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domenica 11 agosto 2019

Altre conferme alle accuse di Viganò: notizie da Maracaibo

Continuano le conferme del memoriale di Carlo Maria Viganò (QUI MiL sull'ultima intervista al Washinton Post e QUI gli altri post di MiL sul Memoriale).
Luigi

Marco Tosatti, 1-8-19

Era di questo periodo, un anno fa, quando mi è arrivata la telefonata di mons. Carlo Maria Viganò, in cui diceva che avrebbe avuto piacere a incontrarmi per un’intervista sul caso McCarrick. Sapete che cosa è accaduto dopo: l’intervista si è trasformata in un memoriale, scritto dall’arcivescovo, apparsa il 26 agosto. Adesso, a un anno di distanza, posso vedere quanto fosse giusta la sua previsione. Quando gli chiesi, dopo che avessimo finito di leggere e fare un po’ di editing al suo memoriale, quale si aspettava sarebbe stata la reazione del Vaticano e del Pontefice, mi rispose più o meno così. Non faranno nulla, mi faranno attaccare personalmente, non risponderanno nel merito e aspetteranno che su tutta la questione cali il silenzio.
Il che è esattamente ciò che è accaduto. Dopo la prima risposta del Pontefice sull’aereo da Dublino – non dirò una parola -, papa Bergoglio ha lasciato passare molti mesi prima di rispondere a Valentina Alazaraki di Televisa che non si ricordava se Viganò gli avesse parlato di McCarrick il 23 giugno 2013. Una giustificazione così zoppa, ed evidentemente incredibile (era stato il papa, a chiedere di Viganò; e la risposta era stata di una gravità inaudita) da far tacciare il Pontefice di mentitore da molte persone.

Nel frattempo McCarrick è stato condannato con un procedimento amministrativo; molto comodo per tutti i suoi complici di ieri e di oggi (Viganò ne ha nominati diversi, nella sua testimonianza; e nessuno di essi ha fiatato, e tanto meno ha detto: lei mente! Come farebbe qualunque persona innocente accusata di omissioni, complicità e silenzi scandalosi).

Così come è stata insabbiata sul nascere la richiesta, americana, di un’inchiesta apostolica sul caso McCarrick , probabilmente per evitare che venissero scoperchiate pietre pericolose.

È stato promesso, molti mesi fa, una decina, che tutti i documenti del caso Viganò conservati in Vaticano sarebbero stati esaminati, e eventualmente resi pubblici. Ne avete saputo più nulla? Eppure non dovrebbe essere difficile rintracciarli, quei documenti, se, come aveva denunciato l’ex Nunzio, alla Congregazione per i Vescovi c’era un voluminoso dossier su McCarrick…Notte e nebbia. Certo un esempio di trasparenza l’abbiamo avuto dal cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, che è stato appena riconfermato – anche se ha compiuto 75 anni – alla guida della Congregazione. Nella sua filippica contro Viganò, ha ammesso finalmente che in effetti Benedetto XVI aveva imposto restrizioni o sanzioni al cardinale americano. Ma perché non ha detto che esisteva una lettera, scritta dal suo predecessore cardinale Giovanni Battista Re, in questo senso – quindi non solo un richiamo verbale – che di sicuro sarà sia a Roma che a Washington? Curioso, no?

Nel frattempo ogni singolo documento emerso in relazione al caso McCarrick, incluso il memoriale di mons. Anthony Figuereido, segretario di McCarrick e suo uomo di fiducia a Roma, ha confermato che l’ex Nunzio ha detto al verità, una verità che nessuno nel Vaticano del rinnovamento e della trasparenza vuole vedere. Così come vogliono evitare di vederla i giornalisti che si occupano di Vaticano. Il che è comprensibile: fare domande scomode, indiscrete e che stonino con gli usuali alleluja della stampa, nazionale e internazionale per il Pontefice così innovatore vuol dire guadagnarsi occhiate maligne da parte del Gran Capo e dei suoi giannizzeri…

McCarrick è roba vecchia, direte voi. Ma di recente mons. Viganò ha lanciato accuse gravi contro il nuovo Sostituto alla Segreteria di Stato, mons. Pena Parra. Il Washington Post, che le aveva ricevute, ha preferito non pubblicarle, dicendo di non essere in grado di aver conferme. E lo stesso ha fatto il Catholic Herald, nella sua nuova vita filo-vaticana. Scusateci, ma questo ci sembra incredibile.

Mons. Viganò nella sua intervista cita un collega venezuelano, Gastòn Guisandes Lopez, attualmente direttore di “Que Pasa”, a Maracaibo. Molti anni fa Lopez scrisse due articoli, in cui parlava di una lobby gay di preti di Maracaibo, comprendente sedici sacerdoti, fra cui Pena Parra. Guisandes Lopez cercò di farsi ricevere due volte dal nunzio in Venezuela, mons. Dupuy, senza riuscirci. Guisandes Lopez però gli scrisse una lettera, denunciando tutti i fatti contenuti negli articoli. Secondo Viganò questo documento, e i risultati di un’inchiesta fatta in loco sono in Segreteria di Stato: li vide con i suoi occhi.

Guisandes Lopez è vivo e vegeto. Stilum Curiae e Infovaticana, che non hanno certamente i mezzi delle grandi agenzie internazionali, o dei giornali, sono entrati in contatto con lui. Guisandes Lopez ha confermato personalmente a Gabriel Ariza tutti i fatti raccontati da Viganò, articoli e denuncia al Nunzio compresi. Non vi sembra strano che nessuno abbia avuto – nei grandi mezzi di comunicazione – la curiosità di verificare se quelle notizie scandalose che riguardano una delle più potenti persone del Vaticano, adesso, non trent’anni fa, fossero vere?

A me sì. E mi chiedo se sarebbe accaduto lo stesso se si fosse trattato di un ministro di Trump, o di Putin, o – perché no – di Salvini. Che pena.

E intanto, un anno dopo, tutte le domande poste da Viganò attendono ancora una risposta. E non sono questioni minuscole: riguardano la buona fede e l’affidabilità delle massime autorità morali, i vertici della Chiesa cattolica. Ma sembrano non interessare i giornalisti. Che si guardano bene dal porre domande fastidiose ai potenti. Le critiche e i dubbi li riservano per Viganò…