Post in evidenza

NOSTRE INFORMAZIONI di mons. Eleuterio Favella: la cancellazione del viaggio in Italia del Presidente Biden

Per tramite del suo segretario diacono Ambrogio Fidato, abbiamo ricevuto la seguente informazione ex Aedibus da S.E.R. Mons. Eleuterio Fave...

lunedì 19 novembre 2018

Giovanni Formicola: "Il Sessantotto. Macerie e speranze"

Il nuovo libro del caro amico Giovanni Formicola, recensito da Stilum Curiae.
L

Marco Tosatti, 8-11-18

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, questo è un periodo di libri. Ieri abbiamo parlato del caso Viganò, visto da Aldo Maria Valli. Oggi ci occupiamo di un bel libro – tragico ed illuminante – di Giovanni Formicola: “Il ’68. Macerie e speranze” per i tipi di Cantagalli. Un’analisi storica filosofica e religiosa di un fenomeno che se fosse riconducibile a una singola forma umana potrebbe essere definito con il titolo di un altro bellissimo libro: “Un principe del nostro disordine”.

Formicola ha uno stilo impetuoso ed esprime tesi chiare e nette. Come scrive nell’introduzione don Mauro Gagliardi “ nessun lettore potrà rimanere indifferente dinanzi ad essi. Questi scritti di Giovanni Formicola provocano una riposta, che potrà essere di adesione o di rifiuto, di accettazione o di critica; tuttavia, di certo i saggi qui pubblicati non possono essere ritenuti insignificanti, né improduttivi. Essi invocano una presa di posizione e, di conseguenza, un impegno personale”.

Il ’68 viene da lontano: Formicola vede in quegli anni la realizzazione estrema dello spirito rivoluzionario nel secolo che si è chiuso. “Il Sessantotto rappresenta quel momento della storia recente in cui, dentro e fuori la Chiesa, si è ritenuto che il passato fosse, sempre e in ogni caso, un fardello di cui liberarsi. Il Sessantotto è lo snodo storico in cui viene in piena luce un processo che era iniziato molto, anzi moltissimo tempo addietro: la sostituzione della ragione con il sentimento, nonché dell’approccio aletico con quello storicista”. In quegli anni la vita dell’uomo occidentale ha visto la fine del Logos, “il Logos con la maiuscola e con la minuscola, cioè sia Dio sia l’intelletto dell’uomo”. Conseguenza inevitabile la fine di ogni forma riconosciuta di autorità.

Anche nella Chiesa questo Spirito ha fatto – fa ancora, proprio ora! – danni infiniti. E ben lo capì Paolo VI, quando il 30 giugno del 1968 pronunciò alla fine dell’anno che ricordava i due grandi apostoli, Pietro e Paolo, il “Credo del Popolo di Dio”: “Noi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altresì angeli e Creatore in ciascun uomo dell’anima spirituale e immortale….”.

In quegli anni sconvolgenti e sconvolti la prima fondamentale mutazione è stata linguistica, e come sappiamo questi mutamenti hanno preso sostanza: giusto e sbagliato, vero e falso sono stati sostituiti da attuale e superato, piacevole o sgradito. L’Humanae Vitae ha costituito un’altra cartina di tornasole: quell’ultimo eroico tentativo di difendere un’idea di vita e famiglia ha conosciuto subito un’opposizione durissima. “L’enciclica è stata di fatto contestata ancor più dalle scelte di vita di molti credenti, con la complicità – più o meno consapevole – di non pochi pastori, per il fatto che questi ultimi hanno cessato di trasmettere l’insegnamento ecclesiale sui temi del matrimonio, della famiglia e della sessualità umana, lasciando quindi i fedeli in balia della educazione relativista, impartita soprattutto, ma non solo, dal potentissimo sistema massmediale”.

Per Formicola: il 68 è “adorazione del divenire e odio per l’essere, teso perciò a travolgere ogni riflesso storico”. Quanto sangue, nel ’68, e nel periodo seguente. “Quasi tutti i protagonisti – rectius, gli assassini –, sopravvissuti a quella stagione, sono ormai in libertà (e addirittura pontificano). Eppure anch’essi hanno ucciso magistrati, esponenti delle istituzioni e delle forze dell’ordine, come hanno fatto i mafiosi. Ma per questi ultimi, se non pentiti, non v’è alcuna prospettiva di uscire dal carcere da vivi. Qui si riflette il pregiudizio – minoritario, ma potente – favorevole ai terroristi e ai militanti dei gruppuscoli violenti rossi”.

E poi c’è l’altro ’68, oltre a quello politico: “quello del desiderio – specie attinente alla sfera dell’eros, tanto che viene detto anche Rivoluzione sessuale, ma meglio sarebbe dire erotica. Del desiderio – inesorabilmente relativista e nichilista, cioè senza senso e scopo che non sia la soddisfazione di sé travestita da realizzazione – che pretende copertura giuridica, che vuol diventare ultra-positivisticamente diritto. Fino alla odierna – ma frutto del lavorio del Sessantotto – abolizione tendenziale nei pubblici atti persino dei termini, padre e madre, espressivi di relazioni con- naturate all’uomo e suo patrimonio linguistico sin dall’inizio della specie e della vita d’ogni individuo”.

E questo è il nostro presente, in cui come ben sappiamo, incombono “minacciose utopie, destinate a scontrarsi sanguinosamente con la realtà dell’umana natura, che resiste ai tentativi di trasformarla”.

Non risparmia la Chiesa, il 68, e non la risparmia neanche Formicola: “Vengono così contestati sessantottescamente, quando non la stessa Chiesa e il ruolo del suo Magistero, certamente del cattolicesimo la storia e la cultura filosofica (troppo ellenistica, questa), nonché la dottrina politico-sociale (troppo conservatrice, quando non reazionaria) e finanche la lex orandi, la liturgia. In ordine a quest’ultima, la fantasia prende il potere e progressivamente la secolarizza, e la contamina con modelli tribali, patetici e infantili, specialmente per quel che riguarda il canto in chiesa, oggettivamente brutto e dissonante (per non parlare dell’architettura e l’iconografia, e non ne parliamo, ora). L’assemblearismo, con il collegialismo ideologico, è proposto e talvolta imposto contro la struttura gerarchica della Chiesa. La Messa ormai, più che semplicemente detta, è definita da tanti assemblea, sia pure con un presidente, ed eccessivo appare il coinvolgimento dei laici in sacris. Tale posizione cattolica non è estranea neppure al suddetto Sessantotto politico”.

L’analisi di Formicola risale nei secoli per trovare le radici di questo processo, un processo rivoluzionario, egualitario e libertario che ha voluto colpire la civiltà cristiana e la Chiesa. Per sradicare Dio dal mondo, sostituire il Logos con “La terminale Rivoluzione antropologica”, che “proclama l’emancipazione da autorità e legge morale, e cerca il paradiso perduto nella società permissiva, che deve sostituire quella repressiva, ch’è a immagine e somiglianza del tiranno celeste. In nome della libertà e dell’eguaglianza radicali (è un modo dell’eguaglianza la soppressione anche della differenza maschio-femmina), devasta il buon costume, normalizza l’omofilia e in prospettiva la pedofilia e ogni altra perversione erotica. Deride e nega come impossibili la fedeltà coniugale, la castità specialmente prematrimoniale e la verginità, che addirittura prospetta come disturbi psichici che ostacolerebbero lo sviluppo della persona, sì da cancellarle progressivamente dall’orizzonte esistenziale, in ogni stato di vita”.

Una rivoluzione microstrutturale iper-edonista e dissacrante. “Difficile perciò da afferrare, e ridurre ad unità concettuale, anche perché perfeziona la frantumazione del mondo-cosmo, che perde la sua unità, il riferimento trascendente, il senso e l’orientamento”. Che è, ahimè, esattamente quello a cui stiamo assistendo nella nostra società, adesso, qui ed ora. Insomma, un libro la cui lettura vivamente consigliamo: una guida per i tempi tempestosi in cui siamo immersi.

Nessun commento:

Posta un commento