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giovedì 23 novembre 2017

La contentezza monastica

S.Em. il card. Robert Sarah in visita all’abbazia
Notre-Dame de l’Annonciation (Le Barroux), il 16 agosto 2017
Dai cari amici di Romualdica.

L


Cari amici,
È stato scritto che la più grande confraternita del mondo è quella degli scontenti. Chi non ne fa parte? È così naturale osservare cosa non funziona nel mondo! “Scontento di tutti e scontento di me”, notava Baudelaire. Non stiamo parlando di una giusta indignazione di fronte al male – come sarebbe per esempio la tristezza ispirata dalla perdita delle anime –, ma di uno stato dello spirito insoddisfatto, del sentimento penoso di essere frustrati nelle proprie aspirazioni, nei propri diritti.
Da dove viene questo nostro essere scontenti? Abbiamo ricevuto grandi doni, ne riceviamo continuamente. Ma anziché accontentarci della realtà, restiamo insoddisfatti di ciò che abbiamo, spesso perché ci paragoniamo agli altri. Siamo come incapaci di trovare la gioia in quanto possediamo. Percepisco nella stia un’immagine di questa avidità: dei polli beccano con gioia; vedendo che i loro congeneri ricevono qualcosa, costoro accorrono a gambe levate per assaggiarlo, dimenticando il bene di cui gioivano!
Quanto a noi, disponiamo di ragione e di volontà, dunque della capacità di rinunciare a certi desideri. Per prevenire la depressione, male del secolo, chi
svilupperà una spiritualità dell’accontentarsi? Chi saprà essere soddisfatto dei doni di Dio e ringraziarlo? Costui conoscerà la festa di cui parla il Libro dei Proverbi: “per un cuore felice è sempre festa” (15,15). Un maestro dei novizi benedettino ha spiegato come assaporare questo pasto festivo: “Dico ai miei novizi: in monastero si è contenti di quello che si riceve. Ogni tanto, fate un’orazione di contentezza, passando in rassegna tutto ciò che avete ricevuto in monastero, pur avendo fatto voto di povertà”.
In effetti, nel capitolo sull’umiltà della Regola, san Benedetto dichiara che il monaco umile “si contenta”, perché considerandosi un servo inutile, si ritiene sempre ben trattato. Così commenta Dom Romain Banquet: “Essere contenti di tutte le cose: di Dio, di noi stessi per i doni che Dio ci ha lasciato, dei nostri superiori, dei nostri fratelli, della salute, della malattia, della vita e della morte. Sempre contenti, sempre: giacché è questo il carattere proprio e il fondo della vita religiosa”.
D’accordo, diranno taluni, ma Dom Romain parlava per i religiosi! Certo, ma questa spiritualità non affonda le sue radici nel Vangelo, in particolare nelle Beatitudini? Coloro che non pongono la loro felicità né nel denaro né nel piacere, ma nella volontà divina, costoro sono ricchi di gioia. L’amore di Gesù informa le loro sofferenze, le loro gioie, le loro delusioni, i loro successi. Dà senso a tutto. Sì, solo lo sguardo della fede ci permette di aderire al piano di Dio, spesso sconcertante per i nostri occhi umani. “Lo capirai dopo”, dice Gesù a san Pietro. Anche noi spesso è “dopo” che percepiamo la Sapienza che ci guida. Legata alle virtù teologali di fede, speranza e carità, la contentezza si impara, si chiede come una grazia. Con essa, la vita è così più dolce!
Era questa l’idea maestra di Chesterton, come lo scrittore testimonia nella sua autobiografia: “Non dirò che è la dottrina che ho sempre insegnato, ma è la dottrina che avrei sempre amato insegnare. Questa idea, è di accettare tutte le cose con gratitudine, e non di reputarle come dovute” (Gilbert Keith Chesterton, L’homme à la clef d’or, Les Belles Lettres, Paris, 2015, p. 416).
Cari amici, smettiamola di appartenere alla confraternita degli scontenti. Basta! Natale, la meravigliosa festa dei doni, si avvicina. Non è il momento di sacrificare tutto ciò che in noi si oppone alla gioia di Dio? Nella santa Notte, il nostro Padre del Cielo ci offrirà il suo unico Figlio. Possiamo noi donargli questa buona volontà che porta la pace sulla terra, dicendogli, al seguito del padre Bourdaloue: “Signore, non so se siete contento di me. Ma ciò che io posso dire, e sono felice di darne pubblica testimonianza, è che io sono molto contento di voi”.


[Madre Placide Devillers O.S.B., Abbadessa di Notre-Dame de l’Annonciation, Le Barroux, La Font de Pertus. Lettre des moniales, n. 107, 26 ottobre 2017, pp. 1-3, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.]

3 commenti:

  1. I mondo di quell'abbadessa è giudicato con gli occhi della mistica, poco realistica. E' vero che il mondo è sfiduciato è depresso ma lo è soprattutto la Chiesa Cattolica disorientata e priva di quella capacità di difesa contro i mali del mondo. E' vero che bisogna essere contenti per i grandi doni di Dio: mia nonna, centenaria, diceva sempre. " il mondo va male perché nessuno dice, ringraziamo Dio !", e aggiungeva, come tutti di quella generazione " sia fatto tutto per amore di Dio"! ; in 4 parole l'enciclica di papa Benedetto. Profonda teologia e antropologia giusta, distrutta dai cialtroni del CVII, oggi ringalluzziti, secondo i quali la catechesi tridentina era da demonizzare come sbagliata. Ma come conciliare la gioia del perdono con il dovere della difesa di Cristo Salvatore e dei suoi seguaci, aggredito dalle forze che vogliono annientarlo? Ce lo insegna il p. Cristoforo manzoniano il quale al precetto " perdonate sempre" e ad avere fede nel Signore, univa la lotta aperta contro i prepotenti e nemici del Vangelo. Ormai i cristiani, in preda all'apostasia, hanno abbandonato le armi della fede e della dottrina e il senso della propria dignità di seguaci di Cristo.

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  2. E' un peccato ed una offesa a Dio essere scontenti anche del poco che si possiede ma quando manca anche il pane quotidiano, e pur sforzandoti non hai il modo di procurartelo come si fa a non essere scontenti ? come si fa a non dire "ma Dio dov'è" come diceva sere un padre di mia conoscenza ?

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