Alcuni amici mantovani ci segnalano il caso del Parroco di Motteggiana (MN) don Angelo Bisi, che è stato sollevato dall'incarico domenica scorsa 3 febbraio per presunte incomprensioni con alcuni suoi parrocchiani. Tutto ciò malgrado sia nota la sua devozione e ortodossia dottrinale (QUI).
Peccato che molti dei suoi l'hanno sempre difeso, malgrado alcune "punte" caratteriali: "per la stragrande maggioranza dei parrocchiani il difetto maggiore del don, se così si può dire, è quello di «dire sempre ciò che pensa" [...] "Don Angelo? È un po’ testone ma sincero" (vedere QUI e QUI).
Peccato anche che tutto è stranamente iniziato tempo fa quando don Angelo si è esposto difendendo la famiglia tradizionale e ribadendo il divieto di ricevere la S. Comunione ai divorziati risposati (vedi foto sopra): "La dottrina della chiesa ritiene e afferma che ogni rapporto sessuale fuori dal matrimonio è un atto peccaminoso, e se uno contrae addirittura un secondo matrimonio con altra persona, diversa dal coniuge che ha sposato con il sacramento cristiano, resta in permanente stato di peccato. È per questo che la chiesa nega l'assoluzione, perché per ottenere l'assoluzione ci vuole il pentimento e il cambiamento di stato... È una cosa seria e molto grave ed è per questo che dicevo a Francesco di pensarci bene e soprattutto di non arrivare a una soluzione pasticciata di compromesso come si fa in politica, che va ad infrangere la sostanza del Sacramento cristiano del matrimonio. Se crolla il sacramento crolla tutto, noi cosa andiamo a insegnare ai ragazzi che stiamo preparando al matrimonio"(vedere QUI e QUI).
Ci chiediamo sommessamente come mai, tra scandali di ogni tipo (omosessualità, pederastia adulterio, ruberie, etc.), si rimuova un parroco con una decisione che il Codice di Diritto Canonico prevede solo in casi gravi (vedere sotto il Canone 1741).
Alcuni si chiedono se il vero nodo della questione non sia per caso la difesa, da parte di don Angelo, dei "valori non negoziabili" (QUI, vita, famiglia e libertà di educazione) che oggi - purtroppo - non paiono essere di moda nella new wave ecclesiale, anche in altissimo loco.
O forse non segue la solita onda neoecclesiale su immigrazione e cambiamenti climatici (che - ricordiamo - secondo il Catechismo, sono cose da laici e non da preti...)
O forse non segue la solita onda neoecclesiale su immigrazione e cambiamenti climatici (che - ricordiamo - secondo il Catechismo, sono cose da laici e non da preti...)
Saremmo lieti di essere smentiti.
Luigi
03 Feb 2019 Ultimissime Mantova.it
Sollevato dall'incarico per aver difeso la Verità del Vangelo. Don Angelo Bisi parroco di Motteggiana nominato da monsignor Roberto Busti, non potrà più occuparsi della parrocchia di Villa Saviola di cui era amministratore.
La notizia della sua sospensione è stata annunciata domenica 3 febbraio durante la messa delle 9,30 da don Paolo Gibelli, parroco di Suzzara che farà le sue veci. A prendere la decisione è stato il vescovo di Mantova, monsignor Marco Busca. Un pressing cominciato il 14 febbraio del 2018, giorno delle Ceneri, quando la Diocesi lo aveva informato dell'intenzione di toglierlo dalla parrocchia di San Michele Arcangelo. Per giustificare tale decisione era stato incolpato di avere sbadigliato durante un funerale e di essere arrivato in ritardo a delle messe poi era partito il mobbing per esonerarlo da diversi impegni che piano piano gli sono stati tolti.
La verità è che don Angelo è un prete tradizionalista: ad esempio sul concetto di "famiglia" ha sempre sostenuto che essa è composta da papà, mamma e figli e non da due papà o due mamme. Per la Diocesi sarebbe una posizione troppo vicina al Vangelo che va in contrasto con la visione che hanno i giovani. A Villa Saviola Don Angelo gestiva, senza alcun problema, il gruppo formato da 30 ragazzi formatosi proprio grazie al lavoro del sacerdote ma che gli è stato tolto e affidato a don Paolo Gibelli, ritenuto più idoneo e diplomatico. L'occasione si era presentata in estate quando erano sorte alcune divergenze fra il sacerdote e alcune volontarie del Grest le quali si erano rivolte a Gibelli che le aveva appoggiate. Una mossa, quella del collega, valutata da don Angelo scorretta e che aveva aperto delle incomprensioni e lacerazioni.
“Per sollevare un parroco la suo incarico occorrono prove che attestino che quel sacerdote ha commesso fatti molto gravi come ad esempio l'aver rubato, l'aver scandalizzato, l'aver una morosa. Tutte cose che non mi riguardano” dice sereno don Angelo.
Poichè il suo scopo è essere al servizio della Verità del Vangelo è pronto a difendersi davanti la Sacra Rota e anche a denunciare chi lo vorrebbe danneggiare. Di sicuro don Angelo non firmerà le sue dimissioni “Va contro la mia dignità e andrei ad avallare accuse ipocrite che ritengo anzi delle calunnie” spiega il sacerdote. “Sto lottando non per difendere un posto da parroco ma i valori cristiani. E la circolare del Vescovo che annunciava l'apertura della comunione ai divorziati e ai risposati io non l'ho letta in chiesa". Il prete disobbediente si è infatti rifiutato di divulgare ai parrocchiani un documento che fra i cristiani suscita dibattito e che non lo trova d'accordo.
Can. 1741 - Le cause, per le quali il parroco può essere legittimamente rimosso dalla sua parrocchia, sono principalmente queste:
1) il modo di agire che arrechi grave danno o turbamento alla comunione ecclesiale;
2) l'inettitudine o l'infermità permanente della mente o del corpo, che rendano il parroco impari ad assolvere convenientemente i suoi compiti;
3) la perdita della buona considerazione da parte di parrocchiani onesti e seri o l'avversione contro il parroco, che si preveda non cesseranno in breve;
4) grave negligenza o violazione dei doveri parrocchiali, che persista dopo l'ammonizione;
5) cattiva amministrazione delle cose temporali con grave danno della Chiesa, ogniqualvolta a questo male non si possa porre altro rimedio.
Can. 1741 - Le cause, per le quali il parroco può essere legittimamente rimosso dalla sua parrocchia, sono principalmente queste:
1) il modo di agire che arrechi grave danno o turbamento alla comunione ecclesiale;
2) l'inettitudine o l'infermità permanente della mente o del corpo, che rendano il parroco impari ad assolvere convenientemente i suoi compiti;
3) la perdita della buona considerazione da parte di parrocchiani onesti e seri o l'avversione contro il parroco, che si preveda non cesseranno in breve;
4) grave negligenza o violazione dei doveri parrocchiali, che persista dopo l'ammonizione;
5) cattiva amministrazione delle cose temporali con grave danno della Chiesa, ogniqualvolta a questo male non si possa porre altro rimedio.