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lunedì 30 aprile 2018

Opzione Benedetto: una proposta attuale? Intervista a Giovanni Formicola


Un'interessante intervista all'amico Giovanni Formicola sull'Opzione Benedetto.
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Opzione Benedetto, 21 aprile 2018
Uno dei (pochi) segni di vitalità del cattolicesimo nel mondo occidentale è rappresentato da Opzione Benedetto. Per saperne di più proponiamo un’intervista a Giovanni Formicola, avvocato napoletano, “animatore” del nostro gruppo Opzione Benedetto, sorto qualche anno fa in Campania. 


Negli ultimi mesi in Italia si è molto parlato di Opzione Benedetto. Può spiegarci di cosa si tratta?

Nel 1981 lo studioso scozzese di orientamento aristotelico-tomista, Alasdair MacIntyre, pubblicava negli Stati Uniti dove insegnava, After virtue. A study in moral theory, che dopo qualche anno fu tradotto e pubblicato in Italia. Il suo saggio di teoria morale si concludeva con una considerazione di prospettiva.

«Ciò che conta, in questa fase, è la costruzione di forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita morale e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi. E se la tradizione delle virtù è stata in grado di sopravvivere agli orrori dell’ultima età oscura, non siamo del tutto privi di fondamenti per la speranza. Questa volta, però, i barbari non aspettano al di là delle frontiere: ci hanno governato per parecchio tempo. Ed è la nostra inconsapevolezza di questo fatto a costituire parte delle nostre difficoltà. Stiamo aspettando non Godot, ma un altro San Benedetto, senza dubbio molto diverso».

Credo sia stata questa pagina a ispirare lo scrittore e pubblicista statunitense Rod Dreher, convertito alla cosiddetta ortodossia, quando ha proposto ai cristiani del terzo millennio – così portandola all’attenzione pubblica, con una forte eco mediatica – quella che lui chiama Opzione Benedetto.

Qual è il percorso che ha portato Rod Dreher a formulare l’Opzione Benedetto? Chi sono i suoi ispiratori antichi e moderni?

Credo sia saggio farlo dire a lui.

«Alcuni mi dicono che sono un allarmista, ma secondo me i cristiani che non sono allarmati da quello che sta succedendo intorno a noi hanno qualche problema a leggere i segni dei tempi. Sono soltanto un realista».

Dreher si muove e parla, oggi, a valle di decenni in cui i frutti della Rivoluzione sessuale sono diventati costume. Meglio, però, e più corretto sarebbe dire Rivoluzione erotica, per significare il disordine e la sovversione della sessualità – ch’è cosa buona, come tutto ciò ch’è stato creato, e sessuati il Creatore ci ha fatti – in erotismo, anzi in erotomania. E poi è stata pretesa copertura giuridica per questi frutti, con la traduzione del desiderio e del rifiuto del dato di natura in diritto e diritti. Ebbene, in questi anni i Repubblicani – cioè il partito statunitense percepito come conservatore e più attento ai principi cristiani in politica – sono stati per più tempo al governo, hanno avuto più maggioranze parlamentari e hanno scelto più giudici per la Corte Suprema dei democratici. E ciò nonostante

«l’America è popolata da una maggioranza immorale».

A fronte di tutto ciò, così sommariamente detto, la teoria di Dreher è questa:

«Potrebbe essere che il modo migliore per fermare la marea è… non fermare la marea? Cioè, smettere di disporre i sacchi di sabbia e costruire invece un’arca dove ripararci fino a che le acque non si saranno ritirate e potremo mettere i piedi di nuovo sulla terra asciutta?».

«Anche se si pensava che i conservatori cristiani combattessero una guerra culturale, con l’eccezione dell’aborto e del matrimonio gay, era difficile vedere la mia gente combattere davvero. Sembrava piuttosto che fossimo contenti di essere i cappellani di una cultura che stava perdendo rapidamente il senso dell’essere cristiani».

È per recuperare quel senso che si apre lo scenario dell’Opzione Benedetto, che assume i tratti di padre Cassiano, ex abate di Norcia.

«I monaci benedettini di Norcia – scrive Dreher – sono un po’ come i Marine della vita religiosa, si addestrano costantemente per la guerra spirituale».

E in questa «guerra spirituale», militia est vita hominis super terram (Gb 7,1), Rod Dreher suggerisce, tra le mosse più urgenti che

«È ora che tutti i cristiani tolgano i loro figli dalla scuola pubblica».

In America non solo è possibile, ma già da tempo ha dato luogo al fenomeno dell’homeschooling, che sta raggiungendo dimensioni ragguardevoli, allo scopo di sottrarre le giovani e giovanissime generazioni alla nefasta influenza dei programmi scolastici e degl’itinerari educativi orientati, solo per fare esempi attuali e d’immediata comprensione, dall’ideologia gender e dall’omosessualismo, ma non è da sottovalutare assolutamente quanto avviene con la storia riscritta e taciuta, e con la scienza piegata all’ideologia evoluzionistica.

Questa è l’Opzione Benedetto, mi sembra, secondo Rod Dreher, ancorché, come dicevo, sommariamente e forse grossolanamente riassunta. Essa muove dalla constatazione che le cultural wars, cioè lo scontro di civiltà all’interno del mondo che fu, bene o male, Cristianità, siano state perse. Perciò si tratta in un certo senso di ricominciare da capo, custodire per trasmettere. Quello che già avvenne nel secolo delle invasioni barbariche e della caduta dell’Impero, che non poteva – e nemmeno meritava più per la sua generalizzata corruzione, ivi compresa una diffusa pratica omoerotica – d’essere puntellato.

Mi sembra quindi di capire che si tratti in sostanza di una proposta per vivere il cristianesimo in un mondo ormai divenuto post-cristiano, se non addirittura anti-cristiano. E’ così?

Direi proprio che di questo si tratti. Ma si deve aggiungere che non è una fuga dal mondo, bensì un modo per provare a ricominciare, a cristianizzare di nuovo la società temporale, a restituire la città a Cristo, mediante la conversione propria, poi degli altri uomini, infine dei modelli e delle istituzioni culturali e civili, con un movimento dal basso, come avvenne nei primi secoli dell’era cristiana, e poi, dopo la grande crisi, con il monachesimo, specie benedettino.

E' evidente che il riferimento sia al Santo di Norcia. Non c'è quindi nessun nostalgismo per Benedetto XVI?

I fatti e i protagonisti della storia subiscono la legge del tempo. In questo senso non si torna indietro, e le nostalgie non servono a nulla. Il riferimento è a san Benedetto, ma è un semplice riferimento paradigmatico. Non solo nemmeno lui torna, ma se ci sarà una figura a lui assimilabile per la funzione storica di civiltà, ch’è quella che a noi interessa, sarà come scrive MacIntyre senza dubbio molto diversa, e potrebbe anche avere una dimensione collettiva.

Generalmente i movimenti “conservatori” esprimono forti riserve nei confronti di Papa Francesco. Qual è la vostra posizione?

Papa Francesco è senza alcun dubbio il Vicario di Cristo, il successore di Pietro, e ubi Petrus, ibi Ecclesia; ubi Ecclesia, ibi Christus, l’unico Salvatore. Perciò extra Ecclesia nulla salus, e nella Chiesa si sta cum Petro e sub Petro.
Ciò detto,

«Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo. Lo fece Papa Giovanni Paolo II, quando, davanti a tutti i tentativi, apparentemente benevoli verso l’uomo, di fronte alle errate interpretazioni della libertà, sottolineò in modo inequivocabile l’inviolabilità dell’essere umano, l’inviolabilità della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale. La libertà di uccidere non è una vera libertà, ma è una tirannia che riduce l’essere umano in schiavitù. Il Papa è consapevole di essere, nelle sue grandi decisioni, legato alla grande comunità della fede di tutti i tempi, alle interpretazioni vincolanti cresciute lungo il cammino pellegrinante della Chiesa. Così, il suo potere non sta al di sopra, ma è al servizio della Parola di Dio, e su di lui incombe la responsabilità di far sì che questa Parola continui a rimanere presente nella sua grandezza e a risuonare nella sua purezza, così che non venga fatta a pezzi dai continui cambiamenti delle mode» (Benedetto XVI, Omelia nella Messa d’insediamento sulla Cathedra Romana, 7 maggio 2005).

Intelligenti pauca…

Recentemente sono sorte delle critiche, anche in ambito ecclesiale, che hanno paragonato chi segue l’Opzione Benedetto a dei puristi incapaci di vivere nel mondo. Cosa risponderebbe in proposito?

Anzitutto, bisogna intendersi su che cosa significhi Opzione Benedetto per noi. Non siamo i seguaci di Rod Dreher – anche perché siamo cattolici e lui è ortodosso –, ma la formula che ha imposto all’attenzione di molti nel nostro tempo ci è sembrata idonea a dire in due parole la nostra prospettiva.

Si tratta, per quel che ci riguarda, anche in analogia al numero e all’assoluta povertà di mezzi, di fare come quei nostri padri. Formare e riunire comunità, seppure esigue quantitativamente, ma omogenee spiritualmente e culturalmente, per custodire, mediante una formazione ininterrotta, e trasmettere, mediante ogni mezzo lecito e legittimo, una visione del mondo fondata su quei principi antropologici, di fede e di ragione, non negoziabili, costitutivi della sensibilità e della mentalità – cioè della cultura, che non va confusa illuministicamente con l’istruzione e men che meno con l’erudizione – ch’erano comuni tra gli uomini, persino al di là della fedeltà personale e della pratica coerente. Essi, compresi nel senso che hanno acquisito dalla migliore tradizione dell’umanità, quella cristiana, sono all’origine della civiltà in quanto tale. Ch’è verità, bene, giustizia e bellezza, calati nelle istituzioni e nel panorama sociale.

È questo che va ricostruito e reso egemone con un’azione civico-culturale contro-rivoluzionaria. Contro la Rivoluzione con la maiuscola, cioè, alla scuola del pensatore, politico e uomo d’azione brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1998-1995), contro un intenzionale, unitario, universale, totale, processo storico in quattro grandi tappe – umanesimo ateo e pseudo-Riforma protestante; Rivoluzione in Francia; Comunismo; Rivoluzione culturale (Sessantotto) –, oggi dominanti e compresenti. Esso è inteso alla distruzione della civiltà cristiana, e quindi alla dissoluzione dell’uomo. Ha prodotto le macerie spirituali e morali – in alcuni suoi lunghi e frequenti momenti, anche e tragicamente materiali, basti pensare al XX secolo, il secolo del male, secondo Alain Besançon –, che costituiscono il panorama in cui è oggi situata la nostra esistenza, nel quale ci muoviamo e agiamo.

La civiltà consegue evidentemente, l’ho appena detto, a una cultura diffusa e egemone. Essa è tale quando è un habitat idoneo all’uomo, considerato anche nella sua vocazione soprannaturale, e cioè rivolto ad immortalia et semper manentia, alla trascendenza.

Tornando ai suoi principi, non negoziabili in quanto scaturenti dalla stessa natura dell’uomo – antropologici in questo senso – e dall’ordine dell’essere, riconosciamo l’ordine di priorità, non chiuso, proposto da Benedetto XVI.


La vita da promuovere, proteggere, non manipolare e custodire fino al suo esito naturale, perché – ed è ovvio – è un diritto naturale e senza nascite la storia finisce.

La famiglia, una sola, fondata sul matrimonio indissolubile, e non relativizzabile affiancandole forme pervertite scaturite da desideri contro-natura, perché senza o con la sua trista parodia ormai diffusa, il neo-nato nudo e infante (incapace di parlare) non si umanizza ma inselvatichisce, dominato da passioni e istinti incontrollabili, e cagiona danni incalcolabili.
Rod Dreher
L’educazione, perché è diritto, ma soprattutto dovere, della famiglia primario ed esclusivo, nel senso che seppur delegato ad altri soggetti, per ovvie ragioni d’impossibile auto-sufficienza, specialmente per quel che riguarda l’istruzione, deve rimanere sotto il suo controllo, salvo che venga esercitato in modo deteriore e immorale alla stregua delle tradizionali evidenze etiche e di buon senso, non certo delle moderne ideologie, come il gender e l’omosessualismo.

Se questa per taluno è una modalità incapacitante di vivere nel mondo, lascio a lui la responsabilità del giudizio. Per parte mia, sembrano più convincenti le parole del professor Lugaresi, patrologo, nelle quali ritrovo il senso che diamo al nostro impegno nell’Opzione Benedetto.

«Esiste […] una […] modalità di rapporto che un gruppo minoritario può intrattenere con il mondo che lo circonda e lo “assedia”, ed è quella di entrare con esso in una relazione fortemente critica e di esercitare – anche in forza della propria capacità di mantenere compattezza e coerenza di comportamenti rispetto ai giudizi così elaborati – un’influenza culturale sulla società, che alla lunga può arrivare a metterne in crisi l’assetto generale. […] Il cristianesimo è stato effettivamente capace di realizzare, nell’arco di alcuni secoli, un vero cambiamento di paradigmi culturali – visione del mondo, modelli di comportamento, forme espressive –, acquisendo una posizione via via sempre meno marginale nello spazio pubblico e incidendo in esso in misura crescente» (cfr. appendice).

Quanto all’accusa d’essere «puristi», mi basta guardarmi allo specchio la mattina, per riderne. Essa mi sembra ingiustamente malevola, ma soprattutto tipica di chi non ha argomenti di merito. Parlo adesso in prima persona perché non è giusto parlare, in simili questioni, anche per conto terzi. Mi sento migliore di altri? Ma come potrei? Vorrei, questo sì, essere migliore, come prescrive Gesù, «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Nel senso, cioè, d’un’intenzione verso la perfezione, il che significa semplicemente verso la santità – esercizio eroico delle virtù cristiane –, senz’accontentarsi d’una virtù mediocre, seppure possa esistere una virtù mediocre. E soprattutto, come vuole san Paolo (Rm, 12,2), senza adeguarsi allo spirito del mondo circostante. Non si può, non si deve, annacquare, diluire, tacere, abbassare continuamente l’asticella della verità dottrinale, del precetto morale, del culto e delle devozioni, nonché dei tradizionali mezzi ascetici, per poter andare d’accordo con tutti sempre, dimenticando che Gesù ha portato anche, se non solo, la divisione (Lc, 12,51). Non si può, non si deve, temere d’infastidire il mondo mondano con il giudizio che di fatto gli viene da un comportamento ad esso alternativo, e che manifesta la volontà di cambiarlo, parlando senza timidezze di conversione.

Il donatismo che si vorrebbe imputare all’Opzione Benedetto – l’eresia secondo la quale solo i perfetti possono trattare le cose sacre, che condanna sé stessa perché, se così fosse, la Chiesa neppure sarebbe giunta al secolo IV, quello del vescovo Donato che le dà il nome – è un’accusa che qualifica chi la muove, e quanto al costruire muri, come pure ebbe a dire vent’anni fa un maestro autentico, non so se questa fosse l’intentio di MacIntyre o sia quella di Dreher, certo non è la nostra, se non nel senso di costruire rifugi, come chiede Nicolàs Gòmez Dàvila (cfr. appendice).

In ogni caso, sebbene io non abbia mai frequentato facebook, poiché la nostra non è una fuga dal mondo, abbiamo allestito anche una pagina, come si dice, FB, che qualche caro amico gestisce – io ne sono incapace – e con la quale, anche con la quale, stiamo nel mondo, senza essere del mondo (www.facebook.com/OpzioneBenedetto).

A proposito di cristiani nella società contemporanea, più di un commentatore ha messo in evidenza la scomparsa dei cattolici (e dei partiti cattolici) dalla scena politica italiana. Come giudica questo dato di fatto? C’è rimedio?

Chi semina vento raccoglie tempesta. Il vento è il compromesso come paradigma, la mediazione esasperata nei principi, il moderatismo (che vuol dire annacquamento sistematico dei principi e delle verità, non l’umanamente dovuta moderazione, cioè controllo della passione e dell’istinto disordinati). La mancanza di fiducia nella professione integrale – almeno la professione – della verità antropologica, sociale e politica, con le obbligazioni di morale e di diritto naturali che ne derivano senza implicare direttamente la fede – ma da questa rischiarate e rese nitide –, e perciò parti integranti del bene comune, ha reso poco credibile, anzitutto a sé stesso il politico cattolico.

Di esso rimane il nome, quando c’è, ma non la realtà, ben descritta da documenti vincolanti del magistero, come la Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, resa dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 24 novembre 2002, e approvata dal santo Padre san Giovanni Paolo II. Politici e giuristi cattolici hanno sottoscritto e proposto al Parlamento, nel 2015 – col solito pretesto di cedere per non perdere, quand’era in discussione la legge detta Cirinnà sulle Unioni civili omorerotiche, poi approvata –, un Testo Unico, poi qualificato Statuto delle convivenze omosessuali. Esso violava in modo flagrante e diretto un altro documento della CDF del 3 giugno 2003 (memoria dei santi Carlo Lwanga e compagni, martirizzati per non aver ceduto alle pretese sodomitiche del loro re in Uganda), pure approvato dal santo Padre, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, che proibiva il consenso politico ad ogni tipo di legalizzazione – cioè: istituto scaturigine di diritti – della relazione omoerotica. Se si pensa a cose del genere, chi può stupirsi della scomparsa tendenziale del politico cattolico? Noto è il caso di uno così detto, indicato a suo tempo da un vescovo curiale come modello, e oggi senatore eletto grazie alla coalizione di sinistra, quella che ha approvato nella scorsa legislatura divorzio sprint, unioni civili omoerotiche, biotestamento, ovvero legalizzazione dell’eutanasia. Solo la fedeltà alle questioni di principio, e l’intelligente intransigenza politica nel sostenerle e difenderle, possono assicurare consensi. I brodini hanno poco mercato.

Per rispondere alla sua domanda, giudico questo dato di fatto appunto un fatto, e contra factum non valet argumentum. Se sarà stato un bene lo scopriremo solo vivendo. In questo senso, avendo vissuto, possiamo dire che finora la presenza politica dei cattolici, nella misura in cui è stata una stagione democristiana, è stata un totale fallimento, distruttiva di quanto nell’ordinamento – fattore privilegiato di civiltà o di anti-civiltà – ancora corrispondeva ai principi dell’autentico bene comune. Dal 1948, settant’anni dopo, divorzio, nuovo diritto di famiglia, aborto, eutanasia, unioni civili omoerotiche, per citare solo i fatti normativi d’impatto totale, hanno segnato un processo di secolarizzazione e di smarrimento delle conseguenze culturali della fede mostruoso.
Sacro Speco di Subiaco
Questo, in estrema sintesi, il fatto. Il rimedio? Credo solo dal basso, solo attraverso quelle «comunità creative» di cui parla mons. Crepaldi, arcivescovo di Trieste (cfr. appendice), tra le quali spero giochi un ruolo anche la nostra Opzione Benedetto, in tempi umanamente non calcolabili – ma ci sarà chiesto conto dell’impegno, non dell’esito –, si potrà rimontare dall’abisso morale, antropologico e sociale in cui siamo caduti, e restaurare un mondo a misura d’uomo (creatura che reca l’immagine e la somiglianza divine) e secondo il piano di Dio (cfr. san Giovanni Paolo II, Discorso nell’ottantesimo anniversario della Rerum Novarum, del 31 ottobre 1981).

Negli Stati Uniti esistono diversi esempi di quelle “comunità intenzionali” auspicate da Dreher, ad esempio l'abbazia benedettina di Clear Creek in Oklahoma, ma anche altre di diversa confessione cristiana. Crede che in Italia si possa seguire tale esempio?

Posso solo dire che lo spero e che lavoriamo per questo.

Cosa differenzia la realtà dell’Opzione Benedetto che lei guida in Campania da quelle immaginate da Dreher?

Premetto che la nostra allo stato non è un’associazione, ma vuol essere una cornice di riferimento (e se si vuole anche di promozione o almeno ispirazione), di tutto quello che può muoversi, come ho detto già, nella direzione della conservazione, custodia e trasmissione dei principi e delle verità, della vita spirituale e di culto, che sono l’anima e il fondamento d’una civiltà moralmente sostenibile, che possa piacere a Dio ed esser una buona casa per l’uomo. Quindi, io non mi sento una guida, ma tutt’al più un sollecitatore (anche con l’esempio, per quanto posso), e per questo, con chiunque ci stia, organizziamo riunioni di formazione, momenti d’orazione, anche liturgica, presentazione di testi solidi e sicuri (la sicurezza dottrinale ce la fornisce, per quanto possibile alle nostre capacità di discernimento, la pacifica tradizione magisteriale e culturale cattolica, anche da parte di dottori e maestri laici, e per quel che riguarda l’attualità, diciamo un po’ d’intuito maturato nel tempo), convegni, conferenze, colloqui, etc. Sono i nostri pochi pani e pesci che conferiamo. Quel che ne sortirà, e quando, lo sa e lo vorrà Dio, Padre Figlio e Spirito Santo.

Spesso i gruppi di Opzione Benedetto sorgono intorno ad una comunità religiosa o a dei sacerdoti. E’ così anche per voi?

Per ora no. Anche in questo, però, trattandosi di opus in fieri, lo vedremo solo vivendo.

Per molti può risultare difficile comprendere cosa sia un gruppo Opzione Benedetto. Può spiegarci in pratica cosa fa e come vi si può aderire?

Che cosa fa, mi sembra di averlo detto. Come vi si può aderire? Se si condivide, dando una mano, promuovendo ovunque e comunque possibile (anche in un salotto) attività di studio (anzitutto personale) e divulgazione, e partecipando alle nostre iniziative.

Nell’appendice si potrà trovare qualche indicazione, di genere, non specifica. Lo ripeto, i lavori sono in corso, e la pratica, senza toccare i principi, è criterio di discernimento.

Per esempio, sono tre anni che con cadenza trimestrale teniamo, in Campania, una giornata di formazione e convivialità, intitolata dopo la sua improvvisa scomparsa a mio nipote ventisettenne Andrea Pappalardo, che non la seguiva, ma morì la sera precedente una di esse, che fu perciò naturalmente sospesa e rinviata Ho voluto allora legare, con il consenso degli amici, il suo nome a questa nostra attività. Essa inizia il sabato mattina e si conclude verso le 15.30 – diciamo ch’è una mezza giornata. Consta di due interventi di formazione a tema definito, e di un bel pranzo (il ristorante in cui si tiene, Famiglia Principe 1968, a Nocera, è di ottimo livello).

Diciamo che forse la nostra Opzione Benedetto si viene formando proprio intorno a quest’incontri, che seguivano, aggiornandolo nella durata e nella rilevanza data alla convivialità, il modello del ritiro di formazione di Alleanza Cattolica (AC).

Tengo a dire che di quest’associazione – al momento dei primi di quest’incontri, nel 2015 – ero ancora il reggente regionale. Poi ne sono stato espulso, perché non condividevo il favore espresso per lo Statuto delle convivenze omosessuali, di cui sopra, e la sua promozione legislativa (fallimentare), nonché la lettura, a mio avviso infondata, ultraprogressista e opposta a quella dell’allora prefetto (massima e istituzionale autorità per l’interpretazione dei testi del magistero) della CDF, card. Gerhard Müller, di Amoris Laetitia. Interpretazione contenuta nel numero 380 della rivista Cristianità – organo ufficiale di AC –, che apre alla Comunione dei concubini sebbene non separino se non le vite, almeno i letti, come la Chiesa ha sempre insegnato sulla base della Parola del Signore, inequivocabile, sebbene non audioregistrata. Devo anche dire che non rinnego (anzi!) i decenni di militanza in quest’associazione, finché è stata una delle opere più benemerite e qualificate nel panorama delle associazioni in Italia. Quello che ho capito l’ho capito in essa, in particolare grazie al suo fondatore, Giovanni Cantoni (naturalmente non responsabile dell’esito), il mio autentico maestro di vita anche spirituale e di militanza cattolica e contro-rivoluzionaria. 

Tornando alla nostra giornata, essa funziona, ci siamo stabilizzati sulla trentina di partecipanti, e finché tiene continuiamo, magari adattandola ad esigenze che dovessero emergere. Se invece non tenesse più, studieremmo altre formule.

Oltre alle giornate di formazione di cui ci ha appena parlato, quali sono i prossimi incontri che avete in programma?

Quest'anno ci siamo dedicati al cinquantenario del Sessantotto e dell'enciclica del beato Paolo VI "Humanae Vitae", presentandoli com'espressione di antropologie contrapposte e irriducibili, sia organizzando incontri in proprio, sia sollecitandoli in ambienti culturalmente e spiritualmente affini. I prossimi incontri promossi nella nostra cornice, si terranno a Napoli venerdì 4 maggio alle ore 18:00, presso la Sala museo di "Casa Ascione", con la presenza del padre domenicano Giorgio Maria Carbone. E a Salerno l'8 giugno presso la parrocchia di San Pietro in Camerellis.

E’ necessario essere consapevoli di seguire l’Opzione Benedetto oppure crede che molte realtà facciano ciò in maniera inconsapevole?

Credo che sia proprio come dice lei. È per questo che preferisco parlare di cornice – ideale, non giuridica – invece che, al momento, di associazione.

L’intervista è stata effettuata nell’aprile 2018

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Appendice di testi per meglio comprendere che cosa intendiamo e cosa vorremmo fare con Opzione Benedetto

Dobbiamo vivere la militanza cristiana con il buon umore del guerrigliero, non con la cupezza di una guarnigione assediata.

Non faccio parte di un mondo che decade. Io prolungo e trasmetto una verità che non muore

Siamo ripiombati in una di quelle epoche che dal filosofo non si aspettano né una spiegazione né una trasformazione del mondo, ma solo la costruzione di un rifugio qualsiasi contro l’inclemenza del mondo.
Nicolàs Gòmez Dàvila (1913-1994).

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Frattanto anche quest'epoca troverà il suo solstizio. Il cuore umano si polverizza ma non si polverizzerà mai la meta di esso. […] La cenere di tempi brutti è divenuta il sale fertilizzante per tempi migliori. Invece di migliorare l'epoca, ognuno migliori se stesso, il proprio Io. Allora tutto si accomoderà perché l'epoca consiste in una pluralità di individui. Ognuno seguiti a lavorare e a scavare in silenzio, con la lampada sulla fronte, nel buio del suo ripiano e nel pozzo della sua miniera, senza preoccuparsi delle acque che rumoreggiano all'intorno.
Jean Paul, pseudonimo di Johann Paul Friedrich Richter (1763-1825).

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[…] non gli spiriti deboli, trascinati da qualunque vangelo di una nuova epoca, ma gli spiriti forti, fedeli insieme al passato, sono in grado di dare origine al vero futuro.
Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling (1775-1854).

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Io non vedo altro che opzioni Benedetto, che lascino scorrere la marea conservando un po’ di terra buona, acqua potabile, e fuoco per illuminare e riscaldare l’attesa dello sposo. Questi nuovi monasteri hanno mura impalpabili, sono i legami di famiglie e amici che sono perseveranti nella fede, sono i bit e i pixel che uniscono i lettori e sostenitori della tua Bussola, sono onde radio e pagine di libri e di riviste di scrittori ed editori coraggiosi e sono il supporto delle tante piccole realtà che non abiurano. Un nuovo anno inizia, auguri a te e ai lettori, le pallottole continueranno a fischiare e le bombe a cadere, niente di nuovo dal fronte.
Renzo Puccetti, L’opzione Benedetto per una Chiesa martoriata, NBQ 3 gennaio 2018

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È stato anche il problema della Chiesa dei primi secoli: come vivere da cristiani in un mondo non (ancora) cristiano. C’è un fattore, che alla coscienza dei cristiani di allora è stato molto presente e invece oggi si tende a non riconoscere più, mentre è determinante nel modo di affrontarlo: è quello della "krisis", cioè del giudizio che è capace di "mettere in crisi" la cultura mondana, e della "chresis", cioè della capacità di "usare nel modo giusto" ciò che tale cultura possiede ma non sa più usare correttamente. La cosiddetta "opzione Benedetto" supera il rischio di diventare una autoghettizzazione se – come credo sia nella mente dell'autore – è armata di questa forte "capacità critica", che è il contrario della chiusura, anzi è la vera forma di dialogo col mondo che i cristiani, esplicitamente chiamati da Cristo ad essere lievito, sale e luce del mondo, possono e devono condurre. […] Esiste […] una […] modalità di rapporto che un gruppo minoritario può intrattenere con il mondo che lo circonda e lo "assedia", ed è quella di entrare con esso in una relazione fortemente critica e di esercitare – anche in forza della propria capacità di mantenere compattezza e coerenza di comportamenti rispetto ai giudizi così elaborati – un’influenza culturale sulla società, che alla lunga può arrivare a metterne in crisi l’assetto generale. […] Il cristianesimo è stato effettivamente capace di realizzare, nell’arco di alcuni secoli, un vero cambiamento di paradigmi culturali – visione del mondo, modelli di comportamento, forme espressive –, acquisendo una posizione via via sempre meno marginale nello spazio pubblico e incidendo in esso in misura crescente.
Leonardo Lugaresi, patrologo, in Settimo Cielo (blog), 17 febbraio 2018.

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Senza dubbio la tutela e la conservazione della presente consistenza delle forze cattoliche nel vostro popolo è già di per sé impresa altamente meritoria. Suol dirsi però che chi si restringe a star sempre sulla difensiva, va lentamente perdendo. E in realtà l’Azione cattolica vuol essere più che la pura coesione di cattolici fedeli. Il suo scopo ultimo è di riguadagnare il perduto e di avanzare a nuove conquiste. Voi perciò non dovete acquietarvi finché quei ceti degli uomini colti e quella parte dei lavoratori, che per infelici contingenze si sono allontanati da Cristo e dalla Chiesa, non abbiano trovato la via del ritorno. [...] Non chiudetevi dunque in voi stessi, ma spingetevi innanzi nelle file aliene, per aprire gli occhi degl’ingannati e degl’illusi alle ricchezze della fede cattolica. Talvolta soltanto malintesi, più spesso ancora una completa ignoranza, li dividono da voi. Non pochi di loro attendono forse un cuore amante da parte vostra, un’aperta spiegazione, una parola liberatrice. Nell’arte di guadagnare gli uomini voi potete apprendere qualche cosa anche dai vostri avversari. Meglio ancora: imparate dai cristiani dei primi secoli! Soltanto così, con una sempre nuova azione e penetrazione nel mondo pagano, la Chiesa da umili inizi poté crescere e progredire, spesso fra indicibili travagli e martìrii, altre volte attraverso decenni di maggiore o minore tranquillità e di più o meno largo respiro, finché dopo tre secoli il potente Impero si vide costretto a confessarsi vinto e a concludere con la Chiesa la pace.
Pio XII (1939-1958), Discorso agli Uomini di Azione Cattolica, 7 settembre 1947.

***

[…] in determinate circostanze, è possibile non avere troppe obiezioni di fronte a un’organizzazione autoritaria […]. Non vi è nulla di sbagliato in questo: in determinate circostanze è una necessità per il funzionamento di una società che si trovi in condizioni culturali primitive. Ma la cosa è molto diversa se il leader autoritario è al contempo un ideologo e compie omicidi di massa nel caso in cui il popolo opponga resistenza di fronte ai suoi progetti più bizzarri. Questa è una cosa completamente diversa. Quindi non sarebbe corretto, dal punto di vista della giustizia, obiettare immediatamente se, in determinate circostanze, vi fosse una sorta di leader autoritario […]. Il presupposto, tuttavia, è che il leader autoritario non sia un nazista o un comunista o un ideologo di altro tipo ma una persona che viva secondo una concezione di stampo classico e cristiano.
Eric Voegelin (1901-1985), Hitler e i tedeschi, 2005.

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Il sogno di un’utopia infatti, cioè il sogno di raggiungere una società perfetta organizzando gli uomini secondo un progetto prestabilito invece che formandoli attraverso un processo educativo, è un affare serio: è qualcosa di simile alla stregoneria in campo politico.
Eric Voegelin (1901-1985), Ordine e storia. La filosofia politica di Platone, 1986.

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I capi non s’improvvisano, soprattutto in epoca di crisi. Trascurare il compito di preparare nei tempi lunghi e con severità d’impegno gli uomini che dovranno risolverla, significa abbandonare alla deriva il corso delle vicende storiche.
Giovanni Paolo II (1978-2005), Discorso alla famiglia dell’Istituto Borromeo, 3 novembre 1984.

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[…] servono itinerari pedagogici che rendano idonei i fedeli laici ad impegnare la fede nelle realtà temporali. Tali percorsi, basati su seri tirocini di vita ecclesiale, in particolare sullo studio della dottrina sociale, devono essere in grado di fornire loro non soltanto dottrina e stimoli, ma anche adeguate linee di spiritualità che animino l'impegno vissuto come autentica via di santità.
Giovanni Paolo II (1978-2005), Ecclesia in Europa. Esortazione apostolica post-sinodale su Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa, sorgente di speranza per l’Europa, 2003.

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Un punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romano e smisero d’identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale imperium. Il compito che invece si prefissero (spesso senza rendersi conto pienamente di ciò che stavano facendo) fu la costruzione di nuove formule di comunità entro cui la vita potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca incipiente di barbarie e di oscurità. […] da qualche tempo anche noi abbiamo raggiunto questo punto di svolta. Ciò che conta, in questa fase, è la costruzione di forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita morale e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi. E se la tradizione delle virtù è stata in grado di sopravvivere agli orrori dell’ultima età oscura, non siamo del tutto privi di fondamenti per la speranza. Questa volta, però, i barbari non aspettano al di là delle frontiere: ci hanno governato per parecchio tempo. Ed è la nostra inconsapevolezza di questo fatto a costituire parte delle nostre difficoltà. Stiamo aspettando non Godot, ma un altro San Benedetto, senza dubbio molto diverso.
Alasdair MacIntyre (1929-vivente), Dopo la virtù. Saggio di teoria morale,1988.

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Senza dubbio non si ricostituirà presto una civiltà cristiana, ma si possono costituire delle isole o dei fortini, come amava ricordare il compianto padre Roger-Thomas Calmel O.P. (1914-1975). Propongo sull’argomento alcuni fatti concreti che siano capaci d’illuminare la nostra riflessione.
Quando i primi monaci hanno fondato i loro monasteri nei paesi selvaggi dell’Europa, ciò che più tardi darà vita alla civiltà, essi hanno fatto tre cose: hanno coltivato la terra (un lavoro senza frode); hanno formato delle comunità fraterne, d’ispirazione familiare (in accordo con l’ordine naturale); hanno fatto salire il loro canto di lode a Dio, giorno e notte (ciò che li manteneva in contatto permanente con il loro fine soprannaturale). Il lavoro, la vita di famiglia, il canto liturgico: come si vede, si tratta di cose semplici e concrete, accordate alle aspirazioni naturali dello spirito umano. Allora “ha preso”, come si dice quando il fuoco si accende.
Vi è un inizio di cristianità ogni volta che qualcosa di santo e di rettificato esce dalla terra. Non si fabbricano dei valori di cristianità come non si fabbrica il grano che cresce; lo si coltiva, certo, lo si protegge, ma occorre anzitutto della buona terra e quel permesso divino composto da un accordo provvidenziale fra l’acqua, il sole e il lavoro degli uomini. Il radicamento benedettino ha dato vita all’Europa cristiana grazie a un’unione di fatti miracolosi che la storia registra sotto il nome di cause, ma che è in primo luogo un effetto interamente gratuito della grazia divina.
Questo accordo gratuito, indissolubile, fra la natura e la grazia, costituisce un primo principio. Lo spirito di cristianità eviterà di conseguenza ogni rivestimento, ogni difetto di esecuzione. Manifestare delle abitudini di pietà a detrimento delle virtù naturali, impostare una mistica senza ascesi, inventare dei gesti liturgici contrari alle leggi del sacro, comporre delle parole pie su dei cattivi cantici, pretendere d’incidere dei segni eterni su una materia friabile, sono degli imbrogli che presto o tardi finiranno per rivoltarsi contro l’uomo. Più che una mancanza di gusto, è una specie di menzogna, una grande disgrazia per le anime e per la civiltà.
Mille anni di cristianità mettono in discussione questa miserabile concezione della vita e testimoniano a favore di un’attenzione profonda, di un’immensa serietà nei confronti dell’ordine temporale. Il gusto della perfezione, la tenera sollecitudine con la quale si circondano le cose del tempo, sono sempre un segno di civiltà.
Gli hippy cercano l’evasione; i mistici cristiani piantano e costruiscono. Quando Dio ha deciso nel secolo XV di salvare il destino politico di una nazione cristiana, ha scelto una vergine e si è preso cura di farla istruire tramite la lunga mano di un arcangelo e di due santi del Paradiso. Ecco qualcosa che ci dovrebbe illuminare sull’eminente dignità dell’ordine temporale.
Quest’alleanza dello spirituale e del temporale, quest’articolazione dell’uno sull’altro, lo ritroviamo nella Regola di san Benedetto. La Regola, è vero, s’indirizza ai cercatori di Dio, alla ricerca di assoluto, ma lungi dallo spingerli a evadere dalla loro condizione di creature, essa si fonda anzitutto sulle semplici virtù naturali: la pietà filiale, la lealtà, la pazienza, l’ospitalità, l’amore del lavoro ben fatto, la vita in comunità con il suo corteo di esigenze, soprattutto l’umiltà e il mutuo supporto. È tutta un’educazione dell’uomo, preoccupato di ristabilire l’unità fra l’anima e il suo comportamento esteriore. Senza di essa non avremmo nemmeno l’idea di costruire con decenza una chiesa abbaziale, la cui architettura, nella purezza delle sue forme, sia come quella dei nostri antenati: un’immagine dell’anima e una predicazione silenziosa del mistero di Dio.
Dom Gerard Calvet OSB (1927-2008), Lettre aux Amis du Monastère, 18 febbraio 1985.

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Oggi più che mai, lo si comprenda bene, la società ha bisogno di dottrine forti e conseguenti con sé stesse. In mezzo alla dissoluzione generale delle idee, l’affermazione sola, l’affermazione ferma, nutrita, senza mescolanze, potrà farsi accettare. Le transazioni diventano sempre più sterili e ciascuna strappa un lembo della verità. Come nei primi tempi del cristianesimo è necessario che i cristiani rompano tutti i rispetti con l’unità dei loro principi e dei loro giudizi. Non hanno nulla da imitare in questo caos di negazioni e di tentativi d’ogni genere che attesta in modo così evidente l’impotenza della società presente. Questa società vive ormai soltanto dei rari brandelli dell’antica civiltà cristiana che le rivoluzioni non hanno ancora portato via e che la misericordia di Dio ha preservati sino a questo punto dal naufragio.

Vi è una grazia collegata alla confessione piena e intera della verità. Questa confessione è la salvezza di quelli che la fanno, e l’esperienza dimostra che è anche la salvezza di coloro che la intendono.
Dom Prosper Guéranger (1805-1875)

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Il futuro [...], secondo me, sarà nelle mani di piccole comunità creative che, dal basso, recupereranno l’intero quadro della Dottrina sociale della Chiesa, per convinzione e con nuovo spirito di militanza, [...]. Possono essere comunità di famiglie, gruppi parrocchiali, amici [...] che resistano alla tendenza di adeguarsi allo spirito del mondo, proprio per servirlo pienamente.
Mons. Giampaolo Crepaldi (1947-vivente), La Chiesa e la pastorale sociale di domani. Inaugurazione del terzo anno della Scuola diocesana di Dottrina Sociale della Chiesa, Trieste 4 marzo 2017.

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Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo. […] Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini.
Joseph Ratzinger (1927-vivente), L'Europa di Benedetto. Nella crisi delle culture, 2005.