Prima dell'avvento di Cristo la sofferenza era giustificata, per gli ebrei, dal peccato originale: era il castigo che Dio aveva inflitto all'uomo per essersi ribellato alle Sue disposizioni. Per tutti gli altri uomini della terra, la sofferenza avveniva per volere degli dei o degli spiriti maligni. Con l'avvento del Figlio di Dio la sofferenza ha assunto (fermo restando il castigo seguito al peccato originale) un significato anche redentivo: l'uomo può salvarsi eternamente grazie alla Croce sulla quale Cristo è salito volontariamente, con l'unico scopo di aprire le porte del Paradiso alle anime battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Fuori dalla Croce di Cristo non c'è Salvezza, fuori dalla Chiesa non c'è salvezza. Grazie al Santissimo Sacrificio di Nostro Signore noi possiamo ogni giorno averlo sull'altare, presente, in Corpo e Sangue, e attraverso la sua Croce vivere di Fede, di Speranza, di Carità e portare con pace e armonia le nostre croci. Unica protagonista, nella Santa Messa, è la Croce: Gesù è sull'altare (non intorno all'altare per banchettare, come credono i protestanti) per essere ancora, fino alla fine dei tempi, innalzato sulla Croce, redimendo e salvando le anime che vogliono essere salvate. L'editoriale di Don Alberto Secci lo ricorda con vivida chiarezza. (C.S.)
O CRUX, AVE, SPES UNICA:
Luglio 2014
Lo scorso mese, parlando della
solennità del Corpus Domini, ricordavamo il pericolosissimo oblio
del carattere sacrificale della Messa cattolica. Oblio che conduce
lentamente ma inesorabilmente all'eresia. Su questo punto non
dovremmo mai dimenticare il grande lavoro di Michael Davies sulla
Riforma anglicana, che sottolinea il pericolo dei “taciuti” in
liturgia: la riforma anglicana di Cranmer, togliendo dalla Messa
tutti i riferimenti espliciti al Sacrificio propiziatorio, introdusse
vincente, nel giro di una generazione, il Protestantesimo in
Inghilterra, portandola definitivamente all'eresia.
Ma nel mese scorso ci spingevamo più
in là dicendo che, col dimenticare che la Messa è il Sacrificio di
Cristo sulla Croce, si perde inesorabilmente la coscienza della
Presenza sostanziale di Cristo nella Santissima Eucarestia: se non
c'è più la Vittima, non c'è nemmeno più la Presenza di Gesù
Cristo, perché Cristo si rende presente nell'Eucarestia come
Vittima. Una Messa percepita sempre più come ricordo dell'Ultima
Cena rischia veramente di non essere più la Messa cattolica.
Innegabilmente l'ultima riforma della messa, quella del 1969, l'ha
fatta assomigliare sempre più alla Santa Cena protestante, anglicana
o luterana che sia.
C'è però di più: una Messa sempre
più protestantizzata, ha protestantizzato il popolo cristiano con la
sua missione, tanto da farlo assomigliare ogni giorno di più ad un
insieme di congregazioni protestanti impegnate nella loro presenza in
mezzo al mondo.
Se non c'è più la Vittima, non c'è
nemmeno più la Presenza di Cristo. È vero per la Messa, per il
Santissimo Sacramento, ma è vero anche per tutta l'opera della
Chiesa. Se al centro di tutta la predicazione dottrinale, se al
centro di tutta la pastorale della Chiesa non c'è più Cristo
Crocifisso, tutta la missione della Chiesa rischia di essere
spaventosamente vuota. Mai come in questi ultimi decenni si sono
moltiplicati gli sforzi pastorali, si sono affinate le tecniche per
un annuncio efficace, mai si è parlato come in questi ultimi
cinquant'anni di missione, e si è raccolto quasi nulla. Si è andati
verso il mondo annunciando e annunciando ancora, e si è registrata
la sua inesorabile scristianizzazione.
Chi avrebbe mai pensato, tra i Padri
del Concilio, che la fede cattolica sarebbe quasi scomparsa nel giro
di mezzo secolo? Chi avrebbe mai pensato, tra i vescovi del Vaticano
II, all'avvento di una società così anti-cattolica e immorale come
quella di oggi, dove ogni legge sembra fatta apposta per essere
contro il disegno di Dio sull'uomo?
Eppure, ed è innegabile, questo
disastro è sotto i nostri occhi.
Se non c'è più Gesù-Vittima, non
c'è nemmeno più Gesù-presente.
Sì, una Chiesa che entusiasticamente,
a partire dagli anni '60, è andata incontro al mondo mettendo in
secondo piano la Croce di Cristo, ha perso Cristo stesso e non ha
portato nulla o quasi alla società. Sì perché, occorre dirlo con
chiarezza, senza la centralità della Croce, senza la centralità di
Cristo crocifisso, tu perdi Cristo stesso. È terribile l'illusione
di chi vuol parlare di Gesù senza la sua Croce, senza anzi la
centralità della sua Croce. Chi mette la Croce di Cristo “tra le
tante cose” della vita di Gesù, ma non ne considera la centralità,
in verità non parla nemmeno di Cristo. Parla di un Gesù
“confezionato” apposta per il mondo moderno che, come i giudei e
i gentili di San Paolo, giudicavano Cristo Crocifisso scandalo o
stoltezza.
Si è voluti andare al mondo per
dialogare amichevolmente con esso, evitando le condanne della Chiesa
del passato; per dialogare amichevolmente si sono dovuti “velare”
o “nascondere” la Croce e il Sacrificio di Cristo, perché il
dialogo con la società moderna, con le sue religioni, restasse
sereno e amichevole; con il risultato doppiamente tragico di non aver
portato nulla agli uomini del tempo e, peggio, di aver devastato il
santuario della presenza di Dio che è la Chiesa.
Non c'è niente da fare, per primi
dobbiamo accettare e abbracciare lo scandalo della Croce,
riconoscerlo come il contenuto centrale della dottrina, della vita e
della missione della Chiesa, e allora, non calcolando gli esiti, ma
fiduciosi nell'infinita potenza della grazia di Dio, andare verso il
mondo, perché dalla Croce di Cristo sia convertito e sanato.
Guai a quei Cristiani, guai a quella
Chiesa che voglia portare un altro Gesù, senza la Croce, guai!
Perderà la sua essenza, perderà la sua forza, perderà la sua
anima, perderà l'efficacia unica della grazia. E risulterà sempre
più inutile e insopportabile a quel mondo che voleva raggiungere.
Odiosamente insopportabile al mondo è una Chiesa senza il Sacrificio
e la Croce.
E il mondo, una Chiesa così vuota, è
già pronto ad azzannarla.
In hoc signo vinces, non è solo il
ricordo di una storia passata, è la verità di ogni istante: la
vittoria è della Croce e di chi, la Croce, la porta e la mostra al
mondo, senza calcolo umano.
O Crux, ave, spes unica, salve o
Croce, unica speranza: se non si tornerà a questa chiarezza in
tutto, veramente in tutto nella Chiesa, il disastro sarà
inevitabile.
Ma questo ritorno inizia dal Santo
Sacrificio della Messa.
Se di fronte a questo quadro di
devastante confusione ci sentiamo impotenti; se impotenti ci
domandiamo cosa fare e soprattutto da dove iniziare, ricordiamoci che
la riedificazione della Chiesa partirà sempre dal Santo Sacrificio
della Messa. Non facciamo calcoli umani, non commettiamo l'errore
degli anni '60, non andiamo al mondo, nemmeno per riedificare la
Tradizione, con le nostre tecniche, ma ri-iniziamo dalla Messa.
Torniamo subito alla Messa della
Tradizione, lo diciamo ai sacerdoti prima e poi ai fedeli. Torniamo
al corretto rito del Santo Sacrificio della Messa e da lì ripartiamo
per un lavoro paziente di riedificazione della fede. Non commettiamo
l'errore di fare l'inverso, prima il lavoro pastorale, poi il ritorno
alla Messa di sempre, sarebbe in fondo un nascondere ancora la Croce
di Cristo, attendendo tempi migliori, così come fecero gli illusi
missionari degli anni post-conciliari.
La verità invece è Cristo.
La verità è invece il fatto del suo
Sacrificio redentore, perpetuato dalla Messa cattolica. Primo compito
dei sacerdoti è celebrarla. Primo compito di tutti è vivere di
essa, perché la vita, quella vera, continui.
Vi ricordate quando il papa Francesco affermò che il cristiano deve testimoniare Cristo croficisso? Quanti Caifa si stracciarono allora le vesti, gridando che no, il cristiano deve invece testimoniare Cristo risorto! Ma per fortuna anche in campo tradizionalista c'è qualcuno che non disconosce la centralità della Croce e del crocifisso.
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