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domenica 24 novembre 2019

George Weigel: la “sinodalità” mascherata


Ringraziamo Sabino Paciolla per l'utile traduzione.
Luigi

Novembre  2019
A proposito della sinodalità, George Weigel, biografo e amico di Papa San Giovanni Paolo II, ha qualcosa da dire. E lo dice fuori dai denti in questo suo articolo pubblicato su First Thing, che vi propongo nella mia traduzione.

Durante il Sinodo dei vescovi del 2001, il cardinale Francis George di Chicago, che nel corso degli anni aveva sofferto a causa di molti discorsi sinodali e discussioni in piccoli gruppi, fece un’osservazione incisiva: “Gesù Cristo non voleva che la sua Chiesa fosse governata da una commissione”.
Infatti. 

I meccanismi di consultazione che esistono nella Chiesa – dai consigli parrocchiali ai consigli diocesani al Sinodo dei Vescovi – esistono per rafforzare il governo della Chiesa da parte dei suoi pastori: i sacerdoti nelle loro parrocchie, i vescovi nelle loro diocesi, il vescovo di Roma dal punto di vista della Chiesa universale. I Sinodi del 2014, 2015, 2018 e 2019, tuttavia, suggeriscono che il modello di commissione deplorato dal cardinale George si sia trasformato in qualcosa di probabilmente ancora peggiore: il modello della messinscena, in cui un “processo sinodale” del “camminare insieme” fornisce una copertura per effettuare seri cambiamenti nella auto-comprensione cattolica e nella pratica, per i quali non esiste un mandato dottrinale, teologico o pastorale.

Nel Rapporto finale del recente Sinodo amazzonico, questo modello di finzione è descritto con un linguaggio pieno di cliché: 

Per camminare insieme, la Chiesa di oggi ha bisogno di una conversione all’esperienza sinodale. È necessario rafforzare una cultura del dialogo, dell’ascolto reciproco, del discernimento spirituale, del consenso e della comunione per trovare spazi e modalità di decisione comune e rispondere alle sfide pastorali. Ciò favorirà la corresponsabilità nella vita della Chiesa in uno spirito di servizio. È urgente lavorare, proporre e assumere le responsabilità per superare il clericalismo e le imposizioni arbitrarie. La sinodalità è una dimensione costitutiva della Chiesa. Non si può essere Chiesa senza riconoscere l’esercizio effettivo del sensus fidei dell’intero Popolo di Dio.

Lasciando da parte la questione di come si potrebbe misurare un “senso effettivo…… dei fedeli” che coinvolge 1,2 miliardi di cattolici, tanto meno “esercitato”, cosa significa questa cosa incomprensibile? Le confusioni su quel fronte sono state amplificate da un celebrante di spicco del culto della sinodalità, la cui prosa analizza ma la cui comprensione della realtà dei sinodi recenti sembra carente. Così Massimo Faggioli di Villanova, scrivendo su La Croix International, ha recentemente fatto diverse affermazioni sulla sinodalità, nessuna delle quali regge a quello che i tribunali chiamerebbero “severo scrutinio” da parte di coloro che sono effettivamente presenti a Roma durante i recenti sinodi:

“. . . Francesco ha trasformato i sinodi in eventi reali”. Stupidaggini. I sinodi guidati dal cardinale Lorenzo Baldisseri, scelto dal Santo Padre come segretario generale del Sinodo dei vescovi, sono stati orchestrati almeno quanto i loro predecessori. E dopo che il Segretariato generale del Sinodo-2014 ha subìto una forte opposizione per la manipolazione del Sinodo-2014 da parte del Segretariato generale del Sinodo, si è prestata attenzione ai sinodi del 2015 e del 2018, e al recente Sinodo regionale amazzonico, al fine di evitare che le voci potenzialmente di disturbo dei piani dei manager dei sinodi fossero in primo piano tra gli invitati.

“Essi [i recenti sinodi] sono stati preceduti da una seria consultazione dei fedeli a livello locale”. Davvero? Può lei, gentile lettore, nominare qualcuno nella sua cerchia di amici cattolici che è stato seriamente consultato sui temi dei sinodi del 2014 e del 2015 (la natura del matrimonio e della disciplina sacramentale)? I responsabili di alcuni dei ministeri giovanili di maggior successo dal punto di vista evangelico negli Stati Uniti sono stati notevolmente assenti dai preparativi per il Sinodo-2018. Secondo alcuni spin-doctors del Sinodo amazzonico, 87.000 persone sono state consultate prima dello sviluppo del documento di lavoro del Sinodo. Ma come può una Chiesa locale, che è incapace di dirci quanti cattolici ci sono in Amazzonia, contare in modo credibile il numero esatto di persone “consultate” (tanto meno dirci quanto ben catechizzate sono quelle persone)? E com’è stato che 87mila amazzonici hanno parlato con accenti cattolici tedeschi progressisti, sottolineando “questioni” che possono essere agitate nella Biergärten di Monaco di Baviera ma che sembrano un po’ lontane dalle sfide pastorali reali della foresta pluviale brasiliana?

“Gli incontri sinodali attuali….. a Roma hanno manifestato una vera libertà di espressione”. Questo, ne sono certo, sarebbe una novità per i vescovi africani messi in guardia contro la consorteria con i vescovi americani al Sinodo-2018, così come lo sarebbe per i membri dei comitati di redazione della relazione finale al Sinodo-2015 e al Sinodo-2018, che si sono lamentati della manipolazione del processo da parte del segretariato generale del Sinodo.

Una seria consultazione e collaborazione sono essenziali per una leadership pastorale efficace, compresa la leadership del Vescovo di Roma. Ma negli oltre 50 anni della sua esistenza, nessuno ha capito come far funzionare veramente il Sinodo dei Vescovi. La propaganda sulla “sinodalità” che funge da copertura retorica per l’imposizione dell’agenda cattolica progressista su tutta la Chiesa non è un miglioramento di quanto avvenuto in precedenza; è una finzione, dietro la quale c’è un’agenda.