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mercoledì 7 maggio 2014

Le canonizzazioni di Ser Ciappelletto

di don Alfredo M. Morselli


Tra le verità di fede ormai pacificamente indiscusse c’era, fino a pochi anni fa, la sentenza per cui il Papa è infallibile quando canonizza un santo. Ed era uno di quegli asserti che i teologi neo-modernisti avevano lasciato in pace, affaccendati a demolire dogmi più altisonanti.
Ma ora, questa bella verità – per cui ogni fedele è certo che quando accende una candela in chiesa non l’accende a un dannato, ma a una persona che è in Paradiso – viene messa in discussione; e tutto questo da parte di teologi di ben altra genía rispetto a coloro che stanno devastando la vigna del Signore da oltre mezzo secolo.

Nec differt diabolum colas an hominem condamnatum, diceva Melchior Cano (1): Non c’è differenza se presti culto a un demone o a un dannato, ergo, non è possibile che il Romano Pontefice prescriva culto universale a un dannato.

Ve l’immaginate le risate che si farebbero all’inferno se vedessero in piazza San Pietro o nella gloria del Bernini il drappo di uno dei loro: oppure se il Romano Pontefice potesse, ancorché assistito dalle promesse del Salvatore, farsi fregare come quel frate gran maestro in Iscrittura che confessò Ser Ciappelletto, di boccaccesca memoria?
Ma vi sembra possibile che la Chiesa, che ci spinge a imitare l’esempio dei Santi, possa spingere tutti a imitare cattivi esempi? O che possa lasciare i fedeli nel dubbio…

Certamente in plurisbus non si sbaglia, qualcuno direbbe… Se raccontassi alcune tesi, apparse ultimamente, ad Argentina, la mia perpetua, come minimo le verrebbe un infarto…:

– Ma allora Sant’Antonio, di cui sono così devota, è nel piccolo numero degli sbagli possibili oppure è nella gran parte dei buoni veramente buoni?”
– No, no, su Sant’Antonio possiamo mettere la mano sul fuoco, stia tranquilla, Sant’Antonio è… Sant’Antonio, eh che diamine!”

Ma se l’Argentina, non appagata da questa risposta, mi dicesse: ”Ma come facciamo ad essere sicuri che è proprio santo santo… E di San Venanzio, quale virtù posso imitare e qual invece non è una virtù?”… vi confesso che non saprei cosa dirle.

Ne nascerebbe il libero esame della vita dei santi.

*  *  *

Concludo con una citazione di Joseph Ratzinger:
“I santi traducono la luce purissima di Dio, che noi non siamo capaci di sopportare, nella multiforme varietà dei colori della realtà terrena e ci permettono proprio così di riconoscere la ricchezza del mistero di Gesù Cristo” (2).
Ecco, se la Chiesa additasse un santo che non è santo, mentirebbe su Cristo, perché dichiarerebbe visibile in una persona un Cristo inesistente. Ma questo, grazie a Dio, non può accadere.

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 NOTE

(1) Cit. in T. Ortolan, «Canonisation dans L’Église romaine», DThC  II, 2, col. 1690.


(2) Prefazione al libro di Flavio Peloso, Santi e santità dopo il Concilio Vaticano II. Studio teologico-liturgico delle orazioni proprie dei nuovi Beati e Santi, [C.L.V. - Edizioni Liturgiche, Roma, 1991 (Bibliotheca Ephemerides Liturgicae, 61), pp. 272], p.5-6.

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