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martedì 6 febbraio 2018

Sodomiti alla riscossa per cambiare il Catechismo della Chiesa Cattolica

Catechismo della Chiesa Cattolica, 1867:  La tradizione catechistica ricorda pure che esistono « peccati che gridano verso il cielo ». Gridano verso il cielo: il sangue di Abele; il peccato dei Sodomiti;  il lamento del popolo oppresso in Egitto;  il lamento del forestiero, della vedova e dell'orfano; l'ingiustizia verso il salariato.

Un amico scrisse qualche tempo fa, a proposito di sacerdoti, teologi  e vescovi pro gay: "Interesse privato in atti di ufficio?".
Non facciamo fatica a credergli.
L

Andrea Zambrano, La Nuova Bussola Quotidiana, 23-1-18
Cambiare il Catechismo. Se la dottrina non coincide con i nuovi desiderata circa l’omosessualità, meglio adottare la soluzione di Alessandro Magno che con un colpo di spada decise di sciogliere a modo suo il nodo di Gordio: tagliandolo in due.
Allo stesso modo per accettare e sdoganare definitivamente la pratica omoerotica è necessario mettere mano ai fondamentali e da lì in giù tutto sarà più facile. Ora che nella prassi si sta diffondendo sempre più un atteggiamento di lassismo e accettazione dell’omosessualità come variante naturale della sessualità umana, resta solo un piccolo grande ostacolo per una piena affermazione dei diritti Lgbt in salsa cristiana: togliere di mezzo il Catechismo della Chiesa Cattolica considerato l’ultimo ostacolo da abbattere.
Così la battaglia ora si sposterà sul piano meramente dottrinale, ma il tutto deve essere preparato con il linguaggio affettato e rassicurante come solo certo clericalismo sa fare. E soprattutto mandare avanti dei pionieri che si facciano interpreti e portavoce di questa deriva. Un piccolo gruppo di teologi e presbiteri, alcuni vescovi e persino i cosiddetti operatori pastorali, che conducono una battaglia solitaria e al di fuori di ogni controllo, ma mettendosi ben in vista nelle diocesi, mentre la maggioranza silenziosa sonnecchia.

L’ultima sparata in ordine di tempo è affidata a dei laici, secondo il preciso canovaccio del caso lacrimevole. Se ne incarica Repubblica, raccontando di una coppia di genitori che hanno accettato la figlia lesbica e ora fanno parte dell’equipe approntata dal vescovo di Civitavecchia monsignor Luigi Marrucci che segue proprio i cosiddetti cristiani Lgbt. “Eravamo fermamente convinti che l'omosessualità fosse peccato”, dicono. E invece? “Abbiamo pregato e letto la parabola del Figliol prodigo così abbiamo compreso che il Signore accoglie sempre e non giudica.
Martina è nella verità e noi la amiamo com'è”. Di quale verità si sta parlando? Non certo quella evangelica o biblica circa Sodoma e neppure quella del Catechismo che infatti fa capolino verso la fine della storia: “Il problema resta il Catechismo che dice che l'omosessualità è un orientamento intrinsecamente disordinato”.
Ecco qua la pietra dello scandalo. E’ lui l’osservato speciale per sdoganare “finalmente” l’omoeresia in chiave cattolica. Infatti l’intervista non nasce a caso, ma parte da lontano. Soprattutto per affermare l’incompatibilità tra Catechismo, quindi dottrina, e il mondo così come va preso, che sarebbe una concezione della prassi immanente e per questo non veritiera circa la legge divina. Ma tant'è.

In ordine di tempo, a mettere in dubbio la verità sull’omosessualità del Catechismo, ci aveva pensato Avvenire, con un articolo ben piazzato da Luciano Moia: “Ci sono coloro che, riconoscendosi nella tradizione cattolica ribadita nel Catechismo, sostengono la necessità di una vita affettiva condotta nella castità. Ma c’è anche chi, vescovi e teologi compresi, chiede alla Chiesa una riflessione più profonda sul significato della sessualità senza escludere una revisione della teologia morale”.

Chi ha ragione in questo approccio da relativismo morale? Sembra di capire i secondi. Ecco qua gettate le basi per iniziare a considerare il Catechismo non più intoccabile, instillando il virus della revisione, come se la verità sull’uomo e sul progetto divino su di lui fosse un fatto meramente sociale e opinabile. 
Dopo Avvenire ci ha pensato un conciliabolo top secret nel corso del quale sono state gettate le basi, per così dire, del futuro smantellamento degli articoli 2357, 2358 e 2359 del testo magisteriale, il nemico pubblico numero uno, in cui si dice che “la Sacra Scrittura presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni” e “la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”.
Un incontro promosso da uno dei gesuiti più in vista nell’operazione di sdoganamento dell’omosessualità, quel Padre Pino Piva che è da tempo il più “ascoltato” almeno in Italia circa i rapporti con quegli omosessuali che si dichiarano cattolici, ma non accettano la via della castità proposta dal Catechismo e successivamente dalla nota pastorale del 1986 scritta dall’allora cardinal Joseph Ratzinger.
Il religioso, da poco a Bologna nella casa dei gesuiti, ha chiamato a raccolta nella sua nuova residenza i gruppi di cristiani Lgbt e gli operatori che in questi anni si stanno occupando in alcune diocesi nel seguire percorsi specifici, stando ben attento ovviamente a far sì che non venissero esperienze di preghiera come Courage o il gruppo Lot di Luca di Tolve, che sull’omosessualità hanno visioni opposte e fedelmente in linea con il Magistero.
Con la piccola equipe si è presentato anche un vescovo, che ha assistito all’incontro senza però intervenire. L’incontro, aperto ai credenti Lgbt e ai sacerdoti che con loro hanno intrapreso percorsi tra i più svariati non aveva pretese di rivendicazione, ma di mettere in rete esperienze e approcci per affrontare la tematica omosex nella vita della Chiesa. Con un unico denominatore comune: la critica al Catechismo, considerato ormai l’ostacolo principale ad un pieno sdoganamento gay friendly della pratica omoerotica. Espressioni come peccato? Vecchie. L’accoglienza? Solo se si accetta l'omosessualità come variante naturale della sessualità. L’amore? Un coacervo di sentimenti e non un progetto naturale voluto da Dio.

Dell’incontro si sa poco, ma qualche cosa è 

uscito sul blog di un altro sostenitore della causa omoeretica, quel don Mauro Leonardi (foto) che da tempo è della partita, arrivando anche a intervistare Vladimir Luxuria senza mettere in discussione nulla del suo pensiero. Leonardi, che ha un blog seguito, si è lasciato sfuggire alcune chicche. Ad esempio questa: “Se invece, come accade per la grandissima parte delle persone omosessuali, il convincimento è che la condizione omosessuale sia naturale e voluta da Dio, può forse essere che l'unica risposta della Chiesa sia: finché non ti adegui al Catechismo (oltretutto il Catechismo non è il Vangelo) non puoi ricevere i sacramenti? È forse possibile confessare peccati che in coscienza non si ritengono tali?”.

Insomma, eliminato ogni dato oggettivo sulla natura umana e sul progetto di Dio, anche l’omosessualità non è altro che una opinione delle tante. E come tale va accettata e promossa. Infatti, citando anche il vescovo presente all’incontro di Bologna, Leonardi ha detto: “Io non vi dico adeguatevi al Catechismo. Dico: la Chiesa non ha ancora una risposta”.
Sarebbe oggettivamente grave se un vescovo sostenesse la tesi della ribellione al Catechismo, che rappresenta non una mera legge da codice della strada, ma l’architettura normativa sulla quale si fonda la fede, così come sarebbe altrettanto sconvolgente se avesse davvero affermato che la Chiesa non ha ancora una risposta. Perché la risposta in realtà c’è e mostra carità e verità unite in maniera appassionata nel rispetto della castità alla quale sono chiamati anche gli omosessuali, come dimostra l’esperienza di Courage. Ma ormai il sasso è lanciato e la crociata anti Catechismo deve andare avanti. 

Come? Anche sulla strategia si affilano le armi: prendendo spunto dalla “revisione” del Catechismo proposta da Papa Francesco circa la pena di morte e i pronunciamenti del passato circa l’abolizione della schiavitù. Argomenti completamente diversi, ma utilizzati qui per giustificare un metodo di smantellamento che ora può tornare utile per la causa omoeretica.

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