Stamattina Mil ha descritto l'ennesima pazzia presinodale (QUI) in cui era presente anche il S. Padre.
Pregando e digiunando per impetrare che lo Spirito Santo vegli sulla chiesa, alleghiamo una serie di articoli sull'argomento (Stefano Fontana, Brandmuller, Tosatti, Sinod Watch).
Da leggere anche QUI e QUI Magister.
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Sinodo sull’Amazzonia: gli articoli di Stefano Fontana.
Newsletter n.1030 | 2019-10-05
Segnaliamo qui di seguito alcuni articoli scritti dal nostro Direttore a proposito del prossimo Sinodo sull’Amazzonia, convocato a Roma dal 6 al 27 ottobre 2019.
Sinodo, storia vs tradizione: chi ha paura di uno scisma?
Sinodo: due quadri teologici in lotta
Ma gli indigeni amazzonici sono già salvi?
Per capire il sinodo leggete il Cardinale Siri
Amazzonia: Ratzinger e Rahner a confronto
Il neocolonialismo europeo al Sinodo dell’Amazzonia
Bloch, padre del paradigma amazzonico
Boff e il panteismo
La Caritas in veritate critica il sinodo sull’Amazzonia
Il sinodo sull’Amazzonia bypassa Benedetto XVI
Sinodi manipolati per costruire la nuova Chiesa
Vescovi: rigettate quel documento
Il prossimo sinodo sull’Amazzonia e la Dottrina sociale della Chiesa
Prepariamoci anche all’animismo cattolico
Get Ready for “Catholic Animism” as Well
Sinodo sull’Amazzonia: si comincia male
Amazon synod: off to a bad start
Non è un mistero che dietro e oltre il sinodo dell’Amazzonia, ormai alle porte, si profila un altro “cammino sinodale” molto più di rottura, quello della Germania.
Talmente di rottura che l’arcivescovo di Colonia, il cardinale Rainer Maria Woelki, non ha escluso che possa approdare a uno “scisma” dentro la stessa Chiesa di Germania, con la nascita di una “Chiesa nazionale tedesca” con forte autonomia da Roma.
In effetti, se si guarda alla sua storia, la Chiesa di Germania si è spesso distinta per il suo “complesso antiromano”. Che oggi ha ripreso vigore e che i vertici della conferenza episcopale tedesca, in testa l’arcivescovo di Monaco cardinale Reinhard Marx, vorrebbero estendere alla Chiesa universale.
Il cardinale Walter Brandmüller, 90 anni, anche lui tedesco, illustre storico della Chiesa e presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche dal 1998 al 2009, ha voluto appunto ricostruire la storia di questo “particolarismo nazionale” tipico della Chiesa tedesca, per denunciarne il pericolo “autodistruttivo”.
Brandmüller ha pubblicato questa sua graffiante lezione sull’agenzia cattolica austriaca Kath.Net:
E questa che segue è la sua traduzione integrale.
*
“LA CATTEDRALE DELLA GERMANIA LA COSTRUIREMO SENZA GIUDA E SENZA ROMA”
di Walter Brandmüller
“Ohne Juda, ohne Rom, bauen wir Germaniens Dom” [La cattedrale della Germania la costruiremo senza Giuda e senza Roma]: questo slogan del primo ispiratore di Hitler, Georg von Schönerer (1842-1921), esprime un risentimento tedesco che, in origine, ebbe espressione nella battaglia della foresta di Teutoburgo. La sconfitta di Roma in quella "Hermannsschlacht” del 9 d.C. è stata almeno negli ultimi duecento anni una parte essenziale della "teutonica" cultura del ricordo.
Non sorprende quindi che da lì cada una strana luce sul rapporto dei cattolici tedeschi con "Roma”: dai "Gravamina Nationis Germanicae" contro la "Roma" dei primi del XVI secolo fino ad oggi.
Se esploriamo questo sentimento, ne troveremo tracce all'inizio del XIX secolo. C’era chi accusava Roma d’esser stata lei la colpevole del declino della "Chiesa imperiale”, perché non si era mossa affatto per salvare i secolari principi-vescovi e le abbazie imperiali quando il Sacro Romano Impero crollò: con una leggendaria pugnalata alla schiena “ante litteram”.
Fu proprio in questo contesto – il congresso di Vienna era in pieno svolgimento – che l'amministratore diocesano di Costanza Ignaz Henrich von Wessenberg sviluppò l'idea di una Chiesa nazionale tedesca. E pensò che una ricostruzione dalle macerie doveva anche superare la divisione confessionale e assicurare la pace tra Stato e Chiesa.
Su questa base, quindi, doveva essere costruita anche l'unità politica della nazione. Naturalmente, Wessenberg era molto lontano dalla realtà quando pensava che una simile Chiesa nazionale sarebbe stata ancora cattolica. In ogni caso, propose un concordato con la Santa Sede. L’esempio di Napoleone avrebbe potuto dargli ispirazione, perché l’idea di Wessenberg era che un primate tedesco avrebbe guidato una Chiesa tedesca con un legame allentato con il centro romano... Tuttavia, queste idee rimasero semplici idee.
Certo, queste idee occupavano ancora le menti, quando riebbero vita con l’affiorare di un nuovo senso di nazionalità tedesca attorno all'anno rivoluzionario del 1848, quando ebbe luogo l'Assemblea nazionale di Francoforte, nella “Paulskirche".
Fu il professor Ignaz von Döllinger – che era già ritenuto molto autorevole all'età di 50 anni – a dire, con uno spunto di consapevolezza del problema: “La maggior parte dei cattolici che, nella loro valorizzazione della nazionalità tedesca, hanno invocato una Chiesa nazionale, non sono entrati affatto in contraddizione con la Chiesa cattolica”. Tuttavia, questo storico della Chiesa di Monaco trascurava la comparsa a modo di meteora del “cattolicesimo tedesco ”– o forse l'ha intenzionalmente ignorato? – che all'epoca movimentava il panorama religioso.
Ci furono due sacerdoti – Ronge e Czersky – che erano discordi in materia di fede e riguardo al celibato ma che arrivarono a fondare, in segno di protesta contro il "Pellegrinaggio alla Sindone" a Treviri nell'anno 1844, la loro “Chiesa cattolica tedesca”, che trovò un notevole consenso nel nord e nell'ovest dell'Impero.
“Ah! Sto tremando per ciò a cui siamo già così vicini! Ma ora è finita. Il grande successo è arrivato, i progressi di questo secolo sono stati assicurati. Il genio della Germania sta già aggiudicandosi la corona di alloro e Roma deve cadere!”. Così parlò Johannes Ronge.
Ma non è stata Roma a cadere. Attorno al 1860 nessuno parlava più di lui. Il fatto che avesse avuto un certo successo con questa sua idea non era solo dovuto alla persistente influenza dell'Illuminismo. Era il sentimento nazionale che stava emergendo nell'era romantica, con la sua ammirazione per il Medioevo, che metteva anche in evidenza la rottura dell’unità religiosa in Germania. Riacquistare quell'unità sembrava quindi essere un obiettivo degno: una la nazione tedesca, una la Chiesa nazionale tedesca.
Queste idee rimasero vive qua e là, fino a quando il “Kulturkampf” di Bismarck non creò una situazione completamente nuova. Lo Stato secondo la visione di Hegel non poteva incorporare l'"elemento alieno, la Chiesa cattolica" e quindi fece uso della forza. In questa situazione che minacciava la vita del cattolicesimo tedesco – vescovi furono imprigionati o espulsi, centinaia di sacerdoti furono rimossi dai loro uffici e anche imprigionati – i cattolici tedeschi si radunarono unanimemente attorno a Roma, attorno al papa, mentre quei cattolici che erano troppo fedeli allo Stato finirono presto per trovare la loro "chiesa" nella [scismatica] Vecchia Chiesa Cattolica.
Ebbene, questo ultramontanismo – i cui promotori sottolineavano sempre l'universalità della Chiesa e la sua indipendenza dallo Stato, respingendo chiaramente ogni forma di nazionalismo, e in particolare il militarismo prussiano – ha portato i suoi frutti: un impressionante rilancio della pietà popolare, una grande lealtà per la fede cattolica, per i vescovi e per l’amatissimo papa, che era Pio IX.
Per dirla in breve: la consapevolezza di far parte della Chiesa di Gesù Cristo che ha coperto il mondo intero non dava spazio alcuno a un pensiero nazional-ecclesiale.
Tuttavia, si è verificata una ricaduta – con gravi conseguenze per la teologia tedesca – che può essere vista nella condotta di alcuni vescovi tedeschi e intellettuali cattolici nella crisi del modernismo all’inizio del XX secolo. La filosofia dell'idealismo tedesco – che è imperniata sulla coscienza umana – e la sua connessione con le teorie dell’evoluzione avevano portato al risultato di considerare la religione come un prodotto della profondità dell'animo umano che si sviluppa da uno stadio al successivo livello superiore nel corso dell'evoluzione, e quindi che la religione è soggetta a cambiamenti. Dal punto di vista odierno si potrebbero giudicare troppo rigidi alcuni degli interventi da parte di "Roma" in quegli anni, ma non si può mettere in dubbio il pericolo di quelle idee - che da allora si riassumono appunto con il nome di “modernismo" – che stavano davvero minando le basi della fede.
Il fatto che in questa situazione Pio X abbia tirato il freno di emergenza chiedendo agli insegnanti di teologia di fare il giuramento contro il modernismo, non dovrebbe essere sminuito o ridicolizzato come espressione di "allarmismo romano". Può invece stupirci che, tra tutti, proprio i teologi tedeschi fossero esenti dall’ottemperare a questa richiesta, perché temevano per la loro libertà nell'insegnamento e nella ricerca, la cui perdita li avrebbe esposti al disprezzo del mondo accademico.
Si ebbe così un “Sonderweg” (un percorso separato) tedesco. Che un dibattito sostanziale sul modernismo, all’interno della teologia tedesca, mai abbia avuto luogo in gran parte fu dovuto allo scoppio della prima guerra mondiale e, sulla sua scia, al "Terzo Reich" e alla vittoria del nazionalsocialismo. Dopo la catastrofe e la ricostruzione della Germania, e in vista del Concilio Vaticano II, tuttavia, il problema del modernismo è riemerso con una nuova intensità.
Si è tentati di pensare che, con l'annuncio del Concilio, Giovanni XXIII abbia aperto il "vaso di Pandora" tedesco. Ciò che aveva continuato a bruciare sotto la coperta dalla crisi irrisolta del modernismo, in quel momento è eruttato visibilmente, rumorosamente e con nuova veemenza. Il congresso cattolico tedesco dell'anno cruciale del 1968 divenne il palcoscenico di proteste rabbiose e volgari contro l'enciclica “Humanae vitae” di Paolo VI, il cui carattere profetico è oggi sempre più riconosciuto.
Nello stesso anno, la conferenza episcopale tedesca cercò di calmare le acque relativizzando il divieto dell'enciclica della contraccezione artificiale. Ciò ebbe in superficie un certo successo. Il cardinale Döpfner, presidente della conferenza episcopale della Germania occidentale, non trasmise ai destinatari – ma se ne appropriò indebitamente – alcune lettere del cardinale Bengsch che, a nome dei vescovi della Repubblica Democratica Tedesca, cioè della Germania orientale, chiedeva di sostenere l'enciclica. Un atto incredibile!
Si arrivò così alla "Dichiarazione di Königstein", che lasciò alla decisione di coscienza dei coniugi se usare o no mezzi o pratiche contraccettive. Nessuno dei papi successivi riuscì a ottenere che le decisioni [dei vescovi tedeschi] dell'epoca fossero rettificate. L'episcopato tedesco rimase fermo contro il magistero pontificio.
In questa atmosfera anti-romana, presto si distinse il "Sinodo comune delle diocesi tedesche” degli anni 1971-1975. Esso ruppe chiaramente con la tradizione sinodale della Chiesa, sia con i suoi statuti che con la sua agenda, perché dava uguali diritti di voto ai laici, che nel sinodo avevano lo stesso numero di membri dei vescovi e dei sacerdoti. Con questa decisione, i conflitti divennero inevitabili. Qui basti ricordare i dibattiti sull'omelia affidata ai laici. Il professor Joseph Ratzinger e il prelato Karl Forster – che all'epoca era il segretario della conferenza episcopale – lasciarono il sinodo per protesta.
Infine, potremmo ricordare la dichiarazione di Colonia del 1989: “Contro la privazione del diritto di decidere: per una cattolicità aperta”, firmata da 200 teologi. In primo luogo era una protesta contro la nomina del cardinale Meisner ad arcivescovo di Colonia, ma poi si scagliava contro il magistero "di Roma" in quanto tale.
Giovanni Paolo II si scontrò con una resistenza ancora più forte quando proibì ai centri di consulenza della Chiesa per le donne in gravidanza di rilasciare il "certificato di consulenza”, che era per legge un prerequisito per un aborto legale, e quindi di fatto una condanna a morte per dei bambini non ancora nati.
Oggi pare quasi incredibile che vi sia stata una opposizione [a Roma] così forte e insistente da parte della maggior parte dei vescovi tedeschi, in particolare del cardinale Lehmann e del vescovo Kamphaus. Solo dall'anno 2000 in poi si decise di obbedire al papa. Tuttavia, è proseguita una opposizione che ha portato alla creazione dell'associazione “Donum Vitae” – un nome veramente cinico – che ha continuato a rilasciare i certificati di consulenza.
Se poi si aggiunge il Referendum sulla Chiesa e la formazione di gruppi di protesta come “Noi siamo Chiesa”, nonché la degenerazione delle organizzazioni cattoliche precedentemente fedeli – per non dire delle infiltrazioni marxiste nell’Associazione della gioventù cattolica tedesca – allora si può vedere quanto sia estesa la dinamica centrifuga, col cui aiuto il "nazionalismo cattolico" (che "contradictio in terminis”!) si è allontanato dopo la seconda guerra mondiale dalla Roma di Pio XII. Quella Roma che nel 1945 fu l’unica autorità internazionale che tese la mano alla Germania distrutta, appena rientrata nella comunità delle nazioni libere.
Oggi, invece, la "Chiesa tedesca" – la conferenza episcopale tedesca – cerca di influenzare la Chiesa universale. Quindi una volta di più tornano attuali i versi della poesia “La vocazione della Germania” di Emanuel Geibel del 1861: “Allora invano getta le sue reti il pescatore da Roma... e il mondo potrebbe essere risanato dallo spirito tedesco”. Si può portare ad esempio la lettera di risposta del presidente della conferenza episcopale tedesca al cardinale Ouellet del 12 settembre 2019.
Tale pretesa, naturalmente, da molto tempo non è più giustificata da brillanti risultati della teologia tedesca. Oggi mancano, salvo rare rimarchevoli eccezioni, grandi nomi come ne esistevano all'epoca del Concilio Vaticano II, quando fornivano la base per l’alta considerazione internazionale della teologia tedesca. Il cattolicesimo tedesco è oggi molto meno caratterizzato da vitalità religiosa, poiché le statistiche della Chiesa mostrano un costante declino per quanto riguarda la frequenza alla chiesa, il ricorso ai sacramenti, le vocazioni sacerdotali e così via.
Nello stesso tempo, è piuttosto l'abbondanza di denaro che fluisce dai proventi fiscali della Chiesa tedesca alle regioni più povere della Chiesa universale a porre le basi per l'influenza tedesca. Ciò rende ancora più imbarazzante l’arroganza con cui i rappresentanti del cattolicesimo tedesco si presentano come maestri di scuola della Chiesa universale.
Non può essere ignorato che la Chiesa nazionale tedesca appare sempre più ridotta a un fantasma. Già a metà del XIX secolo alcuni sognavano un concilio nazionale che – questo era già allora il pensiero – avrebbe creato l'unità della nazione a livello religioso. Ma anche se tali idee rimanessero semplici sogni, il ripiegamento nazionale di ciò che resta del cattolicesimo tedesco in una Chiesa nazionale senza quasi alcun legame con Roma sarebbe sicuramente il percorso più sicuro verso il declino finale.
Ci si può solo chiedere che cosa rimane di tutto ciò che è “Chiesa", quando la nazione, lo Stato, è il vero elemento di strutturazione e il punto di riferimento per la Chiesa.
In Scandinavia ci sono oggi Chiese di Stato che hanno abbandonato da tempo il Credo apostolico. Nella Chiesa d'Inghilterra la regina è il capo della Chiesa e il “primo ministro" nomina i vescovi. Qualcuno coltiva il suo rituale altamente estetico e ciascuno crede a ciò che vuole. Un legame altrettanto stretto con lo Stato può essere visto nelle Chiese "autocefale" nelle aree della cultura bizantina.
Tuttavia, riguardo a questi o a simili modelli di “Chiese", si deve tener presente il semplice fatto che Gesù Cristo parla della sua Chiesa al singolare. Il suo apostolo Paolo, che definisce la Chiesa il Corpo di Cristo – ovviamente unico –, fece lo stesso.
È dunque quasi assurdo che, in un momento in cui il mondo intero parla di globalismo, trovi posto all'interno della Chiesa un particolarismo nazionale autodistruttivo. Il tentativo di avere un "Sonderweg" tedesco deve ora essere visto anche alla luce di tali riflessioni.
1 ottobre 2019
1 Ottobre 2019
Marco Tosatti
Cari Stilumcuriali, il Sinodo sull’Amazzonia è ormai alle porte; e più di una voce autorevole si è levata nelle settimane passate per sottolineare pericoli e insidie per la fede che potrebbero nascere da questo sinodo. In particolare è stato criticato in molte maniere diverse il documento preparatorio, l’Instrumentum Laboris.
Abbiamo ricevuto nei giorni scorsi da fonti attendibili un documento preparato da teologi, cardinali e vescovi, (un gruppo di lavoro che si definisce “Coetus Internationalis Patrum”) e appoggiato da molti altri, compresi fedeli laici, che ha isolato quattro punti specifici del Documento Preparatorio che per la loro gravità paiono contraddire la fede e il Magistero. Le possiamo definire le quattro tesi (eretiche) dell’Amazzonia.
La situazione attuale della Chiesa, la mancanza di trasparenza, dialogo reale e democrazia, fa sì che non pubblichiamo i nomi delle persone che hanno lavorato su queste tesi, né di quelle che lo appoggiano. Non vogliamo esporle a punizioni, epurazioni e vendette di nessun genere da parte del regime.
Ecco il documento.
§§§
Al Papa e ai Padri sinodali
Noi, numerosissimi prelati, sacerdoti e fedeli cattolici di tutto il mondo, facciamo presente che l’Instrumentum Laboris preparato per la prossima assemblea del Sinodo pone seri interrogativi e desta gravissime riserve, per la sua contraddizione sia con singoli punti della dottrina cattolica sempre insegnata dalla Chiesa, sia con la fede nel Signore Gesù, unico Salvatore di tutti gli uomini. Ne abbiamo tratto, secondo il metodo classico, quattro proposizioni in forma di “tesi”, riportando i termini del documento. In coscienza e con molta franchezza, l’insegnamento che essi trasmettono è inaccettabile.
La diversità amazzonica, soprattutto religiosa, evoca una nuova Pentecoste (IL 30):rispettarla è riconoscere che ci sono altri cammini di salvezza, senza riservarli esclusivamente alla propria fede. Gruppi cristiani non cattolici insegnano, d’altronde, altre modalità di essere Chiesa, senza censure, senza dogmatismi, senza discipline rituali, forme ecclesiali (IL 138), di cui la Chiesa cattolica dovrebbe integrare alcune. È distruttivo dello stesso credo riservare la salvezza esclusivamente al proprio credo (IL 39).
Particolarmente scandaloso è il n. 39, dove si afferma che è «distruttivo dello stesso credo» «riservare la salvezza esclusivamente al proprio credo».
Contro, tra altri: Dominus Jesus, 14 e 16.
L’insegnamento della teologia pan-amazzonica, che tenga conto specialmente dei miti, dei riti e celebrazioni delle culture d’origine, è richiesto in tutte le istituzioni educative (IL 98 c 3).I riti e le celebrazioni non cristiane vengono proposti come «essenziali per la salvezza salute integrale» (IL 87) e si chiede di «adattare il rito eucaristico alle loro culture» (IL 126 d). Sui riti: IL 87, 126.
Contro: Dominus Jesus 21.
Tra i luoghi teologici (cioè tra le fonti della teologia, come la Sacra Scrittura, i Concili, i Padri) si trovano il territorio [dell’Amazzonia] e il grido dei suoi popoli (IL 18, 19, 94, 98 c 3, 98 d 2, 144).
Contro: Dei Verbum 4, 7, 10.
Viene suggerito di conferire l’ordinazione a persone anziane, che abbiano famiglia, e di conferire “ministeri ufficiali” a delle donne. Si propone così una nuova visione dell’ordine che non proviene dalla Rivelazione, ma dagli usi culturali dei popoli amazzonici (che prevedono, tra l’altro un’autorità a rotazione). Si dovrebbe allora fare una separazione tra il sacerdozio e il munus regendi. (IL 129 a 2, 129 a 3, 129 c 2). La separazione tra il sacerdozio e il munus regendi va minando le basi eucaristiche del ministero dell’autorità nella Chiesa.
Contro: Lumen gentium 21, Presbyterorum ordinis 13, Pastores dabo vobis 26; ed inoltre contro: Sacerdotalis cælibatus integre e spec. 21 e 26, Ordinatio sacerdotalis 1, 3 e 4; Pastores dabo vobis 29.
- Editoriale/Brasile: cresce la reazione contro il Sinodo amazzonico – Julio Loredo
Cresce il numero dei brasiliani preoccupati con le possibili derive del Sinodo Panamazzonico. Come un’onda d’urto profonda e possente, questa reazione si è riversata sui social e sui giornali, coinvolgendo un numero sempre crescente di persone. Innervosita da tale reazione, la Conferenza episcopale brasiliana ha emanato un comunicato e lanciato una vasta campagna pubblicitaria intitolata “Io appoggio il Sinodo – Io appoggio il Papa”. La reazione dei cattolici, però, non è stata quella sperata dai presuli…
- Vescovo missionario in Amazzonia torna sulle gravi omissioni dell’Instrumentum Laboris
Dopo la denuncia del Cardinale venezuelano Jorge Urosa, arriva ora quella di un missionario con una lunga esperienza di quasi 30 anni in Amazzonia, il vescovo emerito di Marajó, lo spagnolo mons. José Luis Azcona Hermoso, che fa una critica molto severa sui peccati che gli indigeni compiono e che vengono silenziati, se non esaltati, dai documenti preparatori dell’imminente Sinodo. Non un dettaglio trascurabile ma qualcosa che ha “conseguenze irreparabili per la fede cristiana, per la Chiesa, i sacramenti e l’evangelizzazione”.