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venerdì 23 ottobre 2020

Abbé Barthe: la Messa tradizionale è decisiva per la rinascita della Chiesa

Pubblichiamo con nostra traduzione la prolusione letta al Convegno romano dell'abbé Claude Barthe, che come sempre si distingue per lucidità dell'analisi e autorevolezza delle argomentazioni.

Enrico

La messa tradizionale, elemento decisivo per il futuro della Chiesa  

"La vecchia messa è il futuro della Chiesa" (Mons. Thomas Gullickson, citato da Cyril Farret d'Astiès in A Happy Birthday. Saggio sui cinquant'anni del messale di Paolo VI, Presses de la Découverte, 2020) 


Questo sesto incontro Summorum Pontificum si tiene in circostanze alquanto particolari. Le misure sanitarie che pesano sulle nostre attività hanno impedito, per quest'anno, la messa a San Pietro e lo stesso Pellegrinaggio annuale vero e proprio. Ma questo Incontro, che si concluderà con la cerimonia di questa sera al Pantheon e quella di domani a Trinità dei Pellegrini, assicura comunque una presenza di rappresentanti del popolo Summorum Pontificum a Roma, alla vigilia della festa di Cristo Re, come ogni anno.

Ancora una volta, i contributi di qualità che ascolteremo qui, a cui si aggiungeranno i contatti informali tra i partecipanti durante questa giornata, ci faranno sentire il vigore della vita della liturgia tradizionale nel mondo. Ora, noi sappiamo che essa rappresenta la lex orandi purissima

della Chiesa romana. Sicché, nell'attuale crisi della Chiesa che sta assumendo proporzioni senza precedenti, ossia, in Occidente, la scomparsa numerica del corpo dei credenti e dei sacerdoti, e nel mondo intero, la scomparsa dell'annuncio del Vangelo che si riduce a un messaggio incoerente, la liturgia antica rimane un Credo cultuale incrollabile.

Incrollabile? Vorrei innanzitutto menzionare le preoccupazioni che potremmo avere nel prossimo futuro a causa di un aumento dell'ostilità ideologica nei confronti di questa liturgia e cogliere l'occasione per situare l'attuale fase della sua diffusione in ciò che gli storici chiamano il lungo periodo, o comunque un tempo che già supera i cinquant'anni.

 

Una recrudescenza di ostilità alla Messa tradizionale


Oggi alcuni vescovi italiani e a Roma all'interno della Curia, nonché presso l'Università Sant'Anselmo, in particolare il professor Andrea Grillo, rimettono in causa il diritto di cittadinanza concesso dal motu proprio Summorum Pontificum alla liturgia tradizionale. Il fatto che la si possa definire lex orandi su un piano di parità con la liturgia del Vaticano II sembra intollerabile a questi prelati e professori, in quanto è la traduzione cultuale della dottrina di prima, quella, per dirla in breve, del Concilio di Trento, la cui pagina, secondo loro, è stata definitivamente voltata dal Vaticano II. Premono quindi per la riduzione di questa liturgia allo stato di tolleranza rimesso all'arbitrio dei Vescovi.
 

In questo contesto, è sorta inquietudine, senza dubbio in modo esagerato, per il sondaggio lanciato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede tra tutti i vescovi del mondo per interrogarli sulla pratica della messa tradizionale nelle rispettive diocesi. In effetti, sembra che un buon numero di loro abbia risposto che non c'era nessun problema.
 

D'altra parte, si esprime giustamente la preoccupazione per la proposta di trasferire le precedenti competenze della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, ereditate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, alle Congregazioni per il Culto Divino, per il Clero e soprattutto per i Religiosi per quanto riguarda le società di diritto pontificio erette dal 1988 sotto il regime speciale Ecclesia Dei. Il mondo della liturgia tradizionale, e specialmente le associazioni sacerdotali, rientrerebbero nel diritto comune, con tutti i suoi pericoli, non appena il diritto comune ingloberà la nuova liturgia. Tutto questo non è ancora avvenuto, ma i progetti sono in corso.
 

L'aspetto positivo di questo polverone è che può risvegliare i sostenitori della messa tradizionale, i fedeli, i sacerdoti, le comunità, che, secondo un processo classico, sono minacciati da una sorta di "imborghesimento" all'interno di una situazione che finiscono per dare per scontata e protetta dalla legge. In realtà, non dobbiamo dimenticare che i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI hanno costituito una sorta di pausa, una lunga pausa è vero, nel periodo post-conciliare, un desiderio di moderazione dopo l'effervescenza rivoluzionaria che ha seguito il Vaticano II. Dopo un dominio dell'ermeneutica della rottura, per usare la terminologia di Benedetto XVI, aveva prevalso a Roma, non senza difficoltà e contestazioni, l'ermeneutica della continuità, che è un tentativo di applicare con moderazione il Concilio, accompagnata da un riconoscimento generoso della liturgia di prima. Ma l'ermeneutica della rottura è tornata in primo piano, e la precedente pacificazione è ora messa in discussione. Detto questo, perfino all'interno di questa "alternanza", come si dice in democrazia, nulla è perduto, perché non è detto che il Papa intenda lasciare che i gruppi di pressione progressisti facciano come vogliono su questo punto.


Summorum Pontificum e il sensus fidelium


Più fondamentalmente, è importante, quando si discute di queste questioni dei permessi romani per celebrare la liturgia tradizionale, non farsi prendere dal gioco del "è permesso, potrebbe non esserlo più", pensando che l'esistenza di questa Messa dipende da questi permessi.
 

Di fatto e di diritto, la Messa tridentina è stata vietata dalla Riforma di Paolo VI, anche se Summorum Pontificum ha detto pietosamente il contrario. Nonostante questo divieto, grazie ai fedeli, ai sacerdoti, ai due vescovi, ha continuato a vivere e a svilupparsi al punto che Roma, e soprattutto il cardinale Ratzinger, poi Benedetto XVI, ne ha riconosciuto la legittimità in fasi successive, nel 1984, 1988, 2007.
C'era quindi un noto fenomeno di scontro di legalità: a una legalità che emarginava, addirittura proibiva la messa tridentina, si opponeva una legalità che invocava una legittimità superiore. La liturgia tradizionale è stata mantenuta perché i suoi utenti obbedivano all'istinto della fede del popolo cristiano, al sensus fidelium, che non è affatto una richiesta democratica, ma rappresenta una richiesta alla Chiesa docente di riaffermare il Credo. 


E' stata spesso denunziata la "violenza" di questa continuazione della Messa tradizionale, che non teneva conto della nuova legge liturgica e dei divieti episcopali, e talvolta si è imposta con le maniere forti (parroco rimasto nella sua chiesa contro la decisione del suo vescovo; occupazione di luoghi di culto a Saint-Nicolas du Chardonnet e a Port-Marly, Francia; sopravvivenza della Fraternità San Pio X, malgrado il suo divieto del 1975). Ma bisogna chiedersi da che parte è stata la violenza iniziale: i divieti lo erano in maniera caratteristica (i fedeli disprezzati, i sacerdoti perseguitati), e soprattutto la nuova legge liturgica, che pretendeva di sostituire una millenaria lex orandi romana, era di per sé una violenza notevole contro la Chiesa.
 

A tappe, come ho detto, la richiesta dei praticanti della liturgia tridentina è stata accolta: "È quindi consentito, dice il Summorum Pontificum, celebrare il Sacrificio della Messa secondo l'edizione tipica del Messale Romano promulgato dal Beato Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato, come forma straordinaria della liturgia della Chiesa". Per questo riconoscimento della liturgia tridentina da parte del Summorum Pontificum, non si potranno mai rendere abbastanza grazie. Senza dimenticare di render grazie anche per ciò che l'ha reso possibile, cioè lo sforzo contro ogni ostacolo della folla di fedeli "resistenti", la coorte dei sacerdoti tradizionali, Mons. Lefebvre, Mons. De Castro Mayer, il vescovo che aveva conservato la liturgia tradizionale in un'intera diocesi.
 

Il Summorum Pontificum ha così cambiato l'uso del Messale tridentino da uno status di privilegio mal definito a quello di diritto. Da allora, in dieci anni, fino al 2017 – Paix Liturgique l'ha analizzato in dettaglio (Lettera n. 601, 16 luglio 2017) - il numero dei luoghi di culto tradizionali "autorizzati" è raddoppiato in tutto il mondo: negli Stati Uniti 480 luoghi di culto tradizionali nel 2017, contro i circa 230 del 2007; in Germania 153 contro 54; in Polonia 40 contro 5; in Inghilterra e Galles 147 luoghi di culto di forma straordinaria nel 2017 contro i 26 del 2007; in Francia 104 luoghi di culto tradizionali nel 2007, 221 nel 2017, più oltre 200 luoghi di culto della Società San Pio X.


Una forza irreprimibile.


Summorum Pontificum, che ha preso atto di una cosa inaudita nella storia, cioè che la nuova legge liturgica coesisteva con quella antica, si basava su una presa di posizione di Joseph Ratzinger, divenuto papa Benedetto XVI, che viene spiegata ne La mia vita (San Paolo edizioni, 1997), e che riteneva che questa riforma fosse discutibile perché era stata eccessivamente radicale e si era imposta con la violenza di cui ho appena parlato: "Una revisione del messale, scriveva, come spesso c'era stata, questa volta poteva essere più radicale, soprattutto a causa dell'introduzione delle lingue nazionali; ed era stata messa in atto con saggezza dal Concilio. Tuttavia, le cose sono andate oltre il previsto: il vecchio edificio è stato demolito e ne è stato costruito uno nuovo, anche se con un uso estensivo del materiale e dei progetti della vecchia costruzione”.
 

Ciò significa che oggi, un ritorno al passato, un ritorno a prima del Summorum Pontificum, è certamente ancora possibile, ma nella consapevolezza che implicherebbe necessariamente un ritorno a quella radicalità, a quella violenza fondante. Ora, qualunque cosa pensino gli ideologi di Sant'Anselmo, questo non è più possibile. Infatti lo "spirito del Concilio", come viene chiamato, si è esaurito mondanizzando la Chiesa e quindi dissolvendola: il cattolicesimo è diventato incruento, e oggi non si può immaginare il ricorso ad un'autorità abbastanza potente da soffocare la vita sacramentale di una minoranza, tanto più che tale autorità non era stata in grado di farlo dopo il Concilio, quando era incomparabilmente più forte. La quale minoranza, inoltre, è diventata, per propria forza e in proporzione, particolarmente attiva e, invero, nettamente impossibile da eradicare. 


Oltre alla Fraternità San Pio X, infatti, è nato un vero e proprio mondo tridentino. I relatori che seguiranno sono i rappresentanti di Inghilterra, America Latina e Africa. Per parlare solo della Francia - ma potremmo anche citare gli Stati Uniti - notiamo l'esistenza di una rete relativamente fitta di luoghi di messa domenicale e, soprattutto in Francia, di una rete di scuole private. A questo si aggiunge il continuo sviluppo degli istituti tradizionali, e anche l'emergere di un numero molto interessante di sacerdoti diocesani che celebrano la Messa tradizionale. Il pellegrinaggio a Chartres di Notre-Dame de Chrétienté, di cui sentiremo parlare più avanti, è l'espressione tangibile di questa eterna giovinezza del rito antico, che allo stesso tempo è anche un motore ascetico e spirituale di questo rinascimento tradizionale.
 

In Francia, con l'1% dei luoghi di culto, i fedeli di età media nettamente inferiore alla media, "producono", ogni anno, tra il 15 e il 20% delle ordinazioni di sacerdoti assimilabili ai preti diocesani. Per quanto riguarda le future possibilità di estensione, di cui sentiremo parlare questa sera al termine di questo incontro, esse possono essere valutate da una serie di sondaggi commissionati da Paix Liturgique in dieci anni, tra il 2006 e il 2016 (Onze sondages pour l’histoire, Les Dossiers d’OremusPaix liturgique, 2018).

Oso dire che quello che stiamo vivendo oggi e quello che potremmo vivere domani rappresentano gli ultimi soprassalti dello "spirito del Concilio" prima di... Prima di cosa? Prima della morte apparente della Chiesa, che esso avrà contribuito a fiaccare aprendola alla secolarizzazione massiccia della nostra società. In questo contesto di "fine del cattolicesimo", come dicono i sociologi della religione, fine apparente naturalmente, la liturgia tradizionale e tutto ciò che essa rappresenta, tutto ciò che l'accompagna, il Credo, il catechismo, le vocazioni, deve presentarsi come un rimedio, il che va da sé come lex orandi, ma abbiamo il dovere di ribadirlo molto di più all'interno della Chiesa contemporanea.

 

Ho accennato al questionario della Congregazione per la Dottrina della Fede ai vescovi del mondo. Le risposte dei vescovi non possono che confermare - e a dire il vero, il solo fatto che si sia ritenuto utile avviare questa indagine lo conferma già oggi - un fatto massiccio e osservabile: a cinquant'anni dalla riforma liturgica, e nonostante le apparenze di un divieto definitivo, il culto tradizionale, certamente minoritario, è ancora e più che mai parte del paesaggio della Chiesa. È lì, ovunque, e nella stessa Roma. Summorum Pontificum per i nemici della Messa tradizionale è una parentesi che deve essere chiusa. Per noi è una tappa su cui costruire. È nostro dovere contribuire a fare - oggi con le nostre forze deboli, domani con dei vescovi, un Papa, perché la Chiesa è solo gerarchica - che questa sorprendente e irriducibile vitalità della liturgia tridentina sia uno dei lieviti della rinascita della Chiesa.


1 commento:

  1. "[La liturgia tradizionale] rappresenta la lex orandi purissima della Chiesa romana".

    Confido che il p. Barthe abbia celebrato domenica scorsa la messa di S. Luca e non quella della domenica. Altrimenti non si tratta della lex orandi purissima della Chiesa romana, ma della lex orandi che ha vissuto tre anni dal 1962 al 1965.

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