Ma nessuno pensa alle responsabilità della Cina?
Dalle persecuzioni religiose al coronavirus?
Qualche porporato finalmente si muove.
Luigi
Il Myanmar confina con la Cina e ne dipende economicamente. Ma ciò non ha trattenuto l’arcivescovo della capitale Yangon, il cardinale Charles Maung Bo, dal criticare apertamente il potente vicino.
L’ha fatto con una dichiarazione resa pubblica con grande evidenza il 2 aprile sul sito web della sua arcidiocesi.
La dichiarazione è riprodotta integralmente qui sotto. È molto severa e dettagliata nel denunciare la colpevolezza del regime cinese nell’espandersi dell’epidemia di coronavirus, con l’effetto che “bugie e propaganda hanno messo in pericolo milioni di vite in tutto il mondo”.
Ma non risparmia dure critiche al regime di Pechino e al suo “onnipotente” despota Xi Jinping per la crescente repressione della libertà religiosa, con “la distruzione di migliaia di chiese e di croci e l'incarcerazione di almeno un milione di musulmani uiguri nei campi di concentramento”.
Papa Francesco ha fatto cardinale Bo nel 2015 e nell’autunno del 2017 si è recato in Myanmar. Nella conferenza stampa sull’aereo di ritorno a Roma si è espresso con parole molto amichevoli per la Cina, proprio mentre – ha fatto notare – era in corso a Pechino una seduta della commissione mista che avrebbe portato un anno dopo alla firma dell’accordo segreto con la Santa Sede.
Il problema da superare – disse il papa in quell’occasione – era “quella storia della Chiesa patriottica e della Chiesa clandestina”.
Cioè proprio quella porzione della Chiesa cinese che più drammaticamente soffre la repressione denunciata oggi con parole forti dal cardinale Bo.
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IL REGIME CINESE E LA SUA COLPEVOLEZZA MORALE PER IL CONTAGIO GLOBALE DA COVID
Dichiarazione del cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon, Myanmar
Venerdì scorso papa Francesco era di fronte a una piazza San Pietro vuota, parlando a milioni di persone in tutto il mondo che lo vedevano in tv e on line. La piazza era vuota ma ovunque i cuori sono pieni non solo di paura e dolore, ma anche di amore. Nella sua bella omelia Urbi et Orbi ci ha ricordato che la pandemia di coronavirus ha unito la nostra comune umanità. "Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme", ha detto.
Nessun angolo del mondo non è toccato da questa pandemia, nessuna vita non ne è scossa. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, finora quasi un milione di persone sono state contagiate e oltre 40.000 sono morte. Quando questo sarà finito, il bilancio globale delle vittime potrebbe essere di milioni.
Voci internazionali si levano contro l'atteggiamento negligente mostrato dalla Cina, in particolare dal suo dispotico Partito comunista cinese (PCC) guidato dal suo uomo forte XI [Jinping]. Il “London Telegraph” del 29 marzo 2020 ha dato notizia che il ministro della sanità britannico ha accusato la Cina di nascondere la vera dimensione del coronavirus. Con sgomento ha segnalato la riapertura dei mercati “umidi” che sono stati identificati come la causa della diffusione del virus. James Kraska, stimato professore di diritto, scrivendo sull'ultimo numero di “War on the Rocks” afferma che la Cina è legalmente responsabile per il Covid-19 e le cause per i danni potrebbero ammontare a trilioni di dollari (“War on the Rocks”, 23 marzo 2020).
Un modello epidemiologico presso l'Università di Southampton ha scoperto che se la Cina avesse agito in modo responsabile, con più rapidità, una, due o tre settimane prima, il numero dei colpiti dal virus sarebbe stato ridotto rispettivamente del 66 per cento, dell'86 per cento e del 95 per cento Il suo fallimento ha scatenato un contagio globale che uccide migliaia di persone.
Nel mio paese, il Myanmar, siamo estremamente vulnerabili. Al confine con la Cina, da cui è partito il Covid-19, siamo una nazione povera, senza le risorse sanitarie e di assistenza sociale di cui dispongono le nazioni più sviluppate. Centinaia di migliaia di persone in Myanmar sono sfollate a causa di conflitti, vivono in campi all’interno del paese o lungo i confini senza adeguati servizi igienici, medicinali o cure. In campi così sovraffollati è impossibile applicare le misure di “distanziamento sociale" attuate da molti paesi. Se i sistemi sanitari nei paesi più avanzati del mondo sono sopraffatti, si possono immaginare i pericoli in un paese povero e pieno di conflitti come il Myanmar.
Mentre rileviamo il danno arrecato alle vite di tutto il mondo, dobbiamo chiederci: chi è il responsabile? Ovviamente si possono criticare le autorità ovunque. Molti governi sono accusati d’aver mancato di prepararsi quando hanno visto emergere il coronavirus a Wuhan.
Ma c'è un governo che ha la responsabilità primaria, a motivo di ciò che ha fatto e di ciò che ha mancato di fare, e questo è il regime del Partito comunista cinese a Pechino. Vorrei essere chiaro: è il PCC a essere responsabile, non il popolo della Cina, e nessuno dovrebbe rispondere a questa crisi con odio razziale nei confronti dei cinesi. In effetti, è stato il popolo cinese la prima vittima di questo virus, così come è da tempo la principale vittima di quel suo regime repressivo. Merita la nostra simpatia, la nostra solidarietà e il nostro sostegno. Ma sono la repressione, le bugie e la corruzione del PCC a essere responsabili.
Quando il virus è emerso per la prima volta, le autorità cinesi hanno soppresso la notizia. Invece di proteggere il pubblico e sostenere i medici, il PCC ha messo il bavaglio a chi informava. Peggio ancora, ai medici che hanno cercato di far scattare l'allarme – come il dottor Li Wenliang dell'ospedale centrale di Wuhan che ha avvertito i colleghi medici il 30 dicembre – è stato ordinato dalla polizia di “finirla di emettere falsi commenti". Al dottor Li, un oculista di 34 anni, è stato detto che sarebbe stato indagato per "diffusione di voci" ed è stato costretto dalla polizia a firmare una confessione. In seguito è morto dopo aver contratto il coronavirus.
I giovani giornalisti della città che hanno cercato di fare inchieste sul virus sono scomparsi. Li Zehua, Chen Qiushi e Fang Bin sono tra quelli che si ritiene siano stati arrestati semplicemente per aver detto la verità. Anche lo specialista di diritto Xu Zhiyong è stato arrestato dopo aver pubblicato una lettera aperta che criticava la risposta del regime cinese.
Una volta che la verità è divenuta nota, il PCC ha respinto le offerte iniziali di aiuto. Il Centro americano per il controllo e la prevenzione delle malattie è stato ignorato da Pechino per oltre un mese e persino l'Organizzazione mondiale della sanità, sebbene collabori strettamente con il regime cinese, è stata inizialmente tenuta da parte.
Oltre tutto, c’è la profonda preoccupazione che le statistiche ufficiali del regime cinese minimizzino in modo significativo la portata dell'infezione all'interno della Cina. Intanto, il PCC ha accusato l'esercito degli Stati Uniti d’aver provocato la pandemia. Bugie e propaganda hanno messo in pericolo milioni di vite in tutto il mondo.
La condotta del PCC è sintomatica della sua natura sempre più repressiva. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un'intensa repressione della libertà di espressione in Cina. Avvocati, blogger, dissidenti e attivisti della società civile sono stati rastrellati e sono scomparsi. In particolare, il regime ha lanciato una campagna contro la religione, che ha comportato la distruzione di migliaia di chiese e di croci e l'incarcerazione di almeno un milione di musulmani uiguri nei campi di concentramento. Un tribunale indipendente a Londra, presieduto da Sir Geoffrey Nice QC, lo stesso che ha processato Slobodan Milosevic, accusa il PCC di estrazione forzata di organi da obiettori di coscienza in prigione. E Hong Kong – una volta una delle città più aperte dell'Asia – ha visto drasticamente erose le sue libertà, i diritti umani e lo stato di diritto.
Tramite la sua gestione disumana e irresponsabile del coronavirus, il PCC ha dimostrato ciò che molti pensavano in precedenza: che è una minaccia per il mondo. La Cina come paese è una grande e antica civiltà che ha tanto contribuito al mondo nel corso della storia, ma questo regime è responsabile, con le sue criminali negligenze e repressioni, della pandemia che oggi invade le nostre strade.
Non il popolo cinese, ma il suo regime guidato dall’onnipotente XI e dal PCC deve a noi tutte le scuse, e il risarcimento per la distruzione che ha causato. Come minimo dovrebbe cancellare i debiti di altri paesi, per coprire il costo di Covid-19. Per il bene della nostra comune umanità, non dobbiamo avere paura di chiamare questo regime a rispondere. I cristiani credono, con le parole dell'apostolo Paolo [lapsus: non Paolo ma Giovanni 8,32 - ndr] , che "la verità vi farà liberi”. Verità e libertà sono i due pilastri su cui tutte le nostre nazioni devono costruire basi più sicure e più forti.
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Sulla "vulnerabilità" del Myanmar alla pandemia:
E sulla sorte dei cinesi che criticano "le bugie" del regime: