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lunedì 7 novembre 2016

Filo Sodoma in Diocesi di Bergamo?


Ma se si occupassero dei loro parrocchiani invece di andare in giro per convegni filo gay?
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La Nuova Bussola Quotidiana, Ermes Dovico, 2-11-16
Il coming out dell’adolescente presentato come se fosse un’esperienza necessaria, la varianza di genere elevata a dato di fatto, i corsi e le pratiche per promuovere la cultura Lgbt nelle scuole, nelle famiglie, negli ambienti di aggregazione sportivi e perfino nelle parrocchie. Di tutto questo si è parlato sabato 29 al convegno organizzato dall’Agedo (associazione di genitori, parenti e amici di persone Lgbt) nell’ambito del progetto “Genitori attivi per una scuola inclusiva”, che gode del finanziamento della direzione generale del ministero dell’Istruzione.
All’incontro, tenutosi alla biblioteca Valvassori-Peroni di Milano, hanno partecipato, in qualità di relatori, psichiatri, psicologi e psicoterapeuti vicini agli ambienti arcobaleno, da Paolo Rigliano a Federico Ferrari, fino a Mauro Grimoldi, coordinatore della Casa dei Diritti, l’ente creato dall’assessore Pierfrancesco Majorino, che promuove ideologicamente anche “diritti” che non sono previsti dalle leggi, come le dichiarazioni anticipate di trattamento e il cosiddetto diritto alla genitorialità. C’erano pure un capo scout, una dirigente scolastica, degli insegnanti (come Davide Zotti, coordinatore del progetto “A scuola per conoscerci”, promosso da Arcigay e Arcilesbica e di cui La Nuova BQ ha già parlato) e, a chiusura del cerchio di questo attivismo a tutto campo, un sacerdote, don Dario Colombo, che svolge il suo ministero in due frazioni del Comune di Zogno (Bg) ed è stato invitato in quanto “esperto di pastorale giovanile”.

Don Dario ha partecipato a una conversazione sul tema “Il coming out dell’adolescente e il suo rapporto con la fede”, affrontato assieme a Federico Gilardoni, un giovane che ha fatto outing quattro anni fa, e a Gianni Geraci, storico membro del Guado, il gruppo di cristiani gay nato nel 1980, che opera per cambiare la visione dell’omosessualità all’interno della Chiesa. Dalla conversazione è emerso che don Dario aderisce sostanzialmente alle idee espresse da Gilardoni e Geraci, secondo i quali la condanna della pratica dell’omosessualità ci sarebbe solo nel magistero e nell’Antico Testamento, trattato come se fosse un corpo estraneo al cristianesimo. E pazienza se, in questa prospettiva, non si capisce che fine facciano per esempio i dieci comandamenti e le centinaia di citazioni che il Nuovo Testamento fa dell’Antico. Anzi, incredibilmente, Geraci cita in modo strumentale un passo della lettera ai Romani (Rm 8, 35-39) che dovrebbe servire da “liberi tutti”, omettendo di dire che nella stessa lettera è contenuto uno dei più chiari riferimenti ai rapporti contro natura (Rm 1, 26-32), assieme alla prima lettera ai Corinzi (il noto “non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né sodomiti […] erediteranno il regno di Dio”, seguito dalla splendida esortazione a glorificare Dio nel proprio corpo) e a diversi altri passi neotestamentari, compresi i vangeli di Luca e Matteo (Lc 10, 12; Mt 10, 15) dove è Gesù stesso a richiamare il peccato di Sodoma e Gomorra.
Don Dario ha ricordato ai suoi interlocutori che cosa dice la Sacra Scrittura? No, appunto. Si è invece associato alle critiche al magistero, raccogliendo gli applausi di gran parte del pubblico. “Sicuramente, i testi del magistero non aiutano, perché parlano di disordine dell’omosessualità. Il magistero non è, lo dico a bassa voce, la parola di Dio, è la voce di uomini di Chiesa che sono uomini”. A parte il fatto che il magistero è fondato sulla parola di Dio, come abbiamo visto è proprio quest’ultima a smentire don Dario e il suo tentativo di sdoganare gli atti omosessuali. Le critiche del prelato, che nel suo intervento non ricorda nemmeno la distinzione che il magistero fa tra accoglienza del peccatore e situazione di peccato, stridono poi con le parole di coloro che per anni sono stati attratti da persone dello stesso sesso e hanno trovato la pace solo grazie alla scoperta e alla ricchezza dell’insegnamento della Chiesa, come Luca Di Tolve (chi scrive ha ascoltato proprio pochi giorni fa la testimonianza simile di un giovane, che si è “rimesso in cammino grazie alla scomodità del magistero”).
Don Dario, invece, dimostra di far parte della fronda che pretende di rimuovere il peccato, sostituendosi alla sapienza creatrice di Dio. “La Chiesa ha bisogno di spinte dal basso per poter cambiare. Un giorno una bambina mi ha chiesto: «Ma perché hai dato la comunione a Tizio e Caio se tutti sanno che sono due omosessuali che vivono insieme?». Allora, il lavoro è dire: «Ma guarda che loro due sono come tutti gli altri cristiani, si vogliono bene come tua mamma e tuo papà». Secondo me, questa risposta data alla bambina non è banale, perché cambia la mentalità dal basso”. Un cambiamento verso cui il sacerdote, presentatosi al convegno senza nemmeno un segno che consentisse di riconoscerlo come pastore, spinge non solo all’interno delle parrocchie (dove, come dimostra questo episodio, genera confusione e scandalo tra i fedeli), ma anche nelle scuole dove insegna: “Un giorno ho capito che tra due ragazzine della scuola superiore stava nascendo qualcosa e allora ho fatto una lezione sull’omosessualità. Il giorno dopo sono venute da me e mi hanno detto: «Sa che noi due ci vogliamo bene?». E io ho risposto: «Bello!»”.
Viene da chiedersi se il vescovo sia stato informato del modo di operare di don Dario, che dal canto suo è pienamente consapevole di fare qualcosa in contrasto con la promessa di obbedienza. “Quando dei ragazzi ti comunicano questa scoperta [dell’attrazione omosessuale, ndr], la cosa che secondo me va fatta è innanzitutto aiutarli a togliere qualsiasi senso di colpa. Questo va fatto e io faccio una cosa che non posso fare”. E infatti non è questo che insegna la Chiesa nella Lettera ai vescovi sulla cura pastorale delle persone omosessuali, laddove al punto 11 si parla di circostanze che possono accrescere, ridurre o addirittura togliere la colpevolezza del singolo in un caso determinato, ma al contempo ricorda che anche le persone attratte dallo stesso sesso sono fondamentalmente libere di fare il bene o il male. “Dev’essere comunque evitata - si legge nella lettera scritta dall’allora cardinale e prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Joseph Ratzinger, e approvata da Giovanni Paolo II - la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa. In realtà anche nelle persone con tendenza omosessuale dev’essere riconosciuta quella libertà fondamentale che caratterizza la persona umana e le conferisce la sua particolare dignità. Come in ogni conversione dal male, grazie a questa libertà, lo sforzo umano, illuminato e sostenuto dalla grazia di Dio, potrà consentire ad esse di evitare l’attività omosessuale”.
Al convegno c’è stato spazio anche per un breve intervento fuori programma del portavoce di Agapo (associazione di genitori e amici di persone omosessuali, che opera da una prospettiva diversa rispetto a quella di Agedo), Michele Gastaldo, che ha lasciato delle riflessioni scritte e delle domande agli organizzatori, tra cui una rivolta proprio a don Dario, al quale ricorda l’importanza di rimanere fedeli al magistero, perché è proprio la Chiesa che “invita a meditare sul significato della Sacra Scrittura, ad esempio quando dice «maschio e femmina li creò» e «i due saranno una carne sola»; quindi a riflettere sull’importanza della diversità dei sessi nella relazione sponsale e nello stesso atto sessuale unitivo. Incoraggia ad approfondire il significato della diversità dei sessi attraverso la ragione […]. D’un lato, come Chiesa della misericordia è e si sente vocata ad accogliere la persona omosessuale in modo incondizionato, dall’altra, essendo religione incarnata, non può che orientare le persone eroticamente attratte dallo stesso sesso a riflettere sul significato della natura binaria della specie umana”.