per il rinnovamento liturgico della Chiesa, nel solco della Tradizione - a.D. 2008 . - “Multa renascentur quae iam cecidere”
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domenica 7 agosto 2016
Come Pio XI avrebbe riposto a Kasper, Forte, Spadaro… sul matrimonio
Dagli amici di Libertà e Persona.
L
Brano dall’enciclica di Pio XI Casti Connubi (1930)
[…] Ma ciò che soprattutto impedisce la restaurazione e la perfezione del matrimonio stabilito da Cristo Redentore, è, come avvertimmo, Venerabili Fratelli, la sempre crescente facilità dei divorzi. Anzi, gli odierni fautori del neopaganesimo, per nulla fatti saggi dall’esperienza, vanno sempre più acremente contestando la sacra indissolubilità del coniugio e le leggi che la sostengono, e affermano doversi dichiarare lecito il divorzio, e che una legge nuova e più umana venga a sostituire leggi antiquate e sorpassate.
Essi presentano molte e varie ragioni per il divorzio; alcune provenienti da vizio o colpa delle persone, altre inerenti alle cose stesse (le une dicono soggettive, le altre oggettive); in una parola, tutto ciò che rende più aspra ed ingrata la indivisibile convivenza. Pretendono di dimostrare siffatte ragioni per molti capi: dapprima, per il bene di ambedue i coniugi, sia dell’innocente, il quale ha perciò il diritto di separarsi dal coniuge reo, sia del colpevole di delitti, che per questo appunto deve essere separato da una unione ingrata e coatta; poi, per il bene della prole, la quale resta priva della retta educazione, essendo troppo facilmente scandalizzata e allontanata dalla via della virtù per le discordie e altre colpe dei genitori; infine, per il bene comune della società, il quale richiede che anzitutto si sciolgano quei matrimoni che non valgono più ad ottenere il fine inteso dalla natura. Inoltre si permettano dalla legge i divorzi sia per prevenire quei delitti che si possono facilmente temere dalla convivenza di tali coniugi, sia per evitare che cadano sempre più in ludibrio i tribunali e l’autorità delle leggi, quando i coniugi, per ottenere la bramata sentenza di divorzio, o commettono a bella posta quei delitti per i quali il giudice può sciogliere il vincolo a norma di legge, o sfacciatamente mentiscono e spergiurano di averli commessi, nonostante il giudice veda chiaramente lo stato delle cose. Pertanto, essi dicono, le leggi devono in ogni modo conformarsi a tutte queste necessità, alle mutate condizioni dei tempi, alle opinioni degli uomini, alle istituzioni e ai costumi delle nazioni: tali motivi per sé soli, e massimamente se tutti insieme considerati, dimostrerebbero con evidenza che per determinate cause deve assolutamente concedersi la facoltà di divorzio.
Altri, con più audacia, opinano che il matrimonio, come contratto meramente privato, deve essere lasciato al consenso e all’arbitrio privato dei due contraenti, come avviene negli altri contratti privati; e perciò sostengono che può essere sciolto per qualsiasi motivo.
Senonché, contro tutte queste demenze, sta immobile, Venerabili Fratelli, la legge di Dio, da Cristo amplissimamente confermata, e che non può venire smossa da nessun decreto degli uomini, opinione di popoli o volontà di legislatori: «Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non separi » [66]. E se l’uomo ingiuriosamente tenta separarlo, il suo atto sarà del tutto nullo, e resta immutabile quanto Cristo apertamente affermò: « Chiunque rimanda la moglie e ne sposa un’altra, è adultero; e chi sposa la rimandata dal suo marito, è adultero » [67]. E queste parole di Cristo riguardano qualsiasi matrimonio, anche quello soltanto naturale e legittimo, giacché ad ogni vero matrimonio spetta quella indissolubilità, per la quale esso è sottratto, quanto alla soluzione del vincolo, all’arbitrio delle parti e ad ogni potestà laicale.
E qui deve pur essere ricordato il solenne giudizio con il quale il Concilio Tridentino condannò tali insanie di anatema: « Chiunque dice che il vincolo del matrimonio può essere sciolto dal coniuge, a causa di eresia o di molesta coabitazione o di pretesa assenza, sia anatema » [68]; e inoltre « Chiunque dice che la Chiesa erra quando ha insegnato e insegna che, secondo la dottrina evangelica ed apostolica, non può essere disciolto il vincolo del matrimonio per l’adulterio di uno dei coniugi, e che nessuno dei due, neanche l’innocente che non diede motivo all’adulterio, può contrarre altro matrimonio, vivente l’altro coniuge, e che commette adulterio tanto colui il quale, ripudiata l’adultera, sposa un’altra, quanto colei che, abbandonato il marito, ne sposa un altro, sia anatema » [69].
Se la Chiesa non errò né erra in questa sua dottrina, e perciò è del tutto certo che il vincolo del matrimonio non può essere sciolto neppure per l’adulterio, ne segue con evidenza che molto minor valore hanno tutti gli altri motivi di divorzio, di molto più deboli, che sogliono o possono allegarsi, e quindi non è da farne alcun conto. […]
Per il testo integrale: http://w2.vatican.va/content/pius-xi/it/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19301231_casti-connubii.html