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domenica 10 gennaio 2016

“Troppo” cattolico, mons. Negri sotto attacco

di Mauro Faverzani - Corrispondenza Romana, 6 gennaio 2016


Più che un appello, sembra una sentenza: la lettera, spedita in fretta e furia in Vaticano – in particolare, al Papa ed alla Cei –, per cavalcare l’onda mediatica (prevedibilmente favorevole), ha lasciato diverse questioni aperte sul tappeto.
A quelli dell’associazione Pluralismo e dissenso di Ferrara proprio non piace il loro Vescovo, mons. Luigi Negri: troppo cattolico, fermo sui principi e pronto oltre tutto a difenderli. Con la determinazione di chi sa bene di avere una precisa «responsabilità pastorale» (Catechismo, n. 879), nei confronti dei suoi fedeli ed anche dei non fedeli. Mons. Negri scuote e richiama le coscienze e questo non piace, anzi crea «disagio». Da qui il nuovo anatema, lanciato dai firmatari della missiva: «Usa spesso parole non ispirate a misericordia e carità». È la misericordia il nuovo comandamento onnicomprensivo, guai a non adeguarcisi.
Dimenticando come il Vescovo sia chiamato a reggere la propria Diocesi «col consiglio, la persuasione, l’esempio, ma anche con l’autorità e la sacra potestà» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 894). Cioè non solo con lo zuccherino, bensì, quando e dove necessario, anche col bastone. Sono in trecento, a protestare. Quasi tutti ferraresi, si tiene a precisare. Sui 273.900 battezzati di quella Diocesi, quella di Ferrara e Comacchio. Un numero ridicolo, insignificante. Anche se gridano forte e cercano lo scontro: ritengono che il loro presule si discosti «troppo frequentemente e su troppe questioni dalle parole del Papa», da loro erto a supremo riferimento del “cattolicamente corretto”.
Da qui l’accusa: mons. Negri, secondo loro, è «divisivo». Ecco il nuovo insulto: che non indica un tradimento dottrinale o, peggio, un atteggiamento eretico. «Divisivo», secondo loro, è chi combatte il laicismo, inteso quale sinonimo di «autodistruzione dell’Europa»; chi ritiene che le Crociate abbiano «permesso la sopravvivenza del Continente», bloccando la ferocia turca; chi accusa l’islam di tematizzare «la violenza come direttiva teoria e pratica»; e via elencando. Insomma, in una parola, «divisivo» sarebbe chiunque fa ed afferma, senza se e senza ma, una posizione culturale manifestamente, identitariamente, esplicitamente cattolica. Ma c’è di più.
C’è un problema di metodo. L’idea cioè che, a stilar le pagelle dei presuli, debba essere la “base”, seguendo percorsi mentali propri; non quindi – il che sarebbe legittimo – esprimendo pareri maturati alla luce della retta Dottrina, del Magistero e della Tradizione, specificando il dove e il come, spiegando e motivando, bensì pareri autoreferenziali, soggettivi ed epidermici, giocati sull’onda del sentimento, anziché della ragione e, tanto meno, della fede. È, questo, un modo di procedere alquanto pericoloso, poiché, cavalcando «decentralizzazione» e «periferie esistenziali», tenta d’introdurre i germi di un parlamentarismo in un contesto ad esso geneticamente alieno. La vera sfida consiste cioè nel sostituire un «furor di popolo» giacobino all’infallibile Parola di Dio.
Stupisce e duole constatare come, ancora una volta, gli ambienti di Chiesa, abbiano brillato per assenza, abbiano ufficialmente taciuto. Non una voce, chiara e forte, di solidarietà, non una critica agli improvvidi autori di quella missiva, né obiezioni alla vacuità delle accuse mosse. Un silenzio imbarazzante. Noi riteniamo fondamentale ed onesto, soprattutto in circostanze come questa, esprimergli tutta la nostra vicinanza. Con forza, affetto e gratitudine. Riconoscendogli il merito indiscutibile d’aver sempre agito e parlato con autenticosensus ecclesiae. E d’averlo fatto per un motivo preciso, per colmare quella che lo stesso mons. Negri ha recentemente definito «la più grande povertà che possa capitare ad un uomo, quella di non conoscere la verità di Cristo». Quella verità, che lui, da Vescovo, non ha mai cessato di proclamare. E che ancora proclama.