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domenica 27 dicembre 2020

Le Sante Messe del tempo di Natale in Prosper Guéranger #6 domenica nell’Ottava di Natale

Continuiamo le meditazioni liturgiche tratte dall’Année Liturgique di dom Propser Guéranger (Le Mans 1841-1866) per il tempo di Natale: la domenica nell’Ottava di Natale.

L.V.

DOMENICA NELL’OTTAVA DI NATALE

MESSA

Fu nel cuore della notte che il Signore liberò il suo popolo dalla cattività, con il passaggio del suo angelo, armato di spada, sulla terra degli Egizi; così pure nel profondo silenzio notturno l’angelo del Gran Consiglio è disceso dal suo trono regale, per recare la misericordia sulla terra. È giusto che la Chiesa, celebrando quest’ultimo passaggio, canti l’Emmanuele, rivestito di forza e di bellezza, che viene a prendere possesso del suo impero.

Dum medium silentium tenerent omnia, et nox in suo cursu medium iter haberet, omnipotens sermo tuus, Domine, de caelis a regalibus sedibus venit¹.

Mentre il mondo intero era immerso nel silenzio, e la notte era a metà del suo corso, il tuo Verbo onnipotente, o Signore, è disceso dal suo trono regale del cielo.

EPISTOLA (Gal 4, 1-7) – Fratelli, per tutto il tempo in cui l’erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, pure essendo padrone di tutto; ma dipende da tutori e amministratori, fino al termine stabilito dal padre. Così anche noi, quando eravamo fanciulli, eravamo come schiavi degli elementi del mondo. Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio.

Il bambino, nato da Maria, posto nella mangiatoia di Betlemme, eleva la sua debole voce verso il Padre dei secoli, e lo chiama Padre mio! Si volge verso di noi, e ci chiama Fratelli miei! Anche noi dunque possiamo, rivolgendoci al suo eterno Padre, chiamarlo Padre nostro. Questo è il mistero dell’adozione divina affermata in questi giorni. Tutte le cose sono cambiate in cielo e in terra: Dio non ha più soltanto un figlio, ma parecchi figli; noi non siamo più ormai, al suo cospetto, creature ch’egli ha tratte dal nulla, ma figli della sua tenerezza. Il cielo non è più soltanto il trono della sua gloria; è diventato la nostra eredità: e vi è assicurata una parte per noi accanto a quella del nostro fratello Gesù, figlio di Maria, figlio di Eva, figlio di Adamo secondo l’umanità, come è, nell’unità di persona, figlio di Dio secondo la divinità. Consideriamo insieme il santo bambino che ci è valso tali beni e l’eredità alla quale abbiamo diritto per lui. Che la nostra mente resti attonita davanti a così alto destino riservato alle creature; e il nostro cuore renda grazie per un beneficio così incomprensibile.

VANGELO (Lc 2, 33-40) – In quel tempo il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.

Il progredire dei racconti del santo Vangelo costringe la Chiesa a presentarci già il divino bambino fra le braccia di Simeone, che profetizza a Maria il destino dell’uomo che ha dato alla luce. Quel cuore di madre, tutto inondato dal gaudio di un parto così meraviglioso, sente già la spada annunciata dal vegliardo del tempio. Il figlio del suo seno non sarà dunque sulla terra che un segno di contraddizione; e il mistero dell’adozione del genere umano sarà compiuto solo con l’immolazione di questo bambino divenuto uomo. Da parte nostra, riscattati da quel sangue, non facciamo troppe anticipazioni sul futuro. Avremo il tempo di considerarlo, questo Emmanuele, nei suoi travagli e nelle sue sofferenze; oggi ci è consentito di vedere ancora solo il bambino che ci è nato e godere della sua venuta. Ascoltiamo Anna, che ci parlerà della redenzione d’Israele. Osserviamo la terra rigenerata dall’apparizione del suo Salvatore; ammiriamo e studiamo, in un amore semplice e umile, quel Gesù pieno di sapienza e di grazia che è nato sotto i nostri occhi.

PREGHIAMO

O Dio onnipotente ed eterno, dirigi le nostre azioni secondo il tuo volere affinché nel nome del tuo diletto figlio meritiamo di abbondare in opere buone.

¹ Antiphona ad Introitum nella domenica tra l’Ottava della Natività.