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giovedì 25 agosto 2016

Piena solidarietà a don Lorenzo Lasagni

di Mons. Benigno Umberti

Esprimo - da questo blog - tutta la mia solidarietà al sacerdote don Lorenzo Lasagni, duramente redarguito dal suo Vescovo per aver pronunciato… un'omelia cattolica.


L'insopportabile misfatto è stato compiuto in occasione di una S. Messa celebrata in suffragio del gerarca fascista Ettore Muti, assassinato a tradimento il 24-8-1943.
Nessun accenno vi è stato nell'omelia che mostrasse simpatia per il gerarca o per il regime.
Don Lorenzo ha ribadito i principi fondamentali della dottrina sociale combattuti dai nemici della Chiesa e traditi dai "cattolici adulti", dai "cattolici conigli" e da modernisti vari.
Se non è sempre vero che "dei morti di parla solo bene" (De mortuis nihil nisi bonum: in certi casi può non essere opportuno), per nessun defunto la Chiesa nega una prece in suffragio.
Don Lorenzo ha difeso il diritto alla libertà religiosa, che per i cattolici è anche la libertà di poter suffragare chiunque, Stalin, Hitler, Togliatti etc. etc.
Visti come si sono svolti i fatti mi chiedo: per il Vescovo di Ravenna esistono morti per cui non si può pregare e preti che non si possono rimproverare pubblicamente?
E, per quest'ultima categoria, alludo, solo per fare un esempio, al prete di Ravenna che ha celebrato una Messa catto-buddista.


Per lui ci sono stati rimproveri pubblici e allo scandalo è forse stato posto un qualche rimedio?
Ma per i coraggiosi preti cattolici degni di questo nome, pronti e istantanei, i rimproveri sui giornali.
Ora riporto il testo integrale dell'omelia di don Lorenzo, sfidando chiunque a trovare una parola che non sua esclusivamente cattolica.
“L’historia si può veramente definire una guerra illustre contro il tempo, perché togliendogli di mano gli anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaveri, li richiama in vita  li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia” (Manzoni: Introduzione a I Promessi Sposi). E noi crediamo che Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre e che con la sua incarnazione e redenzione aggancia e salva la storia, dandole un approdo finale, dove, come giudice degli uomini, salderà definitivamente i conti che oggi risultano incomprensibili ed irrisolvibili. La controprova è l’evidente scacco che ogni ideologia, filosofia o sistema di potere, ha puntualmente subito cercando di emarginare ed eliminare Colui che degli accadimenti ne è il senso e il Re dell’universo. A maggior ragione oggi dove prosperano boriosi e meschini i figli “di questa età superba, che di vote speranze si nutrica, vaga di ciance e di virtù nemica; stolta, che l’util chiede, e inutile la vita quindi più sempre divenir non vede” (Leopardi: “Il pensiero dominante”).
E veniamo alla buona notizia per noi: il Vangelo di Gesù Cristo. Che ci prospetta l’esaltante e meravigliosa destinazione della beatitudine eterna. Con la particolarità, rispettosa delle nostre scelte terrene, che per accedervi dobbiamo varcare con fatica una porta stretta e che gli operatori di iniquità resteranno fuori in un lacerante ed eterno dolore.
Riconoscersi peccatori e bisognosi di perdono e salvezza è il primo passo, che poi comporta l’assumersi quotidianamente di un progetto di vita sempre più conforme a quanto insegnato dal nostro Maestro e Signore, per fare guerra alle opere della carne che danno la morte e compiere quello dello Spirito che danno la vera Vita. Un buon educatore come è il Cristo deve demolire i presunti appoggi e false sicurezze terrene, che spesso sono sintomo di superbia, perché comprendiamo, nell’esercizio dell’umiltà, che solo nella fede in Lui troviamo stabilità, forza, speranza e certezza.
Appositamente viene usato il verbo “agonizomai” che in greco significa lottare contro con le mani, combattere. Quindi la vita è un’agonia: una lotta, un combattimento e il cristiano un lottatore e combattente contro il male prima dentro e poi fuori di lui. Male che si chiama peccato, concupiscenza della carne, mondo (ciò che è nemico di Dio e dell’uomo) e diavolo. Ricordiamoci dei vizi capitali che quotidianamente ci fanno guerra: superbia, invidia,ira,lussuria,avarizia,gola accidia. Il tuo progresso spirituale sarà pari alla violenza che avrai fatto a te stesso (anche se siamo spesso tentati di farla agli altri). Gesù ci ricorda che i veri mali, quelli pericolosi, escono dal cuore dell’uomo per poi trasferirsi come strutture di peccato nella storia umana (vedi le ideologie totalitarie del XX secolo,in primis il comunismo, che hanno cercato di impedire all’uomo di raggiungere la cima divina della sua coscienza, come diceva il più grande scrittore russo del novecento Aleksandr Solzenicjn). 
E la porta stretta da varcare per accedere alla beata eternità significa questa quotidiana lotta faticosa, ma remunerante, supportata dall’aiuto di Dio. S.Paolo dice della sua esperienza : “Non sapete che alla stadio tutti corrono ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo. Però ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre. Io dunque corro ma non come uno che è senza meta; faccio pugilato ma non come chi batte l’aria” (1 Cor. 9)... 
E gli operatori di iniquità ? L’iniquità è l’offesa all’equilibrio che la vera giustizia esige. Un atto malvagio che implica volontà cosciente di sopraffazione d’ingiustizia. E Gesù specifica che non è sufficiente proclamarsi suoi discepoli per aver condiviso con lui alcuni momenti, illudendosi così vanamente, per poi agire secondo le proprie voglie disordinate e contrarie alla legge di Dio, che sola illumina, dà gioia e vita. 
Siamo nell’anno giubilare della misericordia indetto da Papa Francesco, che lo ha voluto perché la Chiesa si faccia eco della Parola di Dio, che risuona forte e convincente, come una parola e un gesto di perdono, di sostegno, di aiuto, di amore. Con tristezza e amarezza riscontriamo che parte della società politica, culturale e istituzionale di Ravenna rifiuta, ancorandosi ad una rancorosa contrapposizione antistorica, di accettare questo spirito misericordioso col promuovere appelli di singoli e associazioni , raccolte di firme, dichiarazioni sdegnate, ordinanze comunali e varie, petizioni parlamentari e quant’altro, perché questa cerimonia non “s’ha da fare”. Perfino infamando le persone interessate e trattandole come appestati da tenere in quarantena, e mischiando indebitamente legittime convinzioni culturali,religiose e politiche, facendo così di ogni erba un fascio. 
Sembra di riattualizzare, con le dovute modifiche, la più grande opera manzoniana, i Promessi Sposi, dove moderni don Rodrigo, con l’ausilio di sinistri bravi, progettano di mandare a monte non un matrimonio bensì un semplice gesto di preghiera e umanità, senza l’intento di offendere chicchessia o compiere azioni eversive. Ma il matrimonio di Renzo e Lucia si compì, vissero felici e contenti con la benedizione divina; don Rodrigo, invece, morì povero, solo e appestato non nel suo palazzo ma su un giaciglio di paglia; i bravi in parte morirono o si dettero ad altro affare.
Questi nostri concittadini, a cui va un cristiano saluto, titolari per dinastia politica della cattedra di democrazia e probe vestali costituzionali a intermittenza ( secondo quanto il verbo del partito dispone), ascoltino, se a loro garba, ciò che dice il Magistero della Chiesa (e che i Pastori della Chiesa hanno il dovere di insegnare senza sconti e saldi o falso rispetto umano che può sapere di complicità e viltà), a proposito della natura e fine della democrazia, strumento di governo che può essere usato malamente se gli operatori sono iniqui.
“Ogni volta che la libertà, volendo emanciparsi da qualsiasi autorità e tradizione si chiude alle evidenze primarie di una verità oggettiva, la persona finisce con l’assumere come unico e indiscutibile riferimento per le proprie scelte non più la verità sul bene e sul male, ma solo la sua mutevole opinione o addirittura il suo egoistico interesse e il suo capriccio. In questo modo la democrazia, ad onta delle sue regole, cammina sulla strada di un sostanziale totalitarismo. Lo Stato non è più la casa comune dove tutti possono vivere secondo principi di uguaglianza, ma si trasforma in stato tiranno, che si presume di poter disporre della vita dei più deboli e indifesi, dal bambino non ancora nato al vecchio...In verità siamo solo di fronte a una parvenza di legalità e l’ideale democratico è tradito nelle sue stesse basi” (Enciclica di Giovanni Paolo II°: “Evangelium vitae, 20”).
Difatti abbiamo l’abominevole delitto dell’aborto di Stato; la manipolazione eugenetica e distruzione degli embrioni umani creati artificialmente. Senza dimenticare l’attacco feroce e sconsiderato all’istituto della famiglia come società naturale formata dal matrimonio tra un uomo e una donna e non da combinazioni arcobaleno contro natura. La natura non è un’opinione, come qualche stolto afferma; ha le sue leggi impresse dal Creatore e scoperte e riconosciute dalla scienza. E noi credenti dobbiamo difendere i diritti di Dio, che sono poi i diritti dell’uomo perché acquisisca la vera felicità e salvezza.
Tempo verrà, scriveva Chesterton, in cui dovremo salire sui monti a far resistenza per affermare che gli alberi in primavera sono verdi e in estate danno frutti. Col Vangelo in mano e facendo passi diritti, guardiamo l’odierna realtà, e ci rendiamo conto che quando il fango avanza bisogna farsi pietra per indicare agli altri la strada.