Dagli amici di Libertà e persona.
Luigi
23 marzo 2019 | Da Enrico Maria Romano
Nella Chiesa cattolica non c’è mai stato un mono-ritualismo assoluto, ovvero sia in Oriente che in Occidente sono sempre coesistiti vari riti e varie liturgie, parzialmente o notevolmente diverse.
Vagamente almeno, tutti sanno che nelle zone dette orientali, dall’est dell’Europa (Russia, Grecia, paesi slavi) sino all’estremo oriente (India, Cina, etc.) vi sono sempre stati dei riti e dei modi di celebrare la messa, assai dissimili da come avviene sotto casa nostra in Italia.
Ma anche in Europa, per molti secoli, oltre al più diffuso rito romano, sono coesistite altre forme liturgiche, come il rito ambrosiano, il rito lionese e i vari riti propri degli ordini religiosi della cristianità (rito domenicano, rito cistercense, rito certosino, etc.).
La riforma liturgica che ha fatto seguito al Concilio Vaticano II (1962-1965) ha de facto abolito i riti tradizionali d’Occidente e ne ha imposto uno solo – il cosiddetto Novus Ordo Missae – per tutto il mondo occidentale cattolico: dall’Europa sino agli Stati Uniti, dall’America Latina all’Australia, sino alle zone evangelizzate dagli europei, come le isole Filippine.
Nel 2007 però papa Benedetto XVI, anche per favorire la reintegrazione dei tradizionalisti della Fraternità san Pio X e recuperare il senso del sacro in via di estinzione, ha permesso la celebrazione della messa tradizionale (in lingua latina) a tutti i sacerdoti cattolici del mondo. Mettendo giuridicamente sullo stesso piano la forma ordinaria della messa sorta nel 1970 e quella più antica, detta forma straordinaria.
E così, in un numero relativamente piccolo di parrocchie, cappelle, santuari e abbazie, coesistono la messa nel rito rinnovato da Paolo VI e la messa secondo rito tradizionale, detto tridentino (dal Concilio di Trento), pre-conciliare oppure volgarmente la messa in latino.
Alcuni cattolici americani, notando una netta asimmetria etica tra i cattolici che frequentano abitualmente l’una e l’altra messa, hanno realizzato una ricerca che sta facendo discutere. Fondata su interviste effettuate dal marzo al novembre del 2018, la ricerca ha per oggetto alcuni significativi punti della dottrina morale della Chiesa.
Gli studiosi hanno chiesto a circa 1700 fedeli di entrambi i riti cosa ne pensassero della contraccezione, dell’aborto, del precetto della messa domenicale e del matrimonio gay. L’inchiesta ha avuto luogo in 16 Stati della confederazione, tra cui New York, Connecticut, Florida, Colorado, New Hampshire, Virginia, in modo abbastanza omogeneo.
Le risposte dei fedeli “tradizionalisti” (messa antica) o “conciliari” (messa nuova) – riportate dal portale liturgyguy.com – non sono state per nulla omogenee però. Infatti se i primi approvano la contraccezione e il matrimonio gay al 2% e l’aborto all’1%, i secondi ammettono queste stesse realtà con percentuali radicalmente diverse: la contraccezione all’89%, le nozze gay al 67% e l’aborto, che secondo il diritto canonico procura la scomunica latae sententiae, al 51.
Rispettano infine il precetto della messa domenicale i “tradizionalisti” al 99%, mentre i “conciliari” al 22.
Cosa dire di quella che potrebbe sembrare una semplice, benché non banale, indagine di periferia? Che si tratta anzitutto di un significativo segno dei tempi, per parafrasare il Concilio stesso. Il bisogno di identità e di coerenza, di cui si parla molto da quando è stato eletto papa Francesco, rimane imprescindibile per strutturare la vita del credente in un mondo allontanatosi dalla fede e dalla tradizione, e molto spesso ostile e irriverente.
Le differenze nelle forme del culto poi fanno parte integrante della cultura e dell’identità profonda di un popolo o di uno strato di esso. La lingua latina, il canto gregoriano, la posizione del sacerdote che dà le spalle ai fedeli (ma guarda la croce) e la stessa estetica del luogo sacro, impregnano la mente del fedele e dell’uomo comune in modi un tempo forse imprevisti. Ma che oggi, manifestano tutta la loro importanza.
Una cosa appare accertata. Non si tratta in primis di una questione di lingua, ma di accenti teologici e spirituali. Il rito tradizionale della messa, nelle preghiere e nelle forme, conteneva una più netta concezione sacrale, mistica e ascetica della religione. E sono proprio questi valori forti quelli che fanno difetto oggi alla Chiesa e che invece dovrebbero essere i vettori e i cardini della sua necessaria auto-purificazione.
Sbagliano secondo noi sia i maniaci del rito e i puristi, i quali danno più importanza alla liturgia che alla dottrina: mentre si può essere eretici, mondani e sacrileghi anche celebrando il rito più alto (come Lutero, Buonaiuti e papa Borgia). Sia i negazionisti anti-liturgici, i quali non vogliono vedere le carenze e i deficit teologici della riforma liturgica, specie nella sua applicazione pratica in tante parrocchie del mondo (si veda il volume sintetico e autorevole, AA. VV., Il Summorum Pontificum di Benedetto XVI, Fede & Cultura, 2019).
Condivido la riflessione finale. Io sono convinto che sarebbe importante che la preghiera di consacrazione sia sempre in latino, in tutto il mondo. Sarebbe un fatto importante per farci sentire tutti appartenenti alla stessa Chiesa.
RispondiEliminaPapa Borgia non è mai stato eretico. Il caso del "papa eretico" è una moderna "esercitazione di scuola". Forse.
RispondiEliminaSacrilego e mondano però lo fu, pubblicamente, reiteratamente e impunemente.
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