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venerdì 16 ottobre 2015

"perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (1Cor, 11-29)

  
Segnaliamo un bell'articolo de La Bussola
Ritorniamo ad un punto centrale della nostra fede: lex orandi, lex credendi, L'Eucarestia e la sua ricezione impattano centralmente anche sulla teologia morale. Grazie a Riccardo Cascioli di avercelo ricordato così chiaramente!

Riccardo Cascioli
Se non altro appare chiaro che il problema vero di questo Sinodo è l’Eucarestia. E prima di parlare di accesso alla comunione dei divorziati risposati (e perché non di tutti coloro che, essendo in peccato mortale, non sono riconciliati?) sarebbe senz’altro meglio chiarirsi se si crede ancora che nell’Eucarestia c’è la presenza reale di Cristo.
Il resoconto fatto ieri in conferenza stampa da don Manuel Dorantesed, collaboratore in lingua spagnola di padre Federico Lombardi, riguardo al racconto fatto in aula di un bambino che durante la Prima Comunione ha dato un pezzetto della sua ostia ai genitori divorziati risposati, è al proposito
esemplare. Ammesso che l’episodio sia vero, non deve scandalizzare tanto il gesto del bambino, un “incidente” evidentemente indotto dall’amore per i genitori e dalla testa piena di chiacchiere sentite sulla presunta esclusione dei propri genitori dalla Chiesa. Si potrebbe al massimo notare che se si desse l’Ostia sulla lingua anziché in mano, certi “incidenti” si eviterebbero. Ma non è questo il punto che qui interessa.
Il problema vero è che ci sia un prete o un vescovo che racconti l’episodio per dargli un connotato positivo a supporto dell’accesso alla comunione dei divorziati risposati. E ancora più grave – ai limiti dell’incredibile – è che ci sia un portavoce del Sinodo che riporti questo racconto come «molto emotivo», lasciando intendere che almeno un buon numero di padri sinodali si siano “inteneriti” nell’ascoltarlo; il tutto senza che né il portavoce vaticano padre Federico Lombardi né nessun’altro dei presenti abbia avuto nulla da eccepire.
Ovviamente la vicenda viene raccontata – e amplificata al massimo dalla grande stampa – come l’emergere dei “veri cristiani”, aperti e misericordiosi, contro i severi e arcigni “dottori della Legge”, che si comportano da «ufficiali di immigrazione che devono controllare perennemente l’integrità di chi si avvicina» (altro intervento in aula riportato in conferenza stampa).
In realtà la vera differenza sta tra chi ancora crede a ciò che la Chiesa ha sempre creduto – ovvero che quel pezzo di pane sia davvero il corpo di Cristo – e chi ha invece ormai ridotto l’accesso alla comunione a uno dei tanti diritti civili della nostra epoca, e che – come Pannella e Bonino insegnano - usa la tipica tattica dei “casi pietosi” per far approvare questo diritto.
Di pietoso in effetti c’è soltanto lo spettacolo di una Chiesa ridotta a mendicare l’approvazione del mondo, disponibile per questo a gettare e calpestare ciò che ha di più caro.
Siamo certi che la maggioranza dei padri sinodali non si sarà affatto commossa alle parole di quel povero prete, e sarà sobbalzata nel vedere come la segreteria del Sinodo abbia deciso di giocare in modo spregiudicato questo episodio. Motivo in più per aspettarsi una risposta chiara e decisa che mostri al popolo cattolico che, accada quel che accada, ci sono almeno dei pastori su cui fare affidamento.