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giovedì 11 agosto 2016

Ancora sulle parole di Papa Francesco sulla "guerra non di religione"



Verità e parole…parole
di Giovanni Tortelli

1. Sul volo che da Roma lo portava a Cracovia per la Gmg, papa Francesco ha dichiarato: “Quando parlo di guerra parlo di guerra sul serio, non di guerre di religione. Non esiste la guerra di religione: ci sono guerre per interesse, per soldi, per le risorse naturali o per il dominio dei popoli".
Due osservazioni: la prima, è che per il Papa le guerre di religione non sono «guerre sul serio»; la seconda, che esistono solo le guerre sul serio cioè per interesse, soldi, risorse naturali e dominio dei popoli. Le guerre di religione non rientrano in nessuna di quelle categorie e pertanto non esistono in quanto guerre.
Il Presidente Mattarella al Tg1, a distanza di poche ore: “(…) basta vedere come la grande maggioranza delle vittime sia di religione islamica per far comprendere che non si tratti di una guerra di religione".
E’ vietato parlare di “guerra di religione”, eppure tutti i giorni la evochiamo nel suo concetto e nel suo significato quando parliamo o leggiamo di “jihad” o di “jihadisti”, termine ampio nella lingua originale ma che in Occidente si è ristretto nel senso preciso di azione armata per la diffusione dell’islam.

Se così è, le stragi di questi ultimi tempi compiute in nome di un dio, rispondono esattamente al concetto e al lessico di una guerra di religione. Ma questo non si vuole ammettere - ad onta del principio che pensiero ed essere si appartengono l’uno all’altro e si manifestano nella loro identità, e ad onta della specificità di un linguaggio che trascende la sua elementare accezione glottologica - per non dover ammettere che l’islam è una religione violenta. Ciò che sarebbe “religiosamente” scorretto, in una Chiesa chiamata oggi in modo particolare all’autoflagellazione e alla misericordia a senso unico.
Un sacerdote subisce il martirio durante la sacra liturgia per mano di empi che scelgono accuratamente il luogo consacrato, il ministero sacerdotale della vittima e il preciso momento liturgico, ma perfino la Voce della divina Istituzione (che dovrebbe seguire la tradizionale via maestra: Veritas, Lógos, Verbum, Parola, Magistero, comunicazione) ci dice che non è guerra di religione.
La stampa rincara dicendo che no, è “solo” un atto terroristico quindi “solo” un atto politico di un paio di pazzi criminali o poco più, autorimbecillitisi sul web tramite un indottrinamento rudimentale, insomma nulla di formale o di succhiato con il latte.
Quindi la matrice religiosa di questi assassini risulterà sempre inadeguata a connotare le loro stragi con motivazioni religiose. Delinquenti e basta, solo, con una recentissima storia di affiliazione religiosa alle spalle, tale da non incidere sulla natura politica del loro gesto. Si finirà così col far passare l’empietà per comune delinquenza politica – eversiva quanto si vuole - ma pur sempre solo politica.
Invece questa è guerra di religione, e l’Europa soccombe perché non capisce più cos’è la religione; perché - ormai essiccata in tutte le sue radici dal veleno laicista della nihilitas che è frammentazione, in perenne opposizione alla religio che è «ri-unione» - non intende più il senso religioso né in via ordinaria e positiva né quando esso si esprime nella sua forma violenta.
Un’Europa riduzionista e «riduttivista» per necessità. Un’Europa che si è vergognata delle proprie radici cristiane, nasce per forza senza senso religioso ma anche senza speranza, senza una progettualità che esca dalle semplici contingenze dell’immediato e dell’utile, senza un’identità forte e capace di riportarla dall’attuale nullità politica a protagonista di quei valori unitari di cui si nutrì nelle sue origini grazie ai grandi movimenti religiosi benedettini e degli ordini mendicanti.
Nel martirio di don Hamel dove sono gli ingredienti della “guerra seria”? O non si tratta piuttosto di un atto empio, iniquo e scellerato, cioè di un atto contro la pietà, contro l’integrità più sacra dell’uomo in quanto uomo, cioè contro la sua natura «religiosa»? In interiore homine est Deus.
La religio sta all’umanità come la forma sta alla materia, così come il rito è forma rispetto ad ogni altro atto umano, poiché il rito, il culto, è il protendersi dell’umanità verso la forma, verso la religione, verso ciò che unisce. Religione è la dynamis che Aristotele pone come essenza della vitalità dell’essere, e siamo ai fondamenti della civiltà occidentale.
Eppure un tempo la Chiesa aveva parlato con le parole degne e autorevoli del grande padre Agostino: “E’ maggior gloria uccidere la stessa guerra con la parola, che gli uomini in guerra” (Epist. 229). Non ammettere, anzi negare natura religiosa a una guerra che c’è ma in una forma non conclamata e per così dire abortiva, significa negare l’evidenza. Significa fermarsi a guardare le cause prossime del fenomeno e non quelle remote e vere.
2. Di ritorno da Cracovia, e con l’autorevole avallo del priore di Bose, è parola del Papa e della Chiesa che “Non è giusto né vero parlare di Islam violento e di terrorismo islamico".
Si tratta del degno corollario a quanto detto in precedenza: se esistono solo guerre “serie” fatte per solo per sete di potere e di sfruttamento, e non esistono invece guerre di religione, nessuna religione può esser violenta.
Si tratta di un sofismo, basato sulla erranza di entrambe le premesse. Basterebbe ricordare il Vangelo di Matteo: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma la spada” (Mt. 10,34). E Giovanni: “Io vi do la mia pace, ma non come ve la dà il mondo” (Gv. 14,27). E il solito Agostino: “Se poi vincono coloro che combattevano per una giusta causa, chi dubita che la vittoria non sia da gradirsi e che non ne venga una desiderabile pace? Queste cose sono buone e senza dubbio sono dono di Dio” (De Civitate Dei, 15). Mentre il maestro di Agostino, Ambrogio, aveva già ammonito: “Chi infatti non protegge il suo prossimo contro l’ingiustizia, quando lo può fare, è degno di reprensione come se la commettesse lui stesso” (I Doveri, I,40).
Ciò non significa certo inneggiare ad una contro-guerra di religione, ma solo richiamare il potere di verità e salvifico della «parola», tenendo a mente il monito di Agostino: “E’ maggior gloria uccidere la stessa guerra con la parola, che gli uomini in guerra”.
«Forma» è il linguaggio della «Sostanza» e Lógos, Verbum, Parola, Verità (Sostanza) ed Imago, Volto e Bellezza (Forma) sono alcuni dei Nomi del Figlio di Dio (s. Th., De Trinitate, quae. 34 e quae. 35), anzi «sono» il Figlio di Dio: il potere della parola e la sua comunicazione dipendono direttamente dalla Verità e hanno la medesima origine in Dio e coincidono e sono entrambe perfette in Gesù Cristo. La parola è dunque salvifica.
Chi ha una responsabilità magisteriale, secondo l’ordine che gli conviene, la eserciti dunque per ristabilire la Verità, che è Lógos, che è Verbum, che è Imago, che è Splendor.
Giovanni Tortelli

1 commento:

  1. Bergoglio inventa una filosofia della storia che nega la storia. Ai martiri massacrati a Otranto, come in tante altre parti e tuttora, si chiese di convertirsi a Maometto e non danaro.

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