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venerdì 3 giugno 2016

Osservazioni su alcuni punti controversi dell'Esortazione apostolica «Amoris laetitia» - 2.6 - quando non si può ricevere l'Eucarestia

 di don Alfredo Morselli 

A partire dal 30 maggio 2016, MiL ha presentato studio approfondito su alcuni punti controversi dell'esortazione Amoris laetitia: data l'ampiezza, lo scritto è stato diviso in più post: è possibile scaricare il testo completo in formato PDF.

Beato Angelico, Matrimonio della Vergine

Osservazioni su alcuni punti controversi
dell'Esortazione apostolica

Amoris laetitia


II.         Verità irrinunciabili (6)

4. Non è possibile ammettere alla recezione della SS.ma Eucarestia chiunque si trovi in stato di peccato mortale.


La Chiesa ha sempre proposto a credere che non si può ricevere l'Eucarestia in stato di peccato mortale; riportiamo qualche testo magisteriale in proposito:
S. Pio XCatechismo maggiore, n. 632: "Chi si comunicasse in peccato mortale, riceverebbe Gesù Cristo, ma non la sua grazia, anzi commetterebbe sacrilegio e si farebbe meritevole della sentenza di dannazione".
 S. Giovanni Paolo IIDiscorso ai membri della penitenzieria, 30 gennaio 1981: "…vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma inculcata da san. Paolo e dallo stesso Concilio di Trento, per cui alla degna recezione dell'Eucaristia si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale"[1].
 Catechismo della Chiesa Cattolica, §1385 "Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione".
 S. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Ecclesia de Eucharistia, 17-4-2003 § 36: "Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell'apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell'Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale»"[2].
In coseguenza di queste premesse, chi convive uxorio modo con altra persona che non sia il proprio legittimo coniuge (ovviamente sposato in chiesa), vivendo in stato di peccato mortale, non può accostarsi all'Eucarestia. Così la Chiesa insegna:
Benedetto XVI, Esortazione apostolica Sacramentum Caritatis, 22-2-2007, § 29 (grassetto redazionale): "Il Sinodo dei Vescovi ha confermato la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (cfr Mc 10,2-12), di non ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati, perché il loro stato e la loro condizione di vita oggettivamente contraddicono quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata nell'Eucaristia"[3].
 S. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, 22 novembre 1981, § 84 (grassetto redazionale): "La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia"[4] Congregazione per la Dottrina della Fede, «Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati», 14 settembre 1994 (grassetto redazionale): "5. La dottrina e la disciplina della Chiesa su questa materia sono state ampiamente esposte nel periodo postconciliare dall'Esortazione Apostolica «Familiaris consortio». L'Esortazione, tra l'altro, ricorda ai pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le diverse situazioni e li esorta a incoraggiare la partecipazione dei divorziati risposati a diversi momenti della vita della Chiesa. Nello stesso tempo ribadisce la prassi costante e universale, «fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla Comunione eucaristica i divorziati risposati» (Esort. apost. Familiaris consortio, n. 84: AAS 74 (1982) 185), indicandone i motivi. La struttura dell'Esortazione e il tenore delle sue parole fanno capire chiaramente che tale prassi, presentata come vincolante, non può essere modificata in base alle differenti situazioni. 6. Il fedele che convive abitualmente «more uxorio» con una persona che non è la legittima moglie o il legittimo marito, non può accedere alla Comunione eucaristica. Qualora egli lo giudicasse possibile, i pastori e i confessori, date la gravità della materia e le esigenze del bene spirituale della persona (Cfr. 1 Cor 11,27-29) e del bene comune della Chiesa, hanno il grave dovere di ammonirlo che tale giudizio di coscienza è in aperto contrasto con la dottrina della Chiesa (Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 978 § 2). Devono anche ricordare questa dottrina nell'insegnamento a tutti i fedeli loro affidati"[5]. Pontificio Consiglio per i testi legislativi, Dichiarazione Circa l'ammissibilità alla santa comunione dei divorziati risposati, 24-6-2000 (grassetto redazionale): "Il Codice di Diritto Canonico stabilisce che: «Non siano ammessi alla sacra Comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l'irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto» (can. 915). Negli ultimi anni alcuni autori hanno sostenuto, sulla base di diverse argomentazioni, che questo canone non sarebbe applicabile ai fedeli divorziati risposati. […]Davanti a questo preteso contrasto tra la disciplina del Codice del 1983 e gli insegnamenti costanti della Chiesa in materia […] questo Pontificio Consiglio, d'accordo con la Congregazione per la Dottrina della Fede e con la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, dichiara quanto segue: 1. La proibizione fatta nel citato canone, per sua natura, deriva dalla legge divina e trascende l'ambito delle leggi ecclesiastiche positive: queste non possono indurre cambiamenti legislativi che si oppongano alla dottrina della Chiesa. Il testo scritturistico cui si rifà sempre la tradizione ecclesiale è quello di San Paolo: «Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1Cor 11, 27-29) (Cfr. Concilio di TrentoDecreto sul sacramento dell'Eucaristia: DH 1646-1647, 1661)"[6]. Catechismo della Chiesa Cattolica § 1650 (grassetto redazionale): "Oggi, in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e che contraggono civilmente una nuova unione. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo ("Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio": Mc 10,11-12), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali".




[1] http://tinyurl.com/zt7k3mx.
[2] http://tinyurl.com/ofu6xej.
[3] http://tinyurl.com/hpharle.
[4] http://tinyurl.com/pfvvhgf.
[5] http://tinyurl.com/5ooxed.
[6] http://tinyurl.com/z78kcek.