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lunedì 29 luglio 2019

Torino e Genova: travolte da un insolito destino progressista?

Oramai è un'impresa impervia formulare  ipotesi sulla successione degli Arcivescovi di Torino e di Genova. 
Avendo però veduto come "le Roi s'amuse" stravolgendo completamente le impostazioni pastorali precedenti, considerato che il "Padre Viola è un liturgista di punta e si dice che porti al dito l’anello episcopale che fu di monsignor Annibale Bugnini, padre della riforma liturgica del Vaticano II" , potrebbe essere lui ad essere catapultato nella diocesi di Genova che ancora conserva pressocchè intatta la dignità liturgica del "nova et vetera" oramai non più di moda. Un grande divertimento pour le Roi!
AC  


Un "bergogliano" doc per la diocesi di Torino 

AGGIORNAMENTO 
Proroga di due anni per Nosiglia, il Papa: un riferimento su poveri e migranti  
L’azione sociale contribuisce alla conferma concessa all’Arcivescovo di Torino 
(Vatican Insider)  La Stampa QUI

Il suo nome non è (ancora) nella terna al vaglio della Conferenza episcopale piemontese ma mons. Viola è il candidato alla successione di Nosiglia su cui punta l'area progressista della Chiesa. A meno che il Papa non lo voglia a Genova . 

Beati gli ultimi, o comunque non essere tra i primi potrebbe riservare soprese anche nel non facile e tuttora più che aperto percorso verso la sostituzione dell’arcivescovo Cesare Nosiglia alla guida della diocesi torinese. 
Nel più autentico stile curiale e con l’aggiunta della variabile, tutt’altro che marginale, di una decisione autonoma di Papa Francesco rispetto alla terna di alti prelati che verrà a lui
proposta dalla Conferenza Episcopale piemontese, il successore dell’arcivescovo che il prossimo 5 ottobre compirà 75 anni raggiungendo l’età della pensione sarebbe (anche) da cercare oltre i tre sui cui nomi ormai ci sono ben pochi dubbi.

Alla Nunziatura, tramite dei vescovi piemontesi con il Vaticano, nei prossime mesi dovrebbero arrivare le indicazioni riferite a Marco Brunetti, vescovo di Alba (a detta di molti quello con maggiori chance anche per il sostegno nei suoi confronti del Cardinale Severino Poletto), a Egidio Miragoli, cremonese da un paio d’anni al timone della diocesi di Mondovì, e del vescovo di Vercelli, Marco Arnolfo con dalla sua una lunga permanenza nella parrocchia di Orbassano e in altre della cintura torinese.

Dalla terna, secondo fonti vicine alla Conferenza Episcopale sarebbe rimasto fuori fino ad ora un nome su cui, invece, molti concentrano l’attenzione. Come scritto nelle settimane scorse da lo Spiffero, padre Vittorio Francesco Viola, vescovo di Tortona da poco meno di cinque anni, è figura da tenere presente nel guardare attraverso gli stretti spiragli della dovuta riservatezza a quanto sta accadendo e, soprattutto, succederà nei mesi a venire nel processo verso la successione a Nosiglia.  

La sua traslazione (termine canonico che sta per il più prosaico trasferimento) sarebbe vista e caldeggiata con grande favore da parte del clero progressista. Un auspicio di quella parte della Chiesa più vicina alla parola bergogliana, più “sociale” e per i detrattori “di sinistra”, con radici piemontesi nel Cardinale Michele Pellegrino e nel vescovo emerito di Ivrea Luigi Betazzi che avrebbe come naturale contraltare una serie di perplessità e riserve nei confronti del vescovo di Alba e di Vercelli, entrambi torinesi e per questo ritenuti in qualche modo troppo conoscitori della situazione della diocesi retta da Nosiglia e del entourage. Un’ombra di difficoltà nel tracciare e imprimere quella svolta alla Chiesa torinese auspicata e invocata da più parti e che molti affidano proprio al futuro arcivescovo.

Padre Viola è un liturgista di punta e si dice che porti al dito l’anello episcopale che fu di monsignor Annibale Bugnini, padre della riforma liturgica del Vaticano II. Ma il vescovo di Tortona è anche l’alto prelato che di fronte allo spettro del licenziamento di migliaia di lavoratori delle autostrade, appesi a una decisione del Parlamento, un paio di anni fa non esita a scrivere una lettera aperta – ovviamente concordata e avallata dalle massime gerarchie vaticane – in cui si rivolge ai politici. “Una legge che non tutela il bene primario del posto di lavoro finisce per tradire la sua missione sociale” ha scritto, ricordando come “in molte occasioni Papa Francesco ha fatto sentire la sua voce in difesa del diritto al lavoro, ricordandoci che senza lavoro non c’è dignità”.

Il vescovo, francescano, la cui data di nascita a Biella curiosamente quasi coincide nel giorno con quella di Nosiglia (il 4 ottobre del 1965), è Custode del Convento e della Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola, ma è anche il pastore che quando nella sua diocesi c’è un problema legato al mondo del lavoro non esita a telefonare per comprendere a fondo le situazioni a chi di quei problemi si occupa, magari facendo trasalire dall’emozione per un istante un sorpreso sindacalista. E, ancora, il vescovo che la notte di Natale va a celebrare la messa su un semplice altare di legno insieme agli operai della Pernigotti di Novi Ligure.

Il nome di Viola circola anche per la successione del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, che ha avuto prorogato da Papa Francesco il suo incarico per ulteriori due anni dopo le dimissioni presentate il 14 gennaio 2018. Da notare, infatti, come la diocesi di Tortona pure essendo in Piemonte faccia parte della Conferenza Episcopale della Liguria, confermando quella differenza tra i confini ammnistrativi e quelli canonici che, sempre per restare tra Piemonte e Liguria vedono in quest’ultima regione molte parrocchie della diocesi di Acqui Terme. . Entrato nell’Ordine dei Frati Minori dell’Umbria, dopo la maturità scientifica, Padre Viola ha frequentato l’Istituto Teologico di Assisi, il Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo in Roma dove ha conseguito il Dottorato in Sacra Liturgia, è componente della Consulta dell’Ufficio Liturgico Nazionale oltre ad aver insegnato alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense. 
Un profilo di alto spessore teologico che unito a quell’impronta bergogliana e di impegno sociale piace a quella parte più progressista del clero piemontese. 
E, chissà, forse anche Oltretevere. 

Fonte: Lo spiffero QUI

10 commenti:

  1. Una piccola correzione, dovuta a un un refuso: è mons. BRUNETTI non Bunetti, uno dei possibili successori di Nosiglia a Torino.

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  2. Ormai vengono eletti vescovi 'amici' e quelli che non lo sono vengono cacciati. Curiosa la vicenda del magico anello di Bugnini che, quale amuleto per chiromanti e fattucchiere, passa nelle mani dei sovversivi dell'ideologia del CVII. Il vescovo Brandolini, all'uscita del MP, dichiarò tra gli insulti a papa Benedetto, che non poteva accoglierlo anche perché portava l'anello di Bugnini, famigerato personaggio il quale, cacciato dalla Commissione preparatoria del CVII perché ' riformatore spinto e iconoclasta' fu reintegrato da Paolo VI, il quale fu costretto a allontanarlo perché si scoprì essere massone e quindi in grado di compromettere il papa. Ormai la Chiesa è stata ridotta ad un corridoio di manovrette clientelari come mai nella storia perché con esse si rinnega la dottrina e la morale.

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  3. Sono di Tortona, non so quale anello porti il Vescovo, quel dettaglio non lo sappiamo o almeno io non lo so, però dal punto di vista liturgico dovrebbe piacervi. Andate a sentire un suo pontificale, ascoltate le sue omelie, guardate i suoi gesti e vedrete. Da quel punto di vista non è molto progressista, tutt'altro. Le sue omelie sono sempre belle e non intrise di sociale come si direbbe dalla vostra presentazione. Lo scorso venerdì Santo per esempio al termine della via crucis ha letto un lungo passo tratto dagli scritti della beata Emmerick sulla passione, cosa non da tutti i giorni e direi molto al di fuori dai canoni progressisti(non penso che ai progressisti piacciano quegli scritti). E' un frate e quindi ha tutti gli atteggiamenti e i comportamenti dei frati, saio francescano compreso, però quando celebra ha tutta l'autorevolezza di un Vescovo.

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    1. Interessante carissimo FG : è fonte di edificazione aver letto quel che hai scritto. Tavolta le appiccicature ideologiche fatte da terzi non corrispondono all'effettiva realtà dei personaggi. In questo caso, non avendo informazioni specifiche ad personas, abbiamo solo citato un articolo. Grazie per la Tua cortese precisazione. Speriamo nel Signore! AC

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  4. INDURRE E ABBANDONARE
    Chiosa semantica
    di Luciano Pranzetti

    Non è nostra intenzione intervenire, con argomentazioni biblico/teologiche, sull’annunciato proposito bergogliano di modificare, nel Pater noster, l’espressione “Non ci indurre in tentazione” a favore di altra meno allusiva – secondo i teologi della neochiesa – a un Dio che vuole il male delle sue creature. E, per questo, senza attendere una deliberazione definitiva da parte della Gerarchìa, già in alcune diocesi francesi, così come in molte chiese italiane, si prega e si biascica con la sostitutiva formula “ Non ci abbandonare alla tentazione”.
    Sull’argomento sono stati prodotti autorevoli interventi che, senza ombra di dubbio, han dimostrato quanto inopportuna e scorretta sia siffatta nuova traduzione del testo greco “kai mè eisenénkes emàs eis peirasmòn” (Mt. 6, 13) che, data essere autentica Parola di Dio immodificabile, corrisponde al latino “ et ne nos inducas in tentationem”, come bene intese San Girolamo nella canonica versione della ‘Vulgata’.
    Noi vorremmo dimostrare, invece, come la nuova formula, contrariamente al proposito di rendere la figura del Padre lontana da ogni connotazione di malevolenza ed ingiustizia, ma solo di misericordia, la indurisca e l’aggravi consegnando alla Cattolicità l’idea di un Dio perfido, distante e disinteressato alle vicende delle sue creature. Perciò, con la sola analisi etimo/logico/semantica dei due verbi “indurre” e “abbandonare”, si potrà realizzare una visione che, riferita al secondo, si manifesta per essere più forte del primo, e addirittura sacrilega.
    Vediamo, allora, perché i due verbi sopra citati esprimono due opposte semantiche.
    1 – Indurre. Verbo che, nelle varie e molteplici circostanze in cui viene flesso, sta a significare un dinamismo col quale un soggetto spinge e/o viene spinto a comportamenti, ad atteggiamenti per lo più non voluti, come: indurre in errore, indurre a delinquere. . .Ben considerando l’etimo e la semantica, si può notare come nel composto in-durre sia presente un’iniziale moto a cui, il soggetto collegato, non viene necessariamente obbligato a cedere, tanto che si può parlare di una induzione a delinquere non riuscita per volontà opposta. La Scrittura ci informa che Dio mette alla prova, ma ciò non vuol dire che l’uomo sia tenuto a corrispondere alla tentazione, termine che, tra l’altro, realizza una circostanza in cui viene esperito un tentativo, operazione, cioè, che prova a sollecitare un alcunché ma non necessariamente a condurlo a termine. Tentazione, in definitiva, non significa peccato. Giobbe fu messo alla prova dal Signore ma non peccò; Gesù fu, per prova, indotto in tentazione ma, come si legge in Matteo (4, 1/11), seppe respingere l’induzione dandoci, così, l’esempio di come si possa superare un momento critico.
    Pertanto, ammesso e acclarato che lo “indurre”, contenuto nel Pater noster, esprime il disegno di Dio secondo il quale l’uomo va messo alla prova, non è automatico che l’uomo debba cadere nel peccato in quanto il suo libero arbitrio, illuminato e ammaestrato dalla legge divina, gli permette la conoscenza del Bene e del male e, quindi, la volontà di resistere e vincere.

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    1. per voi qualsiasi cambiamento è tradimento. Anche quando cerca di "tradere" e non di "tradire". Accecati nel vedere le ideologie altrui, non vedete la vostra, grossa come una casa. Parafrasando, "In principio era la Dottrina e la Morale"...

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    2. Peccato che, pare, Gesù di Nazareth, parlasse aramaico, ovvero in dialetto e non greco e tantomeno latino... Sarà un caso... Ah no, dimenticavo... Essendo il Verbo Incarnato ( un Dio travestito da uomo) quando parlava aramaico i greci e i romani lo capivano nella loro lingua. Ed avendo il dono della preveggenza, è vero che parlava in dialetto, ma pensava nel latino della Santa Romana Chiesa Cattolica ed Apostolica. Ma una volta nella vita vi siete mai chiesti perché la Chiesa delle origini usò prima il greco e poi lo abbandonò per il latino? Per la stessa ragione per cui adesso userebbe l'inglese. Ed adesso avanti a stracciarsi le vesti per aver osato toccare la lingua sacra per eccellenza...

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    3. Pensi che alla prostituta disse di andare E NON PECCARE PIÙ....pensi che moralista che era Gesù...ah già ma non c'era il registratore all'epoca....che peccato!

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  5. 2 – Abbandonare. Verbo che, per ogni circostanza in cui viene usato, mantiene un significato univoco e, cioè: lasciare senza aiuto, senza protezione, dimenticare qualcuno/qualcosa. Il significato che ne viene fuori dice come l’abbandonare valga decisione ed azione volontaria/involontaria che, riferita alla nuova formula del corretto Pater noster, farebbe di Dio un Essere perfido e scordarello che lascia senza aiuto, senza possibilità di recupero, senza mezzi di riscatto l’uomo che cade nel peccato, disinteressandosi di lui. Ora sarebbe paradossale che nella preghiera, insegnataci da Gesù stesso, si chieda a Dio di non abbandonarci alla tentazione, di non lasciarci soli e senza il suo aiuto. Cosicché, appare chiaro come la sostituzione del dinamico ‘indurre, con lo statico ‘abbandonare’ renda un pessimo servizio alla Verità e riveli la smania revisionista della neochiesa che, per modellare una pastorale a misura d’uomo, fa la pesa alla Parola di Dio.
    Ma la rivoluzione bergogliana, che gronda misericordia da ogni artiglio, va avanti, inarrestabile fidando sulla parola di p. Arturo Sosa, attuale ‘papa nero’, il gesuita che afferma come, per essere bravi cristiani di oggi, sia necessario contestualizzare storicamente la parola di Cristo il quale, lo si dica chiaro e schietto, e lo si sappia, non disponeva di registratori, per cui – come si dice – “Verba (Christi) volant”.
    Santa Marinella agosto 2018
    Prof. Luciano Pranzetti

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