Come diceva il grande attore Vittorio Gasman: "un grande avvenire dietro le spalle".
Amare riflessioni nei giorni del glorioso Meeting di CL, luogo di tante battaglie dei valori non negoziabili e ridotto a neo festival dell'Unità.
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Assuntina Morresi interviene sul Meeting di Comunione e Liberazione: “Da diversi anni al Meeting trovi e senti le stesse cose che puoi sentire altrove. Ormai i temi e le idee sono gli stessi del mainstream dominante. Non è più un posto speciale dove trovavi una proposta originale di giudizio. CL è cambiata nella sua anima, da anni parlo di una sua mutazione genetica”.
Anno dopo anno il Meeting di Rimini assume sembianze sempre più distanti dalle proprie origini e con l’edizione 2017 collezioniamo solo l’ennesima conferma. Abbiamo chiesto un parere ad Assuntina Morresi che, oltre ad essere editorialista di Avvenire, cura il suo blog Strano Cristiano e scrive per l’Occidentale. Sposata, tre figli, è docente di Chimica Fisica presso il dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie dell’Università di Perugia e soprattutto ciellina fin da quando era una ragazza. Dal 2006 fa parte del Comitato Nazionale per la Bioetica, è stata ed è consulente scientifico per vari ministeri (qui il suo curriculum).
Assuntina, tu hai incontrato il Movimento di Comunione e Liberazione oltre 30 anni fa. In che occasione ti sei imbattuta per la prima volta in Don Giussani e quale ricordo hai di lui?
“Non ho mai parlato a tu per tu con Don Giussani. Lo ascoltavo agli esercizi, prima di GS, poi del CLU, quando partecipavo anche alle equipe (gli incontri nazionali dei responsabili delle comunità degli universitari, che si tenevano tre volte l’anno), e dopo alle fraternità, e agli incontri pubblici, se capitava l’occasione. Non
avvertivo la necessità di un colloquio privato: quando parlava a tutti, anche se eravamo migliaia, era come se parlasse personalmente a ciascuno di noi, me compresa. Di Don Giussani non scorderò mai la profonda intelligenza, calda e coinvolgente: giudicava tutto a partire dalla sua fede, con un’acutezza che sorprendeva ogni volta. E poi capivi che per lui Gesù era una presenza concreta e familiare, e capivi che, seguendo il Gius, poteva diventarlo anche per te. Cambiava radicalmente la vita. Facevi esperienza di cosa significava appartenere a un popolo, e finalmente si diceva “noi cristiani” senza complessi di inferiorità. Per chi è andato al liceo negli anni ’70 e primi ’80 non era scontato. Fu decisivo per me l’esempio fatto a un raduno di GS, la questione posta da Dostoevskij, «meglio restare con Cristo che con la verità». A differenza dello scrittore russo, che avrebbe scelto Cristo, siamo stati invitati a seguire sempre la verità, qualora ci fosse stato da scegliere: la scommessa era che avremmo sempre trovato Cristo. In quel preciso momento ho capito che CL era quello che avevo sempre cercato”.
avvertivo la necessità di un colloquio privato: quando parlava a tutti, anche se eravamo migliaia, era come se parlasse personalmente a ciascuno di noi, me compresa. Di Don Giussani non scorderò mai la profonda intelligenza, calda e coinvolgente: giudicava tutto a partire dalla sua fede, con un’acutezza che sorprendeva ogni volta. E poi capivi che per lui Gesù era una presenza concreta e familiare, e capivi che, seguendo il Gius, poteva diventarlo anche per te. Cambiava radicalmente la vita. Facevi esperienza di cosa significava appartenere a un popolo, e finalmente si diceva “noi cristiani” senza complessi di inferiorità. Per chi è andato al liceo negli anni ’70 e primi ’80 non era scontato. Fu decisivo per me l’esempio fatto a un raduno di GS, la questione posta da Dostoevskij, «meglio restare con Cristo che con la verità». A differenza dello scrittore russo, che avrebbe scelto Cristo, siamo stati invitati a seguire sempre la verità, qualora ci fosse stato da scegliere: la scommessa era che avremmo sempre trovato Cristo. In quel preciso momento ho capito che CL era quello che avevo sempre cercato”.
Dal 1980 il Meeting di Rimini è diventato la grande manifestazione annuale di Comunione e Liberazione. Nella tua vita che rapporto hai avuto con il Meeting?
“Al Meeting ho fatto veramente tutto il fattibile: ho partecipato, fin dalla prima edizione del 1980; ho lavorato come volontaria; ho parlato come invitata e ho presentato libri miei e di altri; ho portato i miei figli che hanno a loro volta partecipato e lavorato come volontari. Sono andata a quasi tutte le edizioni, tranne quelle in cui i figli erano neonati o poco più. L’ho amato, tantissimo. Da alcuni anni non vado più, perché onestamente lo trovo poco interessante, o meglio: da diversi anni al Meeting trovi e senti le stesse cose che puoi sentire altrove, in tutti gli altri appuntamenti culturali che si organizzano in Italia. Temi e idee a Rimini ormai sono gli stessi del mainstream dominante, e quindi qua e là qualche incontro che ti piace c’è, esattamente come altrove. Non è più un posto speciale, dove trovavi una proposta originale di giudizio nei fatti che accadevano intorno a te, piccoli e grandi. Dove incontravi persone diverse. Al Meeting si entrava nel merito delle questioni in ballo in quel momento, si restava nei fatti, e si superavano gli schieramenti. Una proposta che in un certo senso potevi coltivare nel resto dell’anno, frequentando chi quel meeting aveva organizzato o aveva contribuito a organizzare, o chi ti aveva invitato a vedere.
Adesso è sicuramente più filo governativo e filo istituzionale di prima, a prescindere dagli orientamenti di governi e istituzioni: basti pensare agli omaggi tributati qualche anno fa a Giorgio Napolitano, il comunista mai pentito che si è rifiutato di firmare il decreto per salvare Eluana Englaro. Ma alla fine il problema non è neppure quello: per quanto mi riguarda potrebbero anche convocare ogni anno il corrente consiglio dei ministri insieme al corrente Presidente della Repubblica. Sarebbe interessante parlarci, se si avesse qualcosa da dire. Il problema è che al Meeting non hanno più niente di particolare da dire sui fatti che accadono. Niente sulla legge sulle unioni civili, per esempio. Sulle migrazioni non mi ricordo scontri con Alfano l’anno scorso, saranno d’accordo sicuramente quest’anno con Minniti. Su Trump, un fenomeno assolutamente nuovo sotto tantissimi punti vista, vedo un cenno esplicito solo negli incontri dedicati ai “muri”: l’approccio più scontato del mondo, quello più appiattito sul politically correct. Tanto vale comprarsi il New York Times. Ma il problema non è il Meeting, che è sempre stato il risultato di una vita vissuta, di incontri fatti, giudizi dati nel corso dell’anno: ogni anno prende forma intorno alla vita di CL. Se la vita di CL si è trasformata, di conseguenza si è trasformato anche il Meeting”.
I vertici e la guida del movimento, Julian Carron, hanno assunto posizioni negative sui Family Day. Vige un silenzio assordante sui temi etici e quando se ne parla emergono addirittura visioni estremamente contrastanti e per giunta non cattoliche, come è successo col caso del piccolo Charlie Gard. Insomma, perché manca un giudizio vero? Cos’è cambiato all’interno di CL negli ultimi anni?
“È cambiata CL nella sua anima. Da anni parlo di una sua mutazione genetica, che ne ha trasformato profondamente la natura. Don Giussani raccontava sempre che CL è iniziata quando lui, incontrando un gruppo di ragazzi al Berchet, chiese loro se erano cristiani, e, alla loro risposta positiva, chiese ancora chi si accorgeva, a scuola, che lo fossero. All’assemblea successiva, quei ragazzi iniziarono il loro intervento con “Noi cattolici….”. Adesso dentro CL viene detto che non si può più dire “noi”, bisogna dire “io”, come se quel “noi” fosse la negazione dell’”io”: più trasformata di così! Con i criteri di adesso, CL non sarebbe mai nata.
CL era un movimento di appartenenza: in una compagnia cristiana verificavi ogni giorno che Cristo c’entrava con tutto, e per questo si giudicava tutto quel che accadeva, e lo si faceva insieme, perché il “noi” della compagnia cristiana era la strada per poter dire “io” con più consapevolezza, e man mano che questa consapevolezza personale aumentava, cresceva anche il “noi”.
E si giudicava tutto pubblicamente, perché un giudizio, se non è pubblico, non esiste: se qualcosa è vero per me deve esserlo anche per te, altrimenti non è una verità, ma un’opinione personale come tante. Noi invece volevamo la verità.
Come ho scritto più volte, per decenni CL è stato sinonimo di presenza pubblica di cristiani, in comunione evidente fra loro. Era così evidente la nostra unità, che ci accusavano di essere una setta. Il cuore di CL, quello che ci ha reso sempre riconoscibili, è stato il fatto che ci trovavano dappertutto, e avevamo sempre qualcosa da fare e da dire, pubblicamente, e insieme.
Dando le ragioni agli altri, pubblicamente, delle nostre iniziative e dei nostri giudizi, eravamo costretti ad approfondirle per noi, e le ragioni affondavano sempre in quel che avevamo incontrato, l’esperienza cristiana, e la riscoprivamo anche per noi, proponendola a tutti. Per questo ogni giorno facevamo un volantino, e poi le opere. E le ragioni che davamo le difendevamo fino in fondo, pubblicamente e con coraggio.
Adesso CL è diventata un movimento di formazione: nella comunità ci si “forma”, e poi si vive la propria vita da cristiano. Ognuno giudica da sé quel che succede, se vuole farlo. Il giudizio comune non esiste più, è visto come un “intrupparsi”, un impedimento all’esperienza personale. Nessuno ormai si aspetta neppure che CL dia un giudizio in quanto CL. Non dico che sia un male fare così, dico che per fare questo basta la parrocchia. Tante buone parrocchie hanno dato santi cristiani. Ma questa non è CL. E i risultati sono quelli che hai detto”.
Dibattito sul testamento biologico, accanimento contro gli obiettori di coscienza, bombardamento mediatico su matrimoni/adozioni gay, follia gender, ma a Rimini di questi temi non ce n’è la minima traccia. Anzi, c’è Vittadini che concede endorsement al Pd definendolo “un partito che da tempo è diventato votabile” e continua a rilasciare interviste al Corriere. In tutto questo si può dire che il Meeting ha cambiato pelle?
“Come ho detto prima, il Meeting segue la vita di CL. Se cambia questa, cambia anche quello. Se CL non giudica più, non lo fa neanche il Meeting. E se ognuno giudica da solo, e solo se vuole, allora “uno vale uno” e ognuno dice la sua. Un’opinione personale, come tante altre”.
In compenso in questa edizione sarà al centro dell’attenzione lo “Spazio Muri” con una serie di incontri, la cui linea appare molto scontata, tra cui “I nuovi muri americani: L’America di Trump”. Per altro questo nuovo spazio sarà curato da Monica Maggioni e Paolo Magri, due membri della Commissione Trilaterale fondata da Rockefeller. C’è da preoccuparsi?
“Una volta avremmo avuto qualcosa da dire noi a loro, cioè alla commissione Trilaterale. Temo che stavolta non succeda. Già l’impostare il tutto sui “muri” dà l’idea di quanto ci si sia schiacciati al politically correct, tra l’altro noiosissimo, perché già c’è un’idea ben chiara di dove si vuole andare a parare. Comunque sarà bene aspettare la fine per fare un bilancio”.
In diversi sostengono che Comunione e Liberazione di fatto oggi non esista più. Tu come la pensi? E quale prospettiva immagini per il futuro?
“Io sono irrimediabilmente di CL, nel profondo, e non potrei essere altro. Ma CL non c’è più, c’è un’altra cosa, estranea al movimento che ho incontrato anni fa. Sono orfana, una ciellina senza casa, come molti altri.
A un anziano sacerdote mio amico, non di CL ma grande estimatore, anni fa, dopo la letteraccia scritta da Carron su Repubblica in cui sostanzialmente si prendevano le distanze da Formigoni, ho chiesto se secondo lui CL sarebbe potuta sopravvivere a Don Giussani, vista l’unicità dell’esperienza di CL, immensa libertà e immensa obbedienza insieme. Lui mi rispose: “Da quello che tutti voi mi dite, non lo credo. Ma tu, quello che hai imparato da lui, vivilo”. Ho capito quindi che in tanti eravamo andati da lui. E ho seguito, e seguo, il suo consiglio.
Per il futuro, non saprei: nella Chiesa molti movimenti hanno resistito nei secoli, altri si sono spenti. Penso che la storia cammini sulle gambe di ciascuno di noi. E come ci diceva Don Ciccio, ricordando S. Ignazio di Loyola, dobbiamo fare tutto come se tutto dipenda da noi, ma sapendo che tutto dipende da Dio, e pregando sapendo questo”.
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