dosi e soddisfa al gusto della semplicità, al bisogno del­l'economia, alla esigenza dei nuovi materiali di costruzioni e ai bisogni della vita moderna, cercando di rendere abb­astanza bello l’elemento semplicemente utilitario.
    Ma per l'architettura ecclesiastica occorre qualcosa di più che la funzionalità edonistica della vita. Il tempio è la misteriosa dimora di Dio, il rifugio delle anime; la strut­tura architettonica, la luce e le ombre devono, come nelle cattedrali antiche, avvolgere il fedele nella suggestione del mistero, che lo innalza a Dio; ascensiones in corde suo disposuit (Ps. 83-6).
    La chiesa non è una macchina per pregare, come pensa il Le Corbusier. È un ponte gettato tra il finito e l'infinito; è la mistica nave, che imbarca gli uomini sulla sponda del tempo per condurli all'approdo dell'eternità.
    Noi non accettiamo per le chiese il senso della serie delle case moderne, né il nudismo delle sale protestanti. Tutto è vivo e funzionale nella chiesa, il dramma litur­gico, l'oratoria, il canto, l'arte figurativa e anche il decoro ornamentale.
    L'Istruzione del S. Officio sull'Arte Sacra dice chia­ramente:
    “L'architettura sacra, anche se assume nuove forme, deve adempiere sempre il suo ufficio, che è di costruire la casa di Dio, casa di preghiera, giammai assimilabile ad un edificio profano.
    Miri pure alla comodità dei fedeli, rendendo loro agevole seguire, con la mente e con gli occhi, lo svolgi­mento delle sacre cerimonie; all'eleganza delle linee, ma non disprezzi la semplicità per dilettarsi di vuoti arti­fizi, e soprattutto eviti con cura tutto quello che possa rivelare negligenza nell'opera d'arte”.
    Purtroppo ci sono ingegneri e architetti, che ignorano ostentatamente l'Istruzione del S. Officio, inserendo e sviluppando negli schemi architettonici delle chiese le più arbitrarie stravaganze costruttive, in modo che dette chiese possono sembrare padiglioni per fiere campionarie o ca­pannoni per spiagge balneari o qualsiasi altro edificio meno che chiese.

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  8. A partire dalla riflessione sopra, intristisce constatare come, a distanza di oltre mezzo secolo, la tendenza alla desacralizzazione dei luoghi sacri e della stessa arte sacra si sia maggiormente radicata nella nostra cultura cattolica, anziché venirne estirpata.
    Dunque, ciò a cui assistiamo ora altro non è che uno dei frutti collaterali provenienti dalla stessa pianta, ormai marcescente, del modernismo e della sua filosofia, in contraddizione con la tradizione secolare della Chiesa cattolica romana.
    Non è cosa casuale che la maggior parte di noi fedeli non abbia la benché minima consapevolezza di ciò che accade, tanto più pervicace e insistita appare la pratica di sovvertire l'ordine sacro in tutte le sue rappresentazioni quanto più questa venga sentita necessaria e accolta in maniera entusiasta dai vescovi che col loro benestare autorizzano tali aberrazioni sacrileghe, affidandole alla "maestria" di artisti, architetti o designer massoni, atei, liberali immigrazionisti comunisti abortisti statolatrici basta che non siano cattolici e che non si riconoscano pienamente con i dogmi di Fede professati da chi è Battezzato in Cristo.

    Qualcuno sa poi dirmi cosa sia questo "omphalos" che dalla descrizione e dalle foto sembra essere la sezione in cui si intersecano i due assi a formare la croce disegnata in terra?


    Nota personale: di recente, da un testo su San Pio da Pietrelcina edito qualche anno fa da effedieffe, leggevo quanto capillarmente la massoneria fosse riuscita ad imbrattare, imbruttire e manipolare in maniera esoterico/blasfema i contenuti artistico-architettonici nelle chiese (esclusivamente di Cristo s'intende loro unico nemico) in particolare si faceva riferimento a:
    "l'apocalisse" raffigurata dal Rauschberger, anomala nella sua composizione per l'assenza totale delle figure di Cristo e San Michele Arcangelo, mentre appare ben due volte il dragone rosso a sette teste (sic)
    l'impianto stesso, nelle forme geometriche adoperate dall'architetto Renzo Piano lungi dall'essere un "Tempio di Dio" ma deforme e mostruosa creazione con evidenti simbologie massoniche/esoteriche.
    Ho poi trovato in rete ricercando sull'argomento questo utile articolo di "Chiesa viva" di cui riporto il link per chi fosse interessato
    https://web.archive.org/web/20110829000029/http://www.parrocchie.it/correggio/ascensione/chiesa_san_pio.htm#

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