Ecco di nuovo è venuto per noi, secondo l’ordine del calendario liturgico, “il giorno di Pentecoste”(At 2,1),... giorno di particolare solennità che si affianca, per dignità di celebrazione e ricchezza di spirituale contenuto, al giorno stesso della Pasqua.
È possibile stabilire un paragone tra la Pentecoste, di cui parlano gli Atti degli Apostoli, quella avvenuta cinquanta giorni dopo la risurrezione del Signore, e la Pentecoste d’oggi?
Sì, non solo possibile, ma sicuro, indubitato e corroborante è un tale collegamento nella vita e per la vita della Chiesa, a livello sia della sua storia bimillenaria, sia dell’attualità del tempo che noi stiamo vivendo, come uomini di questa generazione.
“Ricevete lo Spirito Santo...”, e questo dono di santità comincia subito ad agire: la santificazione prende avvio - secondo le parole stesse di Gesù - dalla remissione dei peccati.
Prima c’è il battesimo, il sacramento della cancellazione totale delle colpe, quale che sia il loro numero e la loro gravità, poi c’è la penitenza, il sacramento della riconciliazione con Dio e con la Chiesa, ed ancora l’unzione degli infermi.
Sì, non solo possibile, ma sicuro, indubitato e corroborante è un tale collegamento nella vita e per la vita della Chiesa, a livello sia della sua storia bimillenaria, sia dell’attualità del tempo che noi stiamo vivendo, come uomini di questa generazione.
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“Ricevete lo Spirito Santo...”, e questo dono di santità comincia subito ad agire: la santificazione prende avvio - secondo le parole stesse di Gesù - dalla remissione dei peccati.
Prima c’è il battesimo, il sacramento della cancellazione totale delle colpe, quale che sia il loro numero e la loro gravità, poi c’è la penitenza, il sacramento della riconciliazione con Dio e con la Chiesa, ed ancora l’unzione degli infermi.
Ma quest’opera di santificazione sempre raggiunge il suo culmine nell’eucaristia, il sacramento della pienezza di santità e di grazia: “Mens impletur gratia”.
E qual è, in questo mirabile flusso di vita soprannaturale, il posto che spetta alla confermazione?
Bisogna dire che la stessa santificazione si esprime anche nel rafforzamento, appunto nella confermazione.
Anche in essa, infatti, c’è in sovrabbondante pienezza lo Spirito Santo e santificante, in essa c’è lo Spirito di Gesù per operare in una direzione peculiare e con una efficacia tutta propria: è la direzione dinamica, è l’efficacia dell’azione interiormente ispirata e diretta.
Anche questo era stato previsto e predetto: “Ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49); “Ma avrete forza dallo Spirito Santo, che scenderà su di voi” (At 1,8).
La natura del sacramento della confermazione scaturisce da questo conferimento di forza che dallo Spirito di Dio viene comunicato a ciascun battezzato, per renderlo - secondo la nota terminologia catechistica - perfetto cristiano e soldato di Cristo, pronto a testimoniare con coraggio la sua risurrezione e la sua virtù redentrice: “E voi mi sarete testimoni” (At 1,8).
3. Se questo è il particolare significato della confermazione per il rinvigorimento in noi “dell’uomo interiore”, nella triplice linea della fede, della speranza e della carità, è facile comprendere come essa, per diretta conseguenza, abbia un grande significato anche per la costruzione della comunità della Chiesa, come corpo di Cristo (cf. “Lectio altera”: 1Cor 12). Anche a questo secondo significato occorre dare il dovuto risalto, perché consente di cogliere, oltre alla dimensione personale, la dimensione comunitaria e, propriamente, ecclesiale nell’azione fortificante dello Spirito.
3. Se questo è il particolare significato della confermazione per il rinvigorimento in noi “dell’uomo interiore”, nella triplice linea della fede, della speranza e della carità, è facile comprendere come essa, per diretta conseguenza, abbia un grande significato anche per la costruzione della comunità della Chiesa, come corpo di Cristo (cf. “Lectio altera”: 1Cor 12). Anche a questo secondo significato occorre dare il dovuto risalto, perché consente di cogliere, oltre alla dimensione personale, la dimensione comunitaria e, propriamente, ecclesiale nell’azione fortificante dello Spirito.
Abbiamo ascoltato Paolo che ci parlava di questa azione e della distribuzione, da parte dello Spirito, dei suoi carismi “per l’utilità comune”.
Non è forse vero che in questa elevata prospettiva va inquadrata la vasta ed oggi tanto attuale tematica dell’apostolato e, in special modo, dell’apostolato dei laici?
Se “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per la utilità comune”, come potrebbe un cristiano sentirsi estraneo o indifferente o esonerato nell’opera di edificazione della Chiesa?
L’esigenza dell’apostolato laicale deriva da qui e si definisce come doverosa risposta ai doni ricevuti.
Al riguardo, penso che sarà bene riprendere in mano - mi limito ad un semplice accenno - quel testo conciliare che, sui fondamenti biblico-teologici del nostro inserimento per mezzo del battesimo nel corpo mistico di Cristo e della forza ricevuta dallo Spirito per mezzo della cresima, presenta il ministero che spetta a ciascun membro della Chiesa come un “nobile impegno di lavorare”.
“Per l’esercizio di tale apostolato - si aggiunge - lo Spirito Santo elargisce ai fedeli anche dei doni particolari”, sicché ne discende correlativamente l’obbligo di operare e di cooperare all’“edificazione di tutto il corpo nella carità” (cf. Apostolicam Actuositatem proem. et 3).
San Giovanni Paolo II
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