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martedì 29 maggio 2018

Accademia Giovanni Paolo II Vita e Famiglia: l'intervento di Mons. NEGRI



Ancora interventi sugli eventi relativi alla Marcia per la Vita di cui Mil ha ampiamente seguito nelle settimane scorse.

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Marco Tosatti

Cari lettori di Stilum Curiae, oggi a Roma si è svolta la prima conferenza internazionale della neo-costituita Accademia per la Vita e la Famiglia Giovanni Paolo II, fondata dal prof. Josef Seifert, il filosofo tedesco privato dell’insegnamento dall’arcidiocesi di Granada per le sue critiche ad Amoris Laetitia. Siamo lieti di offrirvi il testo integrale – in italiano – dell’intervento di mons. Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara.

Distinte autorità ecclesiastiche, civili ed accademiche. Carissimi Amici. Sia lodato Gesù Cristo.
È con molta gioia e trepidazione che ho accettato di svolgere questo mio intervento oggi in mezzo a voi, ma anche con un certo dolore perché avrei preferito ascoltare lo svolgimento di queste tematiche da parte della sapiente e chiara voce del compianto amico, il Cardinale Carlo Caffarra, del quale ancora non abbiamo celebrato il primo anniversario della sua salita al Cielo eppure la mancanza della sua persona e del suo lucido e coraggioso magistero tanto ferisce il mio cuore come il cuore della Chiesa tutta.
La tematica che mi è stata affidata è la seguente:
HUMANAE VITAE E VERITATIS SPLENDOR:
UN’ISTRUZIONE IMPERATIVA PER LA CHIESA E IL MONDO ODIERNO


  1. INTRODUZIONE: FAKE NEWS E FALSIFICAZIONI DI PARTE

Inizio con una precisazione introduttiva che è necessaria per comprendere le circostanze attuali all’interno delle quali, in alcuni ambienti anche ecclesiali e culturali, si sta svolgendo il dibattito che ci interessa.
È fuor di dubbio che cinquant’anni fa la pubblicazione di Humanae Vitae sia stata accolta in un clima di grande contestazione.
Ieri, la strategia adottata da coloro che la contestavano era quella di contrapporla all’insegnamento di Gaudium et Spes. Per questo motivo si criticava l’enciclica di Paolo VI come un vero e proprio salto indietro perchè rinnegava il personalismo del Vaticano II facendo ricadere la Chiesa nell’oscurantismo del rigido Naturalismo.
Oggi invece si cerca di contrapporre Humanae Vitae a Veritatis Splendor, nel tentativo di aprire la strada ad una lettura diversa: quella tracciata da Amoris Laetitia. In altre parole, Amoris Laetitia di papa Francesco avrebbe introdotto in tutta la teologia morale un “nuovo paradigma” (cf. W. Kasper, E. Schockenhoff), quello del “primato della coscienza soggettiva” e del “discernimento caso per caso”, che permetterebbe ora di riconciliarsi finalmente con la Humanae Vitae.
Al momento questa riabilitazione del documento montiniano percorre la via dell’attacco al Magistero di San Giovanni Paolo II e in particolare di Veritatis Splendor, perchè troppo rigido e legalistico. La strada che si sta percorrendo con una certa forza, al momento, sarebbe quella di accusare falsamente Wojtyla di aver cercato di irrigidire le affermazioni di Humanae Vitae già al momento della sua stesura, trovando però resistenza nel flessibile e misericordioso Paolo VI. Si tratta di una vera e propria fake news, che vuole favorire una falsificazione interessata. Mai Wojtyla chiese la definizione infallibile di Humanae Vitae. Scrisse piuttosto, che essa doveva venire presentata come espressione di verità e non come semplice legge ecclesiastica positiva; ma questo è anche nel testo stesso di Humanae Vitae.
Insomma “Humanae Vitae sì” ma “tutto dipende da come la si interpreta”. Ci troviamo ancora a ritrattare il problema dell’Ermeneutica della Continuità tanto caro a Benedetto XVI e tanto combattuto dalla violenza modernista.
Per questo motivo, a mio giudizio, è profondamente erroneo e fuorviante, in questo 50esimo anniversario, esaltare il documento come un testo “profetico” e “sapienziale” con l’obiettivo di svuotarlo del suo contenuto veritiero e normativo specifico. Occorre pertanto rifondare e riconsiderare il legame tra le due encicliche Humanae Vitae e Veritatis Splendor.

  1. LA CRISI MORALE DEL RELATIVISMO

25 anni dopo la pubblicazione di Humanae Vitae, Giovanni Paolo II avverte l’urgenza di precisare la “sana dottrina” morale della Chiesa, perché ormai non si tratta più di una contestazione di singoli insegnamenti, ma “di una messa in discussione globale e sistematica del patrimonio morale, basata su determinate concezioni antropologiche ed etiche” (Veritatis Splendor n 4). In particolare le teorie del “Relativismo” e dell’ “Autonomismo” mettono in discussione il legame intrinseco rispettivamente tra Libertà e Verità come tra Fede e Morale. E’ evidente che il Santo Papa in questo punto si voglia esplicitamente riferire alla crisi di contestazione che ha investito la Teologia Morale Cattolica dopo Humanae Vitae e che aveva trovato ispirazione nella cosiddetta “etica di situazione”, nata in ambito protestante (Fletcher), ma poi sviluppatasi anche tra i cattolici (Steinbüchel), e condannata da Pio XII (1952, 1956).

L’enciclica Humanae Vitae viene citata da Veritatis Splendor in tre punti chiave della trattazione: ai numeri 80 (circa le azioni intrinsece mala),  n. 95 (sul nesso Verità e Misericordia) e n. 110 (sulla questione delle norme determinate da insegnare in fedeltà al Magistero). Si tratta di punti strategici, da considerare con attenzione.
Il nucleo dottrinale dell’enciclica di Giovanni Paolo II  consiste nella “riaffermazione dell’universalità e dell’immutabilità dei comandamenti morali e in particolare di quelli che proibiscono sempre e senza eccezioni gli atti intrinsecamente cattivi” (Veritatis Splendor n 115). Esso è stato definito con precisione ai nn. 79 e 80, dove si parla degli atti “intrinsecamente cattivi” per il loro oggetto intenzionale, che non possono in nessun caso venire scusati e trasformati in atti leciti o buoni, a partire dalla considerazione delle intenzioni soggettive o dalle conseguenze previste. Un  punto decisivamente interessante da considerare è che il termine “intrinsece inhonestum” è proprio quello tecnico che ricorre in Humanae Vitae n 14 per definire la contraccezione. Per questo si deve dire che l’insegnamento di Veritatis Splendor, nel suo nucleo dogmatico, si riferisce esplicitamente alla norma specifica insegnata da Humanae Vitae e ne precisa l’assolutezza senza eccezioni, secondo la sana dottrina della Chiesa, escludendo le interpretazioni relativistiche dell’etica della situazione o della circostanza.

  1. I FONDAMENTI DELL’INSEGNAMENTO MORALE DELLA CHIESA IN VERITATIS SPLENDOR E HUMANAE VITAE

Oltre al punto normativo specifico, Veritatis Splendor offre un insegnamento sui fondamenti morali che sostengono l’enciclica Humanae Vitae e lo fa in almeno quattro punti chiave:

  1. La natura della legge e l’autorità del Magistero della Chiesa.

La legge morale è espressione di una verità sul bene della persona, che ha il suo fondamento nell’alleanza con la sapienza creatrice di Dio. Questa è la posizione autenticamente cattolica (ben sintetizzata nel discorso di Benedetto XVI a Regensburg 12 settembre 2006), per la quale la legge comanda qualcosa perché è bene e lo proibisce perché è male: “iussum quia bonum, prohibitum quia malum”(comandato perché è buono; proibito perché è male). Insomma esiste qualcosa che precede le disposizioni positive della legge e alla quale esse guardano e devono necessariamente guardare. Non è assolutamente vero il contrario, come sostengono i nominalisti da Ockham in poi, e che può essere espresso nell’assunto: “malum quia prohibitum, bonum quia iussum”(male perché è proibito, buono perché è comandato). Per loro la legge è frutto di volontà arbitraria, e per questo potrebbe sempre mutare. Così i casuisti che arrivarono a pensare che la volontà di Dio avrebbe potuto cambiare anche nei comandamenti e rendere buono l’adulterio, il furto, l’omicidio etc. etc. e rendere cattivo ad esempio l’onore da rendere ai genitori.
Per questo Humanae Vitae insiste al n. 18 che “la Chiesa non è autrice né può essere arbitra della legge morale, ma ne è solo depositaria e interprete”.

  1. La legge Naturale

Fondamento dell’insegnamento di Humanae Vitae, è proprio la Legge Naturale “illuminata e arricchita dalla Rivelazione” (HV n. 4).
Dal canto suo Veritatis Splendor, per evitare i fraintendimenti che collegavano la Legge Naturale alle “leggi biologiche della natura” o addirittura della fisiologia, riprende e ripresenta la Legge Naturale nei suoi aspetti fondamentali: ne definisce il carattere razionale come partecipazione alla sapienza divina (n.40); ne presenta il carattere personale (nn. 47-50) e le note fondamentali di universalità e immutabilità (n. 51); ed infine ne presenta il fondamento cristologico (n. 53).
Oggi il rifiuto violento della Legge Naturale, che d’altronde sottende alla pretesa autonomistica della ragione moderna, si basa su un’antropologia dualistica che contrappone spirito e corpo, tipico di quella ispirazione gnostica, così condannata anche da papa Francesco.

  1. La coscienza morale

Di fronte alle equivoche esaltazioni della coscienza che ne danno un’interpretazione creativa e ne fanno un oracolo infallibile e insindacabile, Veritatis Splendor ne segnala il legame con la Verità da cui dipende – e deve necessariamente dipendere – nei suoi giudizi. Dal momento che essa può sbagliare, il documento esprime anche un afflato educativo preoccupandosi anche della formazione di una retta coscienza che sappia cogliere il Vero da cui dipende. Nello stesso senso Humanae Vitae ne sottolinea il ruolo interpretativo. Al n. 10 infatti dice: “né arbitra, né passiva esecutrice, la coscienza dei coniugi è chiamata a scoprire nel dialogo di preghiera con Dio i segni della sua volontà, aprendosi generosamente alla procreazione, ma anche deliberando eventualmente di limitare la procreazione di figli, senza però mai ricorrere a quei mezzi che il Magistero ha dichiarato in se stessi intrinsecamente cattivi”.

  1. La grazia : è possibile osservare la legge di Dio.

Veritatis Splendor al n. 102 riafferma con Sant’Agostino e col Concilio di Trento che l’osservanza della legge di Dio può essere difficile e talvolta anche difficilissima, ma tuttavia mai impossibile, perché Dio offre sempre l’aiuto sufficiente della sua grazia a chi glielo chiede con umile fiducia. Sarebbe un Pelagianesimo di nuovo conio quello di ridurre la legge Divina alle presunte capacità umane di osservarla: “solo nel mistero della Redenzione di Cristo stanno le concrete possibilità dell’uomo” (VS n. 103).
Così ugualmente anche Humanae Vitae al n. 25 insegna ai fedeli che l’osservanza della legge morale è sempre possibile con l’aiuto della grazia divina, che Egli mai nega, a chi umilmente la implora.

  1. MISERICORDIA E VERITÀ: LA DIMENSIONE PASTORALE

Infine va sottolineata la consonanza pastorale dei due documenti.

  1. Entrambi innanzitutto collocano l’azione pastorale della Chiesa nell’orizzonte soprannaturale di una guida alla salvezza eterna. Humanae Vitae al n. 25 afferma: “La figura di questo mondo passa” ed quindi in questa prospettiva integrale della vocazione cristiana che si può e si deve comprendere l’invito ad affrontare con coraggio le difficoltà e le prove. Il compito della Chiesa non può chiudersi nell’ambito della soddisfazione temporale e di una contentezza a misura mondana perché come affermava Paolo VI con “Il cristianesimo non è facile, ma è felice”.

  1. D’altra parte, come afferma San Giovanni Paolo II in Veritatis Splendor al n. 115: “l’esigente fermezza del comandamento si fonda sull’inesauribile amore misericordioso di Dio”. Il tema della misericordia, molto presente in entrambi i documenti, diversamente da quanto sta capitando in questi ultimi anni, non è mai usato per sminuire le esigenze della Verità e della Giustizia, come ci ricorda Humanae Vitae al n. 29: “non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime”.

  1. CONCLUSIONE
I due documenti sono dunque legati da un filo solido di continuità e di interpretazione. Il chiarimento dottrinale sui fondamenti della morale offerti da Giovanni Paolo II in Veritatis Splendor impediscono di vanificare l’insegnamento specifico di morale coniugale di Paolo VI in Humanae Vitae. Entrambi sono al servizio del tratto propriamente cristiano della nostra vita evangelica, che ha il carattere della testimonianza data al mondo (fino al martirio); e proprio in quanto controcorrente rispetto al modo di vivere di tutti, offre lo spettacolo di una felicità sconosciuta ai più (cf. Lettera a Diogneto).
Forse cari amici, proprio in questo esiste e persiste un aspetto “profetico” e “sapienziale” in questi due splendidi documenti del Magistero con la M maiuscola: ovvero l’aver anticipato, con i loro chiarimenti e nella loro normatività – che esiste, persiste e non muta perché in stretta dipendenza con la Verità – le difese per una battaglia che all’epoca sembrava in atto ma che era solo in preparazione, che sembrava esplosa ed invece era stata solamente annunciata. E forse cari amici – riscorrendo le parole di Sr Lucia di Fatima all’indimenticabile Cardinale Caffarra sulla battaglia finale sulla Famiglia – questo è stato il nostro errore, l’aver pensato che la guerra fosse già stata vinta quando nemmeno era iniziata.
Prendiamo quindi coscienza della situazione e con le parole pronunciate durante l’omelia alla S. Messa del Capital Mall da San Giovanni Paolo II a Washington il 7 ottobre 1979, alzandoci in piedi, preghiamo e reagiamo:
“Ci alzeremo in piedi (We will stand up) ogni volta che la vita umana è minacciata. Quando il carattere sacro della vita prima della nascita viene attaccato, noi ci alzeremo in piedi per proclamare che nessuno ha il diritto di distruggere la vita prima della nascita. Quando si parla di un bambino come un peso o lo si considera come mezzo per soddisfare un bisogno emozionale, noi ci alzeremo in piedi  per insistere che ogni bambino è dono unico e irripetibile di Dio, che ha diritto ad una famiglia unita nell’amore. Quando l’istituzione del matrimonio è abbandonata all’egoismo umano e ridotta ad un accordo temporaneo e condizionale che si può rescindere facilmente, noi ci alzeremo in piedi affermando l’indissolubilità del vincolo matrimoniale. Quando il valore della famiglia è minacciato da pressioni sociali ed economiche, noi ci alzeremo in piedi riaffermando che la famiglia è necessaria non solo per il bene privato di ogni persona, ma anche per il bene comune di ogni società, nazione e stato (cf. Giovanni Paolo II, Allocutio in Audientia Generali, 3 gennaio 1979). Quando poi la libertà viene usata per dominare i deboli, per sperperare le ricchezze naturali e l’energia, e per negare agli uomini le necessità essenziali, noi ci alzeremo in piedi per riaffermare i principi della giustizia e dell’amore sociale. Quando i malati, gli anziani o i moribondi sono abbandonati, noi ci alzeremo in piedi proclamando che essi sono degni di amore, di sollecitudine e di rispetto.” E così…TEMPORA BONA VENIANT, PAX CHRISTI VENIAT, REGNUM CHRISTI VENIAT.