Parole dure ma sensate di don Nicola Bux.
Ogni riferimento all'Istituto Giovanni Paolo II NON è casuale (ma gli esempi sono tanti).
La new wave di chi comanda oggi nella Chiesa "pastoralizza la dottrina e dogmatizza la pastorale".
Anche in Corea del Nord fanno così.
Luigi
Marco Tosatti, 7-8-19
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Stilum Curiae è onorato e lietissimo di pubblicare una lettera che ci ha inviato don Nicola Bux, sul quanto sta avvenendo nell’Istituto Giovanni Paolo II, e più in generale nella Chiesa. Credo che si tratti di una testimonianza non solo interessante, ma profondamente e dolorosamente lucida, che fotografa in maniera impietosa i modelli di azione e di pensiero di quella che è divenuta mai come prima una specie di Corte totalitaria. Buona lettura.
Gentile Direttore,
sull’ultima vicenda dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul Matrimonio e la Famiglia, è il caso di evidenziare l’arretramento avvenuto nella Chiesa, a confronto col Medioevo, nel quale si facevano le dispute teologiche tra francescani e domenicani, sulla base di chi aveva più argomenti per vincere. Siamo arrivati ai metodi staliniani con i guanti gialli. Non c’è più confronto, disputa, nella Chiesa. Se non la pensi come il capo, sei individuato, catalogato ed escluso. E’ l’effetto nefasto dell’ideologia del dialogo, che va bene finché la pensi come chi lo predica.
A conferma, poi, del pluralismo e della sinodalità, ecco il licenziamento di professori ordinari che vengono privati per ragioni ideologiche della loro cattedra.
Cosa succederebbe in qualsiasi altra università se si facesse questo?
Quale prestigio accademico resterà al Giovanni Paolo II? (la domanda non è solo se continuerà ad essere un’istituzione universitaria ispirata da Giovanni Paolo II, ma se continuerà ad essere un’istituzione universitaria).
Tutto questo pesa in maniera singolare sul preside, in quanto uomo dell’Accademia che presiede quest’operazione: certamente non ha agito ex sese ma dietro ordine superiore.
In modo brutale o con motivazioni inconsistenti, sta avvenendo altrettanto nei Seminari, nelle Facoltà, nelle Congregazioni e nei Dicasteri romani.
Il paradosso è che si propaganda il dialogo ecumenico e interreligioso all’esterno, mentre si afferma la dittatura del pensiero unico all’interno.
Molti si chiedono – sempre in nome della sinodalità e del pluralismo – :non si dovrebbe promuovere il confronto tra tutti i battezzati, in specie tra tutte le categorie di teologi? Un confronto che abbia come riferimento il pensiero cattolico, secondo la massima di S.Vincenzo di Lerins:”quello che sempre, dovunque e da tutti è stato creduto”?
Forse sta venendo il tempo in cui ci si deve alzare in piedi e muovere verso san Pietro, da ogni parte del mondo, per denunciare il novello ‘latrocinium ephesinum’.Mi spiego. Il secondo concilio di Efeso del 449, noto tra i teologi cattolici e ortodossi come il latrocinium Ephesi o brigantaggio di Efeso (in lingua greca Ληστρική τηςΕφέσου), fu un concilio ecclesiastico cristologico. A seguito dei contrasti insorti in esso sulla persona di Gesù Cristo, e soprattutto di quello successivo di Calcedonia (451) le chiese cristiane si divisero in calcedoniane e pre-calcedoniane.
Sembra di dedurre che, dopo il prossimo sinodo, si dichiarerà superato Gesù Cristo, perché pare che l’Amazzonia e qualche altra ‘regione europea’, non ne abbia più bisogno per la salvezza, perché sta bene come sta. Intanto si dichiara superata la “teologia morale” del matrimonio e famiglia voluta dal Signore, che Giovanni Paolo II difese e diffuse, pagando di persona. Perciò siamo ai prodromi del latrocinio efesino. Allora, seguiamo Benedetto XVI che ha espresso solidarietà al preside defenestrato, e immaginiamo papa Francesco quanto sia contrariato da tutto ciò, malgrado tutte le sue esortazioni al pluralismo, alla parresia e alla sinodalità.
Perciò corriamo ai ripari, in primis docenti e studenti del Giovanni Paolo II, prima che sia troppo tardi.Tutti a san Pietro!
Cordiali saluti
in Domino Iesu