All’indomani della pubblicazione delle ultime
tredici relazioni dei circoli minori del Sinodo dei Vescovi, alcuni affermano
che la relazione del circolo A di lingua spagnola (moderatore
il cardinale honduregno Oscar Rodríguez Maradiaga, relatore il cardinale
panamense Lacunza Maestrojuán) appare
la più spregiudicata.
Più moderata sarebbe invece la relazione del
circolo di lingua tedesca (moderatore il cardinale di Vienna
Christoph Schönborn, relatore il vescovo di Berlino Heiner Koch), di cui fanno
parte anche i cardinali Kasper, Marx e Müller.
Sbalorditivo appare, tuttavia, un capoverso di quest'ultima che contraddice evidentemente la dottrina tradizionale:
“l’assioma «ogni contratto
matrimoniale tra cristiani è di per sé un sacramento» deve essere rivisto”.
Queste le
motivazioni:
“In società
cristiane non più omogenee o in Paesi con impronte culturali e religiose
differenti, non si può presupporre una comprensione cristiana del matrimonio
nemmeno tra i cattolici. Un cattolico senza fede in Dio e nella sua
manifestazione in Gesù Cristo non può contrarre automaticamente un matrimonio
sacramentale contro, o addirittura senza, la sua consapevolezza e la sua
volontà. Manca l’intenzione di volere, con questo atto, almeno ciò che la Chiesa
intende con esso. È vero che i sacramenti non si realizzano attraverso la
volontà di chi li riceve, ma non lo fanno nemmeno senza o addirittura contro la
stessa; o quantomeno la grazia rimane sterile, poiché non viene accolta con
libera intenzione con la fede che è data dall’amore”.
Come conciliare
tale affermazione con la dottrina tradizionale?
Diamo la parola
al Piolanti (I Sacramenti, Firenze, 1960, 654).
“Il sacramento del matrimonio non è una qualità esterna aggiunta al contratto coniugale celebrato da due
cristiani, per cui non è possibile contrarre un valido matrimonio senza che sia
perciò stesso anche sacramento.
Si tratta di
dottrina certa, anzi ritenuta “proxima fidei” dalla S. R. Rota (AAS, 1919, p.
933), poiché si basa su esplicite dichiarazioni di Pio VI, Ep. ad Episcopum Motulensem (1788); di Pio IX, Syllabus (1864), proposizione
66 e 73; di Leone XIII, Enc. Arcanum
(1880); di Pio XI, Enc. Casti Connubii
(1930); del Codice di Diritto Canonico.
Pertanto i fedeli che
seriamente fanno il contratto, ipso facto celebrano il sacramento, anche se
ignorano o non tengono in alcuna considerazione la dignità del sacramento. Al
contrario, se con un atto positivo della volontà escludono dal contratto la
dignità del sacramento, in modo che non intendano assolutamente fare il
matrimonio nel caso che sia obiettivamente sacramento, il matrimonio è
invalido, perché verificandosi la condizione, elidono con la seconda intenzione
assoluta, la prima che è condizionata”
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