Abbiamo appreso alcuni giorni fa del sacrilegio accaduto nella chiesa di San Geremia a Venezia allorchè un giovane islamico di 25 anni, di origini marocchine con permesso di soggiorno francese, entrato in chiesa si era avventato contro il Crocifisso scaraventandolo a terra per poi danneggiarlo pesantemente. (v.foto)
Nella successiva "dichiarazione" rilasciata dal Patriarca di Venezia Mons. Francesco Moraglia invano abbiamo cercato le parole specifiche: "profanazione" , "sacrilegio" o "dissacrazione" che inquadrano chiaramente, nella terminologia della comunità dei credenti, quanto è stato perpetrato contro il Crocifisso.
"Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no" insegna il Vangelo di Gesù ma in questi confusi giorni i chierici sembrano tuttavia preferire il "linguaggio socialmente laico/ politically correct" preso a prestito, spesso a vanvera, da talune espressioni del Papa, evidenziando così un'evidente incapacità di parlare del sacro , dell'immanente, della colpa e della riparazione attraverso la preghiera e la penitenza.
"Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no" insegna il Vangelo di Gesù ma in questi confusi giorni i chierici sembrano tuttavia preferire il "linguaggio socialmente laico/ politically correct" preso a prestito, spesso a vanvera, da talune espressioni del Papa, evidenziando così un'evidente incapacità di parlare del sacro , dell'immanente, della colpa e della riparazione attraverso la preghiera e la penitenza.
Nella "dichiarazione" del Patriarca il sacrilegio e la profanazione contro il Crocifisso di San Geremia (benedetto) sono dipinti come "gesti ... che rendono più difficile percorrere comuni strade di convivenza"!
C'è da rimanere basiti ! Nessun accenno dell'offesa sacrilega compiuta all'interno del Tempio Santo di Dio!
Dio non conta più nulla?
Dio non conta più nulla?
Ci piace ricordare ai Chierici smemorati le belle parole che il Papa pronunciò all'Angelus della Festa dell'Esaltazione della Croce di due anni fa
"...proprio perché era il Figlio di Dio Gesù stava lì, sulla croce, fedele fino alla fine al disegno d’amore del Padre.
E proprio per questo Dio ha «esaltato» Gesù (Fil 2,9), conferendogli una regalità universale.
E quando volgiamo lo sguardo alla Croce dove Gesù è stato inchiodato, contempliamo il segno dell’amore, dell’amore infinito di Dio per ciascuno di noi e la radice della nostra salvezza.
Da quella Croce scaturisce la misericordia del Padre che abbraccia il mondo intero.
Per mezzo della Croce di Cristo è vinto il maligno, è sconfitta la morte, ci è donata la vita, restituita la speranza.
Questo è importante: per mezzo della Croce di Cristo ci è restituita la speranza.
La Croce di Gesù è la nostra unica vera speranza!
Ecco perché la Chiesa “esalta” la santa Croce, ed ecco perché noi cristiani benediciamo con il segno della croce.
Cioè, noi non esaltiamo le croci, ma la Croce gloriosa di Gesù, segno dell’amore immenso di Dio, segno della nostra salvezza e cammino verso la Risurrezione.
E questa è la nostra speranza.
Mentre contempliamo e celebriamo la santa Croce, pensiamo con commozione a tanti nostri fratelli e sorelle che sono perseguitati e uccisi a causa della loro fedeltà a Cristo. ..."
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Preghiamo il Signore che ci liberi dal forbito, mondano e controproducente linguaggio di taluni chierici: "ut mentes nostras ad caelestia desideria erigas" .
AC
AC
Giovedi, 14 Luglio 2016
S. Geremia, il Patriarca sul Crocifisso: Sì all'accoglienza, ma serve rispetto
Sull'episodio di sfregio e profanazione del crocifisso avvenuto l'altro giorno nella chiesa veneziana dei Ss. Geremia e Lucia, il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia ha appena rilasciato a
www.genteveneta.it (link sotto) la seguente dichiarazione.
www.genteveneta.it (link sotto) la seguente dichiarazione.
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"E' un episodio dai contorni ancora oscuri ma che intristisce e preoccupa e, comunque, chiede di non esser sottovalutato per il significato che il gesto obiettivamente porta in sé; esso contiene un messaggio che va certamente oltre la persona e le motivazioni di chi l’ha compiuto e che potrebbe esser ripetuto con motivazioni simili o diverse.
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Viviamo un tempo carico di tensioni in cui i messaggi violenti abbondano e ci segnano, al di là di quanto siamo consapevoli, e contribuiscono a creare un clima.
L’episodio accaduto nella chiesa veneziana dei Ss. Geremia e Lucia appartiene alla cronaca quotidiana ma non deve essere considerato irrilevante perché produce diffidenze, sospetti, paure.
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Il valore fondamentale della libertà religiosa - contro ogni forma di discriminazione e razzismo - non viene qui messo in questione ed anzi ci vede ancor più impegnati in un atteggiamento di reale e saggia accoglienza, attraverso un’integrazione cordiale e sincera, nei confronti di chi chiede aiuto perché si trova nel bisogno.
Nello stesso tempo, si chiede rispetto e garanzie di legalità per coloro che accolgono.
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Al di là del caso dell’altro giorno, dinanzi a gesti del genere e che rendono più difficile percorrere comuni strade di convivenza, è opportuno che sia tutta la società a prenderne le distanze, a cominciare dalle comunità religiose.
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L’intera società civile, nelle sue varie componenti, deve impegnarsi a promuovere la cultura dell’accoglienza, ricordando che ogni Paese ospitante ha una sua storia, una sua cultura e anche una sua fede.
E il Crocifisso - che per i cristiani riveste il significato religioso più alto - è Colui che ha generato questa storia e questa cultura basate sull’accoglienza, sul perdono e sulla riconciliazione.
Senza tali valori una convivenza umana, degna di tale nome, non sarebbe possibile.
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Sì, vogliamo una società a misura d’uomo in cui siano integrati - come ci ricorda Papa Francesco - gli uomini e le donne ferite da una vita difficile e drammatica, come certamente deve essere stata quella dell’amico magrebino entrato nella chiesa dei Ss. Geremia e Lucia.
A lui vorremmo dire, con semplicità e fraternità, che compiendo quel gesto nei confronti del Crocifisso - Colui che il cristiano ha di più caro - si è scagliato anche contro quei valori che proprio il Crocifisso - al di là del suo significato religioso - ha originato nella nostra cultura e tiene oggi desti nella nostra società: l’accoglienza, il perdono, la riconciliazione, la misericordia”.
In questa chiesa c'è sempre un custode all'entrata, almeno ha fermato subito lo squilibrato in questione. Oremus!
RispondiEliminaLa rinnegata gerarchia cattolica abbandona la fede del popolo cristiano all'aggressione ed alla profanazione, anestetizzata dal 'dialogo', dall'ecumenismo',etc. o peggio, da una teologia che postula un fantomatico Padre Eterno che va bene per tutti. E' necessario e urgente trarre le conseguenze dall'"impossibilità di percorrere strade comuni di convivenza" con l'Islam, del resto mai possibile in 1500 anni!
RispondiEliminaE'stato arrestato almeno?
RispondiEliminaE' stato espulso dal ministro (con la m minuscola) degli Interni.
EliminaSi infrangono pietosamente le ultime illusioni di chi sperava che sulla cattedra di San Marco sedesse uno degli eredi di quel grande esegeta che fu il cardinale Siri.
RispondiEliminaEsatto, e pensare che Moraglia passava per "tradizionalista"....
EliminaInvece, siamo ai livelli di Boldrini e Mattarella, cioè lo zero metafisico.
Michele
Moraglia: un vuoto psstorale desolante...
EliminaMo raglia!
RispondiEliminaun discorso da imbecille ,ma quale accoglienza,quale integrazione ci può essere ,con chi viene a distruggerti casa e in questo caso chiesa e a profanare un luogo sacro ,ma ci si rende conto di quale stupidità siamo circondati ?
RispondiEliminaQUANDO CAPIRETE CHE "optimum est inimicus bonum"
RispondiEliminaBella gente i musulmani. .
RispondiEliminaA parte il fatto che non mi sento partecipe di nessuna "cultura dell'accoglienza", vorrei sapere su quale principio tali frasi fatte, perche' questo sono, dovrebbero basarsi. Sappiamo gia' che il marocchino non paghera' i danni arrecati e che simile gesto sara' tollerato come incomprensione tra diverse culture. Se l'islam dovesse distruggere un passato cristiano, credo che dell'arte europea rimarrebbe ben poco. Ma i danni facciamoli pagare al governo francese, principale responsabile degli avvenimenti di Nizza. O no?..
RispondiEliminaQuanta pena nel sentire un vescovo definire la libertà religiosa come un "valore fondamentale"!
RispondiEliminaSiri era a Genova, a Venezia c'era Luciani. Tuttavia ha fatto bene Francesco a non conferire la porpora.
RispondiEliminaOrmai son tutti uguali. Lo "spirito del Concilio" ha già pervaso pesantemente la Chiesa e sembra che tutti i chierici abbiano paura ad affermare la Vera Fede.
RispondiEliminaNeanche un democristiano scafato avrebbe detto parole così insulse e mielose!
RispondiEliminaSante Messe di riparazione manco a parlarne...
En el recuerdo de mi visita a Santa Lucia en Venecia expreso mi mas profundo dolor!
RispondiEliminaADORAMUS TE CHRISTE ET BENEDICIMUS TIBI QUIA PER SANCTAM CRUCEM REDEMISTI MUNDUM !
Una dichiarazione assolutamente deludente, insignificante e vuota dal punto di vista pastorale. Tra l'altro, proprio nell'imminenza della festa del Redentore, che era un'occasione per dire una parola al popolo dei credenti ferito nel suo sentimento religioso.
RispondiEliminaAncora una volta, come già aveva notato R. Farina raccontando il funerale di Stato della giovane Valeria morta a Parigi, dalla bocca del evscovo non esce l'essenziale...