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mercoledì 27 gennaio 2021

Liturgia: va bene tutto, pure il "rito zairese", tranne quello tridentino.

E' una notizia del 1° dicembre scorso (2020) ma che proponiamo, rilevando come da un lato si "preghi" per l'unità dei Cristiani (è terminata lunedì scorso 25 gennaio la settimana di preghiera a tal fine, ma senza mai fare cenno alla conversione degli eretici alla dottrina cattolica) e dall'altro si spinga, Pontifex vult, la "inculturazione" della liturgia cattolica, di fatto frammentandola in tanti "sotto riti"...
NOTA BENE: Prima di leggere, consigliamo l'assunzione di maalox o antiacido gastroprottetore equivalente. 
Testo preso da Vatican News, in cui si possono ascoltare anche i contributi audio  (grassetto nostro).  
Roberto 

Messaggio del Papa alla presentazione del libro sul Messale Romano per lo Zaire
di Fausta Speranza – Città del Vaticano

Con un videomessaggio il Papa ha fatto sentire la sua voce alla presentazione del libro a cura di Suor Rita Mboshu Kongo dedicato al Messale Romano per le Diocesi dello Zaire, edito dalla Lev. Un volume che ha la prefazione di Francesco che parla di “modello per altre culture”. Sono intervenuti il cardinale Tomasi e il liturgista padre Silvestrini, mettendo in luce la profondità dell'esperienza ecclesiale dell'inculturazione
Si intitola precisamente “Papa Francesco e il Messale Romano per le diocesi dello Zaire” e contiene i contributi di cinque autori. La prefazione del Papa arricchisce il testo e spiega il valore dell'inculturazione della liturgia, facendo riferimento al Concilio Vaticano II. Ed è quello che ha ribadito il Papa nel suo video messaggio salutando quanti si sono ritrovati per la presentazione, in presenza o in collegamento online, e tornando a felicitarsi per un testo e soprattutto un'esperienza ecclesiale che può essere modello per altre culture a partire da quelle dei popoli amazzonici. 

E proprio di “frutto meraviglioso di impegno costante e di dialogo” ha parlato il cardinale Silvano Maria Tomasi, già nunzio in Etiopia e poi Osservatore permanente della Santa Sede presso L'Onu a Ginevra. Il porporato ha sottolineato - nella presentazione avvenuta martedì 1° dicembre nella sede del Dicastero per la Comunicazione - come il libro sia “un'opera della Chiesa locale in comunione con la Chiesa universale”, spiegando che di un lungo impegno si è trattato, con momenti di intenso lavoro e colloqui internazionali tra esperti. Ma quello che davvero sembra importante, nelle parole del cardinale Tomasi, è lo spirito, frutto del Concilio Vaticano II, che lo anima: “lo spirito della Chiesa inclusiva di Papa Francesco”:

Una Chiesa – ha ribadito il cardinale Tomasi – che guarda ad altre culture, proprio come si legge nel sottotitolo che il Papa ha richiamato nel suo videomessaggio: “Un rito promettente per altre culture”:

Il porporato si è soffermato sul significato e il peso dei vari capitoli ricordando, tra l'altro, la centralità della celebrazione secondo il rito zairese avvenuta con Papa Francesco il 1° dicembre 2019 nella Basilica vaticana. Un momento di entusiasmo di fede in cui – spiega – sono emersi i “tratti gioiosi” del rito e di una “spiritualità che prorompe” e che palesa anche il suo “forte radicamento alla trascendenza”. “Non è solo questione di colore o di movimenti”, ha affermato il cardinale Tomasi, spiegando che “si va più in profondità, si tocca l'anima della gente, la forza della vita che prorompe”.

Il significato della data del 1° dicembre

Una celebrazione – ha ricordato il moderatore dell'incontro padre Jean Pierre Bojoko responsabile della sezione francese Africa di Radio Vaticana – voluta il 1° dicembre perché in questo giorno nel Martirologio romano si legge l'elogio della religiosa congolose Maria Clementina (al secolo Alphonsine) Anuarite Nengapeta della Congregazione delle Suore della Sacra Famiglia di Wamba, dichiarata martire e proclamata beata da Giovanni Paolo II nel 1985. Dunque, proprio il 1° dicembre di un anno dopo, è stata organizzata la presentazione del volume.

Alcuni esempi di particolarità

Padre Bruno Silvestrini, liturgista-Custode del Sacrario apostolico, ha sottolineato innanzitutto il legame profondo con il Messale Romano di cui - ha ricordato - in questo periodo abbiamo ricevuto la terza edizione:

Padre Bruno ha citato innanzitutto la specificità al momento delle invocazioni: non solo solo per i santi, come avviene in modo consueto, ma si fa appello anche agli antenati e questo perché – ha spiegato – ricordarli è importante nella sensibilità umana e spirituale del popolo di Dio che forma la chiesa congolese. Poi Padre Bruno ha ricordato che sono ammessi anche per i ministranti e per il celebrante, in alcuni momenti precisi, movimenti ritmici. E ha citato la gioia che accompagna in questo rito il canto di Gloria. Poi il liturgista ha fatto altri esempi, come quello dell'ascolto seduti della proclamazione del Vangelo e dell'incensazione ad ogni celebrazione del Libro del Vangelo. Alcune particolarità – ha spiegato – si ritrovano nel rito ambrosiano. 

Anche padre Bruno ha parlato di “profondità” da cogliere, sottolineando alcuni elementi che a suo avviso sono centrali nella spiritualità africana, come la solidarietà, la fraternità, la condivisione che possono richiamarci – ha detto – al valore proprio della comunità dei credenti: “quello di essere una grande famiglia che vive l'Amore”.

3 commenti:

  1. Beh, già esistono tanti riti locali, sia in oriente che in occidente (basti pensare all'ambrosiano, al lionese o al mozarabico)
    Poi il rito zairese esiste già dai tempi di Paolo VI, quindi non è 'cosa di Francesco'
    Poi il commento legge il rito da un'ottica 'latina': per esempio la menzione degli antenati è centrale nella spiritualità africana, in quanto la loro successione è ciò che collega al Creatore e ai miti ancestrali. Se poi a qualcuno scandalizza che vengano invocati al pari dei santi devono informare costoro che in molte liturgie orientali non esiste nelle anafore una distinzione chiara tra i santi (compresa la Deipara) e i defunti, ma si prega per essi in modo simile. Perciò nulla di nuovo

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  2. Va bene tutto, tranne ciò che è cattolico. È così da cinquant'anni, ma poi, dopo la pachamama, c'è ancora da fare gli stupiti? Ah, vi ricordo anche che ci sono già stati imam a cantare il corano dagli amboni delle chiese!
    Di cosa avete bisogno ancora per capire che la setta che occupa il Vaticano dagli anni '50 non ha niente di cattolico, ma ha come unica missione quella di tutto distruggere?

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  3. Nel vostro caso la frase si potrebbe rovesciare: non va bene niente, tranne il rito tridentino

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