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martedì 27 novembre 2018

La tremenda ambiguità del vescovo Joseph Guo deputato al Congresso nazionale del popolo e la“demoralizzazione” dei cattolici cinesi

Il Vescovo di Chengde Mons. Joseph Guo,  deputato da tre mandati del "Congresso nazionale del popolo" di Pechino, è stato uno dei due delegati cinesi presenti al recente Sinodo dei giovani suscitando numerosi ed allarmati interrogativi ( QUI ) in considerazione del fatto che Santa Sede nel togliergli la scomunica  (Mons.Guo era stato infatti ordinato illecitamente nel 2010) NON aveva chiesto al Vescovo reintegrato di dimettersi dal "parlamento" cinese che ratifica le decisioni prese dal partito comunista comprese  le - continue- persecuzioni contro i fedeli cattolici. Ma c'è di più... 
AC

Lo scandalo del vescovo politico che siede nel parlamento cinese 
di  P.Raymond de Souza 
(traduzione Sabino Paciolla, link sotto)

Il cardinale Joseph Zen, emerito di Hong Kong, era a Roma all’inizio di questo mese per consegnare a mano una lettera a Papa Francesco sulla crescente persecuzione della Chiesa cattolica in Cina. 
Questo sta diventando una sorta di modello a Roma, dove i vescovi arrivano con urgenza per chiedere una correzione nella politica estera della Santa Sede. 
I responsabili dei vescovi venezuelani hanno effettuato tale visita nel giugno 2017, e lo scorso giugno è stata la volta di Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina. 
E questo non è stato il primo viaggio del cardinale Zen per quanto riguarda la politica cinese della Santa Sede. 
Nel nostro numero del 2 novembre, padre Dominic Allain ha scritto della “demoralizzazione” dei cattolici cinesi, che stanno affrontando una crescente repressione dopo che la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese hanno concluso un accordo a settembre. 
Questo accordo ha dato al partito comunista cinese un ruolo nella selezione dei vescovi, e ha
revocato le scomuniche dei vescovi illegalmente – ma validamente – ordinati su ordine del regime cinese. 
La visita del cardinale Zen a Roma è stata segnata dal silenzio del Vaticano. 
Non si sa se il silenzio sia a motivo del grave imbarazzo e vergogna da parte dei diplomatici della Santa Sede, avendo recentemente concluso un accordo con un regime che trascura anche la cortesia di una falsa collaborazione, ma che invece intensifica le persecuzioni. 
O se forse il silenzio del Vaticano sia parte dell’accordo stesso. 
Non lo sappiamo, perché l’accordo è segreto. Sappiamo che la Cina ha deciso, al momento della conclusione dell’accordo, di fare di tutto per umiliare papa Francesco. 
Ha nominato i propri delegati al Sinodo, costringendo il Vaticano ad accettarli. 
Dopo che il Santo Padre li ha accolti magnanimamente e pubblicamente con voce soffocata per l’emozione, il regime cinese li ha richiamati a Pechino prima che il Sinodo finisse. 
Avendo raggiunto i suoi obiettivi di propaganda, ha affermato che i vescovi avevano impegni precedenti in patria. 
Quale potrebbe essere la ragione di questi pressanti impegni? 
Si scopre che uno dei due delegati (che hanno partecipato al Sinodo dei giovani, ndr), il vescovo Joseph Guo di Chengde, ha servito per tre mandati nel Congresso nazionale del popolo, il “parlamento” di Pechino. 
Il vescovo Guo è stato ordinato nel 2010 senza l’approvazione del Papa e così è stato automaticamente scomunicato da Papa Benedetto XVI. 
In settembre, Papa Francesco ha revocato quella scomunica. 
Tuttavia, sembra che nella fretta di mostrare buona volontà verso i comunisti cinesi, il Vaticano abbia trascurato di insistere affinché il vescovo Guo si dimettesse dal Congresso nazionale del popolo. Quella Camera (del Parlamento) generalmente approva le decisioni prese dal partito comunista, ma è lo strumento giuridico attraverso il quale viene eseguita molta persecuzione cattolica. 
E’ un grave scandalo per un vescovo cattolico esserne membro. 
 O almeno dovrebbe essere discutibile come quella di un cardinale in pensione seduto nella Camera dei Lord. 
Al momento del pensionamento nel 2009, al cardinale Cormac Murphy-O’Connor fu offerto un posto nella Camera dei Lords (del Parlamento inglese, ndr), un gesto di buona volontà verso i cattolici, data l’usanza che gli arcivescovi in pensione di Canterbury siano nominati ai Lords. 
Benedetto XVI la bloccò, con la motivazione che i chierici non devono ricoprire cariche politiche, anche se in gran parte cerimoniali. In un precedente simile del Commonwealth, un sacerdote del Quebec un po’ disonesto – Raymond Gravel – fu eletto deputato al Parlamento nel 2006 in una rapida elezione suppletiva. 
La pressione vaticana lo costrinse a ritirarsi, e don Gravel non si candidò alla rielezione nel 2008. All’incirca nello stesso periodo, per un sacerdote canadese si discuteva di un seggio al Senato, l’equivalente di Ottawa alla Camera dei Lord. 
A seguito di un’inchiesta fatta con il nunzio, la Congregazione per il Clero espresse la sua opposizione e la riflessione fu interrotta. 
Poi c’è il vescovo Fernando Lugo di San Pedro, Paraguay. “Vescovo dei poveri”, si dimise nel 2005 all’età di 55 anni e chiese di essere laicizzato per candidarsi alla presidenza. Il Vaticano rifiutò, dicendo che un vescovo non può chiedere laicizzazione, e che anche a un vescovo in pensione è proibito di ricoprire cariche politiche. 
Si candidò comunque e, dopo l’elezione a presidente 2008, fu rapidamente laicizzato. In seguito è venuto alla luce che aveva avuto figli con più di una donna mentre era ancora vescovo, compresa una ragazza che aveva solo 16 anni quando ha iniziato a sedurla. 
Aveva 24 anni quando ha concepito il loro bambino. 
 Negli anni ’70, due sacerdoti americani furono eletti membri del Congresso, Robert Cornell del Wisconsin e Robert Drinan, SJ, del Massachusetts. 
Quest’ultimo fu il chierico più influente nel creare un sostegno politico cattolico all’aborto, poiché il gesuita sostenne l’argomento secondo cui era “personalmente contrario” all’aborto, ma votò pubblicamente a favore dell’aborto. 
 Questo scandalo si concluse nel 1980, quando San Giovanni Paolo II ordinò a tutti i sacerdoti di lasciare l’incarico politico. Il Codice di Diritto Canonico del 1983 lo formalizzò, vietando ai sacerdoti di “condividere l’esercizio del potere civile”. 
Una tale ambiguità, così come esisteva negli anni Settanta, evidentemente non esiste più. 
Un vescovo non può servire in parlamento, peggio ancora in un finto parlamento come quello di Pechino che ha il sangue dei cattolici sulle mani. 
Molto è stato discusso dell’emozione del Santo Padre quando ha accolto il vescovo Guo al Sinodo (dei giovani). Senza dubbio allo stesso modo avrà pianto sulle notizie del cardinale Zen. 
Se il vescovo Guo pianga non lo sappiamo, ma probabilmente ci saranno lacrime tra coloro che sono nel suo gregge. 


Fonte: Oltre il giardino, il blog di Sabino Paciolla QUI

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