di don Alfredo Morselli
Nel 1999, il Card. Joseph Ratzinger definiva la magia come "l'uso di forze apparentemente misteriose per avere un dominio sulla realtà fisica e anche psicologica" [1].
Vorremmo dimostrare, in questo articolo, che vi è una certa somiglianza tra l'etica della situazione [2], e la magia o l'alchimia.
Vorremmo dimostrare, in questo articolo, che vi è una certa somiglianza tra l'etica della situazione [2], e la magia o l'alchimia.
Per comprendere queste affermazioni, chiediamoci - dal punto di vista della metafisica - che differenza c'è tra le trasformazioni possibili in un laboratorio chimico e la prassi magica, fondata sul primo principio di ogni forma di magia, solve et coagula [3].
Per rispondere a questa domanda, riprendiamo il concetto, proprio della filosofia perenne, di potenza.
1. Che cos'è la potenza.
Consideriamo un bambino e un cane: nessuno dei due è scienziato, però il bambino può diventarlo, il cane no. Il motivo di ciò è perché nel bambino esiste un qualcosa che gli può permettere di diventare scienziato, la potenza di essere scienziato; questa stessa potenza non esiste nel cane [4].
Tra il non essere scienziati, e l'essere scienziati in atto, c'è il poter essere scienziati.
La potenza dunque è qualcosa che è, una realtà che si pone tra il non essere e l'essere.
Poste queste premesse, possiamo già comprendere, mediante un altro esempio, la differenza che intercorre tra scienza (intesa in senso pratico) e la magia: estrarre la vitamina C da un'arancia non è un'opera alchemica, perché le gocce di vitamina C sono in potenza nell'arancia; così pure non è magia scolpire la Pietà da un blocco di marmo.
Invece trasformare il piombo in oro è un'azione magica, perché l'oro non è in potenza nel piombo.
Mi si potrà obiettare il fatto che la fisica un giorno potrebbe smontare e rimontare gli atomi e le molecole, e che certi fenomeni, che oggi sono facilmente spiegabili, un tempo sarebbero stati considerati magia.
Allora, per chi non coglie il punto di vista metafisico delle precedenti considerazioni, porto l'esempio dell'anima umana: da uno scimpanzé non potrà mai derivare l'anima umana, perché nessuna sostanza materiale è in potenza qualcosa di spirituale.
2. Nessuna sostanza può diventare tutto.
Una sostanza - fatti salvi gli interventi miracolosi di Dio onnipotente - può divenire solo ciò che è in potenza, e non può divenire tutto, perché nessuna sostanza è in potenza rispetto a tutto.
Il motivo per cui non è possibile che un ente possa diventare qualsiasi altra cosa e perché dovrebbe essere tutto in potenza. Perché una cosa possa essere ridotta ad un'altra, questo altro deve pre-esistere in lei [5].
Ma ciò non è possibile, perché nessuna sostanza creata, per il fatto che è limitata in una certa forma, può essere tutto, neppure in potenza [6].
Ma ciò non è possibile, perché nessuna sostanza creata, per il fatto che è limitata in una certa forma, può essere tutto, neppure in potenza [6].
E qui vediamo la scimmiottatura di Dio per diametrum da parte del demonio, che non potendo essere come Dio, atto di ogni atto, e quindi non potendo causare radicalmente l'essere di tutte delle cose, pretende di mettere nelle cose il poter essere tutto.
3. Analogia tra la potenza dell'ente e la potenza di un atto umano.
Partiamo dall'analisi di un testo di S. Tommaso:
"…come la forma naturale è nella materia per l'agente, così la forma della bontà è in ciò che si vuole per il fine; e come la materia non proporzionata alla forma, pur sopraggiungendo un debito agente, mai ne consegue la forma, come la pietra non può diventare carne per la digestione; così anche ciò che è voluto non proporzionato alla bontà, quantunque sia buono il fine, mai riceve la bontà; e tali sono le azioni in sé cattive, come il rubare e così via; a meno che la deformità non possa essere tolta per l'autorità divina, come sopra è stato detto" (Super Sent., lib. 1 d. 48 q. 1 a. 2 ad 5) [7].
L'Aquinate parla qui di ciò che è voluto (volitum) non proporzionato alla bontà (improportionatum ad bonitatem).
Il volitum è l'oggetto dell'atto, il bene conosciuto dalla ragione come tale e che si pone come oggetto della volontà [8]; ora questo oggetto, che è un ente (di ragione - cum fundamento in re -, ma non di meno ente), ha anche esso una sua forma: come la forma naturale è nella materia a causa dell'agente che ha agito su quella materia, dice S. Tommaso, così la forma della bontà è data da ciò che si vuole a motivo del fine.
Ciò che si vuole in vista del fine è il cosiddetto volontario perfetto, ovvero la possibilità da parte dell'uomo di volere compiere un atto non solo libero da coercizione fisica, ma…
a) considerando se questo stesso atto conduce l'uomo stesso verso il suo fine, se esso è un moto verso Dio, se l'uomo con questo atto ne riproduce in sé l'immagine…
b) …e volendolo formalmente per questo motivo.
In base a quanto detto, un atto umano riceve la forma della bontà (forma bonitatis), ovvero è buono, se l'uomo, mediante detto atto, può ordinarsi al suo fine ultimo, ossia alla beatitudine.
Ora, analogamente a tutti gli enti, anche un atto umano non è potenzialmente tutto (e quindi non suscettibile sempre di ricevere la forma boni), può non essere potenzialmente un atto buono, e quindi non sarà mai buono.
Come la pietra non può diventare carne, perché non è carne in potenza, così alcuni atti non possono diventare buoni perché non sono buoni neppure potenzialmente. E quindi niente può rendere l'atto buono, neppure il debito agente, ovvero una ipotetica buona intenzione dell'agente (quantunque sia buono il fine), e - aggiungiamo noi con tutto il magistero e tanti altri passi di San Tommaso - neppure le circostanze. Alcune azioni costitutivamente non possono ricevere la forma boni.
Tali sono le azioni in sé cattive, dice San Tommaso, e tra queste l'adulterio.
Recuperiamo ora l'esempio del cane che non ha la potenza di essere scienziato: non lo sarà mai, nonostante le buoni intenzioni del suo padrone, tutti i suoi sforzi, le circostanze, i luoghi e i tempi in cui il cane vive. Così un'azione intrinsecamente cattiva, che non la potenzialità di essere buona, non sarà mai buona.
Recuperiamo ora l'esempio del cane che non ha la potenza di essere scienziato: non lo sarà mai, nonostante le buoni intenzioni del suo padrone, tutti i suoi sforzi, le circostanze, i luoghi e i tempi in cui il cane vive. Così un'azione intrinsecamente cattiva, che non la potenzialità di essere buona, non sarà mai buona.
4. I nuovi alchimisti
In base a quanto detto, pretendere di considerare buono un atto che non ne ha in radice le potenzialità, è come tentare di trasformare il piombo in oro. E questo e quello che fanno i moderni alchimisti: Solve et coagula, ripetono con il demone Baphomet: Solve il magistero di Pio XII, di Paolo VI, di Giovanni Paolo II, solve il Catechismo della Chiesa cattolica… Coagula la nuova morale…
Solve l'oggetto che non può ricevere la forma boni, e coagula il caso per caso…
Ogni alchimista "che si rispetti" ha il suo libro di magia, ha le sue formule magiche, ha il suo alambicco, ha la sua pietra filosofale; dall'alambicco si sprigiona il fumo, finché non compaia la nuova creatura.
Il librone dei nuovi maghi è Amoris laetitia, documento lasciato in pasto ad interpretazioni contraddittorie, per la mancata risposta ai dubia dei Cardinali (pur con ammiccamenti, in atti non ufficiali, a interpretazioni a senso unico).
Le formule magiche sono misericordia, farisei, lanciatori di pietra, matrimoni falliti, realismo, pronunciate dal sentimento separato dal logos, tanto che due più due può fare cinque [9].
L'alambicco è la coscienza del povero fedele, che il mago modernista lascia chiusa in se stessa, nell'io-penso-sopra-tutto, tagliandole i ponti che la congiungono alla verità di Dio sull'uomo.
Le pietre filosofali sono i vari documenti di alcune conferenze episcopali e i principi della nuova morale, che toccano l'atto umano cercando - al posto di Dio - di dargli una nuova forma e potenzialità che la sua essenza non comprende in radice.
Questa reazione chimica deve svolgersi rigorosamente al buio, perché viene nascosta la luce della fede che ci dice che Dio non comanda cose impossibili, e che nessuno - mai e poi mai - è tentato al di sopra delle proprie forze.
Il fumo è la confusione dottrinale che avvolge oggi i fedeli.
In attesa del trionfo del Cuore Immacolato di Maria, preghiamo, per la Sua mediazione onnipotente per grazia, che si compia il detto del Profeta:
Is. 44,25: Io svento i presagi degli indovini,
dimostro folli i maghi,
costringo i sapienti a ritrattarsi
e trasformo in follia la loro scienza.
NOTE
[1] «La magia, parodia del divino. Intervista al card. Ratzinger a cura di Ignazio Artizzu tratta dalla rivista "Una voce grida" (1999)», http://tinyurl.com/y6wm24ef.
[2] E anche con tutte le teorie morali che pretendono di valutare gli atti umani caso per caso, escludendo quindi la possibilità di azioni intrinsecamente cattive, cioè sempre malvagie indipendentemente dalle circostanze.
[2] E anche con tutte le teorie morali che pretendono di valutare gli atti umani caso per caso, escludendo quindi la possibilità di azioni intrinsecamente cattive, cioè sempre malvagie indipendentemente dalle circostanze.
[3] Questo motto compare nel disegno, riportato dal mago Eliphas Levi (pseudonimo di Alphonse Louis Constant, 1810-1875), tatuato sulle braccia del demone Baphomet, nell'opera Dogme et Rituel de la Haute Magie, 1854-56. L'immagine si trova nella seconda edizione del 1861, prima del frontespizio del secondo volume, unica copia che ho potuto consultare.
[4] Cf. Roberto Coggi, La filosofia della natura. Ciò che la scienza non dice, Bologna 1997, pp. 16-17.
[5] "…in reducendo ad finem, praeexistunt ea quae sunt ad finem"; S. Tommaso d'Aquino, De potentia, q. 3 a. 4 ad 1.
[6] Mi si potrebbe obiettare che l'intelletto est quodammodo omnia. Rispondo: quodammodo.
[6] Mi si potrebbe obiettare che l'intelletto est quodammodo omnia. Rispondo: quodammodo.
[7] "…sicut forma naturalis est in materia ab agente, ita forma bonitatis est in volito a fine; et sicut materia improportionata ad formam adveniente debito agente nunquam consequitur formam, sicut lapis non fit caro a virtute digestiva; ita etiam volitum improportionatum ad bonitatem, quantumcumque sit bonus finis, nunquam bonitatem recipit; et talia sunt quae per se sunt mala, ut furari et hujusmodi; nisi deformitas tollatur auctoritate divina, ut supra, distin. 47, quaest. unica, art. 3, dictum est".
[8] "L'oggetto viene proposto alla volontà dalla ragione (Obiectum autem voluntatis proponitur ei per rationem. Nam bonum intellectum est obiectum voluntatis proportionatum ei). Infatti la volontà ha come suo oggetto proporzionato il bene intellettualmente conosciuto […] Perciò la bontà del volere dipende dalla ragione, nel modo stesso che dipende dall'oggetto (Et ideo bonitas voluntatis dependet a ratione, eo modo quo dependet ab obiecto)"; San Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, Iª-IIae q. 19 a. 3 co.
[9] Ormai è famoso è il tweet di P. Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica: "Theology is not #Mathematics. 2 + 2 in Theology can make 5. Because it has to do with #God and real #life of #people"; @antoniospadaro, 12:04 AM, 6 gen 2017 da Roma, Lazio.
[9] Ormai è famoso è il tweet di P. Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica: "Theology is not #Mathematics. 2 + 2 in Theology can make 5. Because it has to do with #God and real #life of #people"; @antoniospadaro, 12:04 AM, 6 gen 2017 da Roma, Lazio.
Riflessione stupenda!!! Complimenti don Alfredo, sarebbe da inviare a Francesco.
RispondiEliminaLe interessanti e precise osservazioni di don Morselli danno lo spunto per un’ulteriore considerazione. La trasmutazione del piombo in oro potrebbe essere assunta come metafora della resurrezione del corpo umano di cui abbiamo perfetto esempio in Gesù Cristo che dapprima si trasfigura sul Tabor e poi risorge con il “corpo di gloria”. Per la sua opaca materialità il corpo umano è ben simboleggiato dal piombo, ma, come insegna la Tradizione Cattolica, esso è destinato a risorgere: dandosene le condizioni, l’uomo intero, cioè in corpo e anima, è trasmutato dallo Spirito Santo in corpo di resurrezione destinato alla Gloria del Cielo. Abbiamo detto dandosene le condizioni: “Iddio dona il Suo Spirito Santo soltanto a coloro che osservano i Suoi comandamenti per fede (Giovanni 14:15-17, Atti 5:32). In mancanza di tali condizioni, infatti, la resurrezione sarebbe non più di gloria ma di condanna.
RispondiEliminaMa c’è un’altra possibile interpretazione alchemica e cioè che il piombo rappresenti l’impurità che macula ed affligge l’oro, quest’ultimo dovendo subire una necessaria purificazione nel crogiolo: per essere puro l’oro ha da essere soltanto oro, senza la minima traccia residua di piombo.
Ecco perciò che l’Amoris laetitia, il “librone magico” come lo chiama don Morselli, rappresenta un eccelso esempio di oro afflitto da consistenti scorie di piombo, esattamente come i documenti conciliari vaticanosecondisti e della “nuova teologia” a sua volta ispirante la “nuova evangelizzazione”. Sorge quindi la necessità che qualche bravo “alchimista” mettesse l’Amoris laetitia nel crogiolo e con sapienza e pazienza attendesse alla purificazione della stessa, affinché al termine del processo potesse risplendere un testo appunto aureo, dal quale i fedeli cattolici potrebbero attingere sicuro nutrimento.
ICEBERG - TRIANGOLO IMMERSO NELL'ACQUA
RispondiEliminaPUNTA (quello che si vede) = AMORIS LAETITIA
FONDALE (quello che non si vede) = CONCILIO VATICANO II
Il Vaticano è pieno zeppo di "alchimisti". Uno dei più abili è Nunzio Galantino.
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