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lunedì 20 febbraio 2017

Lettera aperta a papa Francesco su ciò che ha detto a proposito della crisi delle vocazioni e sugli abbandoni nella vita consacrata



 Vostra Santità papa Francesco,
                                  Ella, ricevendo i partecipanti alla plenaria della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, è tornato sul tema della crisi delle vocazioni, in particolar modo sugli abbandoni della vita consacrata.
Nel suo discorso ha elencato tre cause e un rimedio.
La prima causa sarebbe nel contesto in cui viviamo, un contesto in cui domina il “provvisorio”, il “frammento”, l’inseguire le mode.
La seconda causa sarebbe in una sorta di “relativismo pratico”, in cui le leggi economiche hanno ormai sostituito quelle morali. Ma anche nel dominio della “logica della mondanità”: si cerca il successo, l’ambizione personale, piuttosto che il donarsi.
La terza causa sarebbe nella contro-testimonianza di molti consacrati.

E poi, Santità, Ella ha indicato il rimedio: un’autentica vita fraterna in comunità.
Indubbiamente dietro ogni fenomeno concorrono più cause e non escludiamo che quelle che Lei, santità, ha elencato possano avere il loro peso.
Riteniamo però che le motivazioni non siano solo e soprattutto queste.
Santità, con il rispetto dovuto, le diciamo che non siamo d’accordo con la sua analisi. Non siamo d’accordo (come purtroppo ci capita spesso negli ultimi tempi), però saremmo non solo ipocriti, ma anche colpevoli di silenzio se non lo dicessimo e non lo scrivessimo.
Santità, Le diciamo che il nostro non essere d’accordo si risolve in una semplice domanda che ci permettiamo di rivolgerLe:
Per quale motivo oggi, con questa pastorale in voga nella Chiesa, un giovane dovrebbe farsi sacerdote?
Essere sacerdote vuol dire prima di tutto dispensare la Grazia e poter celebrare in persona Christi il Santo Sacrificio della Messa. Messa e Grazia, indispensabili per poter andare in Paradiso.
Consacrarsi nella vita religiosa vuol dire donare tutto se stessi e farsi “segno prefigurativo” della vita del Paradiso.
Ma se passa il messaggio che ogni confessione cristiana tutto sommato andrebbe bene, che addirittura fare proselitismo tra cristiani costituirebbe un peccato grave, e allora perché, Santità, un giovane dovrebbe desiderare di essere sacerdote o di consacrarsi?
Lei, santità, sta facendo passare il messaggio che ogni confessione cristiana vale l’altra e che ciò che fece Lutero costituisce una sorta di “grazia”. A Caserta così si rivolse ad una comunità di protestanti della Chiesa Pentecostale della Riconciliazione (28 luglio 2014): “Cosa fa lo Spirito Santo? Ho detto che fa un’altra cosa, che forse si può pensare che sia divisione, ma non lo è. Lo Spirito Santo fa la “diversità” nella Chiesa. La prima Lettera ai Corinzi, capitolo 12. Lui fa la diversità! E davvero questa diversità è tanto ricca, tanto bella. Ma poi, lo stesso Spirito Santo fa l’unità, e così la Chiesa è una nella diversità. E, per usare una parola bella di un evangelico che io amo tanto, una “diversità riconciliata” dallo Spirito Santo. Lui fa entrambe le cose: fa la diversità dei carismi e poi fa l’armonia dei carismi. Per questo i primi teologi della Chiesa, i primi padri – parlo del secolo III o IV – dicevano: “Lo Spirito Santo, Lui è l’armonia”, perché Lui fa questa unità armonica nella diversità. Parole come queste, ascoltate da un protestante, non inducono certo alla conversione.
Santità, in un’intervista. rilasciata a Stefania Falasca e pubblicata su Avvenire del 17 novembre 2016, ha detto che il proselitismo nei confronti di altri cristiani sarebbe addirittura un peccato grave. Ecco le sue testuali parole: “Il proselitismo tra cristiani è in se stesso un peccato grave.”
Santità, se è vero che ognuno di noi è un “servo inutile” (Luca 17), è pur vero che non può essere inutile per la realizzazione del Regno di Dio la vocazione a cui il Signore chiama. Ma se ogni strada è buona, allora perché accettare rinunce oggettivamente maggiori, quali sono quelle della vita sacerdotale e soprattutto della vita religiosa?
Lei, santo Padre, nella sua analisi ha scorto cause ad extra, e per quanto riguarda quelle ad intra ha annoverato il cattivo esempio di molti. E’ vero, c’è anche quello. Ma c’è soprattutto la perdita di una persuasività dell’annuncio cristiano. E questa perdita è dovuta soprattutto ad un appiattimento sul mondo, ad un perdita di sapore, ad un rincorrere le mode.
La vita eterna è dimenticata. La vita di Grazia è dimenticata. La ricerca della santità è dimenticata.
Tutto sembra ruotare su un buonismo e su un misericordismo pastoralista che spinge verso la mediocrità, anzi che sembra innalzare la mediocrità ad obiettivo.
Tutto ci sta facendo dimenticare la Croce di Cristo.
Santo Padre, una delle sue prime frasi fu: “Senza Cristo, la Chiesa si trasforma in una sorta di ONG”. Lo disse il 14 marzo 2013 ai cardinali in una celebrazione nella Cappella Sistina.
E’ vero, Santità. Ci permettiamo, però, di dirle con dolore che la sua pastorale sta ulteriormente riducendo la Chiesa ad un’ente morale. “Ulteriormente” perché il processo è di diversi decenni.
Non meravigliamoci, dunque, che i giovani si sentano poco attratti.
Santità, se ci trasformiamo in coloro che vogliono copiare gli operatori del mondo, i giovani non si sceglieranno mai le copie, ma gli originali.
Invocando la Sua Apostolica Benedizione, Le confermiamo la nostra sottomissione
Il Cammino dei Tre Sentieri

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