Costanza Miriano
Il Foglio 13-01-16
Una chiesa umile e disinteressata, per come la vedo, dovrebbe invece preoccuparsi prima di tutto del destino ultimo dei suoi figli, e non degli equilibri politici. Una chiesa della beatitudine è una chiesa che per fede sta in mezzo al mondo tormentato rimanendo serena; è una chiesa che insegna ai suoi a prendere sul serio le beatitudini – non vi è altra strada: la beatitudine, per esempio, di avere fame e sete della giustizia, e quella di non temere le conseguenze delle proprie posizioni, fossero anche persecuzioni (sugli insulti stiamo già a posto, grazie).
Noi credenti abbiamo bisogno di pastori che siano padri con noi, che sappiamo dirci la verità con dolcezza e fermezza, abbiamo bisogno di padri che vogliono la verità sull’uomo, non di uomini pubblici che dicono allo stato come fare le leggi, perché tanto i parlamentari fanno già tranquillamente come pare loro senza aspettare benedizioni, e tra l’altro una chiesa così è sempre meno influente sul piano politico (vedasi legge sul divorzio breve). Non vogliamo pastori come tanti di quelli tedeschi, che strizzano l’occhio al mondo, e poi hanno le chiese vuote, perché la gente è attratta dalla grandezza, le cose a buon mercato le trova ovunque. Ma non è la debolezza politica di una chiesa siffatta che mi preoccupa. Ben venga l’irrilevanza e la marginalità, se ci salviamo l’anima. O non ci crediamo più che c’è una vita eterna dopo questa?
Noi vogliamo una chiesa preoccupata del nostro destino, pastori che amino il nostro destino più delle nostre voglie e pretese, pastori che sappiano fare i padri. E quindi che ripetano che l’omosessualità è una tendenza oggettivamente disordinata, come dice il catechismo della chiesa cattolica. Che questo disordine non può portare l’uomo alla felicità, neanche qui sulla terra. Che un omosessuale che cerca Dio – secondo l’abusatissima espressione di Papa Francesco – è un omosessuale che cerca di vivere nella castità e di guarire la ferita che ha causato quel disordine. E noi cattolici, se siamo seri, sappiamo questo sia per fiducia nella chiesa, che sa cosa Dio ama, sia perché sperimentiamo sulla nostra pelle cosa significa cercare di camminare onestamente verso Dio. Inoltre, so che suona scandaloso e ridicolo alle orecchie contemporanee, ma per i credenti è così, la sodomia è un peccato gravissimo, così come l’adulterio, così come non dar da mangiare agli affamati (adesso sembra sia rimasto questo l’unico scandalo). E per questi peccati c’è l’inferno, se non facciamo in tempo a chiedere un perdono sincero, con cuore contrito, con il proposito di non peccare più. Mi dispiace, sono cose pochissimo glamour da scrivere, e ben presto probabilmente anche fuori legge – se fosse passata la legge Scalfarotto sarei in carcere, ho comunque già una lunga pila di libri pronta da leggere, e un cesto pieno di bottoni e rammendi – ma io credo che questo significhi disinteresse e beatitudine: fregarsene bellamente del politicamente corretto, delle conseguenze e degli equilibri politici, e continuare ad annunciare agli uomini la verità su di loro, anche se questo dovesse costare rompere alleanze e accordi.
Chi si preoccupa, sennò, del destino delle persone con tendenza omosessuale? Chi continua a dire ai ragazzi che magari sono in un momento di difficoltà, di confusione, a volte magari in passaggi di crescita poco meno che fisiologici, come stanno davvero le cose sull’identità maschile e femminile – che ci vengono date alla nascita e non sono scelte – se la mentalità gender fluid ha occupato militarmente tutti i mezzi di comunicazione? Vogliamo lasciarlo un posto in cui annunciamo con chiarezza quella che per noi credenti è la verità? In chiesa, almeno, avremo il coraggio di dire quello che crediamo, o in omaggio alla cultura dominante dobbiamo dire che c’è del buono nelle unioni tra persone dello stesso sesso (sentito al Sinodo con le mie stesse orecchie)? Se non si preoccupano di questo i pastori, chi lo farà?
Ovviamente la verità non viene imposta a nessuno, chi non la vuole ascoltare non vada in chiesa, ma la chiesa ha il dovere di annunciarla, i pastori la devono difendere a costo della loro vita, o almeno della carriera. Lo stato farà le sue leggi, sapendo che c’è un popolo di credenti – non tanto piccolo a giudicare dalla piazza del 20 giugno – che la pensa diversamente, e che vorrebbe essere difeso e sostenuto dai suoi pastori. Non vescovi pilota che capeggiano manifestazioni, ma padri preoccupati della felicità dei loro figli. Se non sono manifestazioni che sia una preghiera ardente, ma con un’intenzione chiara e ben scandita. Padri pronti a morire perché i bambini abbiano un padre e una madre. I politici faranno i loro conti. Forse ne pagheranno le conseguenze, se i credenti grazie ai loro pastori avranno mantenuto le idee chiare. Forse no, andranno lisci. Ma questo non è un calcolo che deve interessare la chiesa.
Le persone omosessuali che vivono con un certo equilibrio la loro condizione disordinata (siamo tutti disordinati, in un modo o nell’altro, e molti di noi si arrabattano per trovare un modus vivendi) continueranno a farlo anche senza la benedizione cardinalizia. Ma invece chi non è sereno, chi avverte che c’è qualcosa di ferito nella sua storia, dove troverà una risposta, qualcuno disposto ad ascoltare seriamente, a entrare nella sua sofferenza, ad abbracciarlo e a cercare una via di uscita? In certi paesi sarei già incriminabile per aver detto questo, ma possibile che non si possa più nemmeno dire che ci sono persone con tendenza omosessuale che non vivono bene la loro tendenza, e non per lo stigma sociale, ma proprio per qualcosa di privatissimo e intimo? Non si può ammettere questa possibilità? (Piccola chiosa sullo stigma sociale: ma dove lo vedono? Le mie figlie di nove anni l’altro giorno sono uscite da un negozio chiedendomi se per fare i commessi in quel posto sia obbligatorio comportarsi da femmine: secondo me si sentono discriminati gli etero, in certi ambienti).
Quanto ai diritti: una volta per tutte. I diritti già ci sono. I conviventi possono tranquillamente andare a trovarsi reciprocamente all’ospedale, indipendentemente dal sesso. Possono andare a trovarsi in carcere, godere della protezione speciale l’uno dell’altro nel caso di collaboratori di giustizia e via dicendo. Possono comprare insieme case, intestarsi mutui e fare tutto quello che vogliono delle loro risorse personali. Una piccola quota di eredità – la legittima – può non essere a disposizione, ma è una regola che serve a tutelare in minima parte i legami familiari. La famiglia non è un bene dello stato: è un patrimonio dell’umanità, è il luogo in cui la specie si riproduce da millenni, e nessuno stato dovrebbe metterci sopra le mani. Trovo comunque pretestuoso montare un caso su questo, come sulla pensione di reversibilità, che aveva un senso quando una donna aiutava un uomo lavoratore stando a casa e tirando su i suoi figli, e che nel caso di due adulti tutti e due capaci di lavorare perderebbe la sua ragione di essere (nessuno dei due sarebbe impedito da necessità di tirar su bambini piccoli, perché due persone dello stesso sesso non li possono generare, c’è sempre questo noioso dato di realtà da ricordare, e quindi perché i nostri figli domani dovrebbero mantenere un anziano signore che si è rifiutato di lavorare e che non ha messo al mondo nuovi contribuenti?). La vera questione – guardiamoci negli occhi, e ammettiamolo – non è certo su queste fattispecie, che potranno riguardare decine di casi in tutta Italia, forse (i rapporti omosessuali tendono a essere molto più instabili e promiscui di quelli etero, che pure già non scherzano): la vera questione in gioco è il riconoscimento morale, il desiderio di un’approvazione pubblica. Su questo lo stato decida, ma la chiesa non può smettere di dire il suo no, perché non ci sono minoranze svantaggiate, non si tratta di tutelare dei diritti negati (i diritti ci sono tutti), ma in gioco c’è la verità sull’uomo e sulla donna.
Per tutto questo, credo che il gesto più impolitico che potessimo fare sia stato scendere in piazza – e lo faremo di nuovo se servirà – per gridare all’uomo la verità su se stesso, per difendere i bambini, per lottare per la felicità dell’uomo, incuranti delle reazioni politiche, delle alleanze. Umili, disinteressati, beati per il sole che ci ha baciati dopo l’acquazzone.
Per il vecchio continente, oramai diventato "vecchio" in tutti i sensi, anche di testa, si prospetta ciò che il profeta Ezechiele profetó nel cap. 28 del suo libro! La fede sta giungendo al capolinea -sempre che già non ci sia giunta- anche nella nostra Italia, i maomettani ci stanno accerchiando con un piano studiato dai potentati massonici Europei che vogliono distruggere la Chiesa; nessuno, tranne pochissimi pastori alzano la voce! Siamo veramente ridotti ad un popolo senza più un minimo di dignità e fede! Tutto questo era evitabile se avessimo avuto un cuore docile a Dio, che a Lui si fosse aggrappato con tutta la preghiera di fede possibile! Ma non abbiamo voluto, non l'abbiamo voluta!!! Credo che le conseguenze saranno tremende! Signore pietà
RispondiEliminaGrande Costanza!!! Un ruggito potentissimo il tuo articolo. Da stampare, divulgare da affiggere in tutte le chiese del mondo!
RispondiEliminaChe vecchiume questa Signora Costanza.
RispondiEliminaIl matrimonio civile dinanzi a Gesù possiede la valenza e la solennità della tessera per gli sconti al supermercato.
Solo lo Stato lo ritiene valevole di effetti giuridici.
Perchè dobbiamo privare i gay di questa cosa ,di questa buffonata che si risolve sempre più spesso in un divorzio civile?
Come molte coppie pensano erroneamente di amarsi perchè bisogna privare di quest'illusione due uominisessuali oppure le sbiche?
E' una cattivera che solo lo Stato Italiano si può permettere ,per ora,di erogare ai cittadini.
Caro Anonimo delle 21:40, mi dica la verità...ma lei è un avvocato divorzista?
EliminaLa domanda è: ma quella della Miriano è la posizione della Chiesa? A me sembra di no.
RispondiEliminaQuella della Costanza Miriano è la posizione della Chiesa ....non quella di Galantino
RispondiEliminaIl 30 Gennaio tutti a Roma, poche storie, niente scuse.
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