di don Alfredo M. Morselli
Tra le verità di fede ormai
pacificamente indiscusse c’era, fino a pochi anni fa, la sentenza per cui il
Papa è infallibile quando canonizza un santo. Ed era uno di quegli asserti che
i teologi neo-modernisti avevano lasciato in pace, affaccendati a demolire
dogmi più altisonanti.
Ma ora, questa bella verità – per cui ogni fedele è certo che quando accende una candela in chiesa non
l’accende a un dannato, ma a una persona che è in Paradiso – viene messa in
discussione; e tutto questo da parte di teologi di ben altra genía rispetto a
coloro che stanno devastando la vigna del Signore da oltre mezzo secolo.
Nec differt diabolum colas an hominem condamnatum, diceva Melchior Cano (1): Non c’è differenza se presti culto a un demone o a un dannato,
ergo, non è possibile che il Romano Pontefice prescriva culto universale a un
dannato.
Ve l’immaginate le risate
che si farebbero all’inferno se vedessero in piazza San Pietro o nella gloria
del Bernini il drappo di uno dei loro: oppure se il Romano Pontefice potesse,
ancorché assistito dalle promesse del Salvatore, farsi fregare come quel frate gran maestro in Iscrittura che confessò
Ser Ciappelletto, di boccaccesca memoria?
Ma vi sembra possibile che
la Chiesa, che ci spinge a imitare l’esempio dei Santi, possa spingere tutti a
imitare cattivi esempi? O che possa lasciare i fedeli nel dubbio…
Certamente in plurisbus non si sbaglia, qualcuno
direbbe… Se raccontassi alcune tesi, apparse ultimamente, ad Argentina, la mia
perpetua, come minimo le verrebbe un infarto…:
– Ma allora Sant’Antonio, di
cui sono così devota, è nel piccolo numero degli sbagli possibili oppure è
nella gran parte dei buoni veramente buoni?”
– No, no, su Sant’Antonio possiamo
mettere la mano sul fuoco, stia tranquilla, Sant’Antonio è… Sant’Antonio, eh
che diamine!”
Ma se l’Argentina, non
appagata da questa risposta, mi dicesse: ”Ma come facciamo ad essere sicuri che
è proprio santo santo… E di San Venanzio, quale virtù posso imitare e qual invece
non è una virtù?”… vi confesso che non saprei cosa dirle.
Ne nascerebbe il libero esame della vita dei santi.
* * *
Concludo con una citazione
di Joseph Ratzinger:
“I santi traducono la luce purissima di Dio, che noi non siamo capaci di sopportare, nella multiforme varietà dei colori della realtà terrena e ci permettono proprio così di riconoscere la ricchezza del mistero di Gesù Cristo” (2).
Ecco, se la Chiesa additasse
un santo che non è santo, mentirebbe su Cristo, perché dichiarerebbe visibile
in una persona un Cristo inesistente. Ma questo, grazie a Dio, non può
accadere.
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(1) Cit. in T. Ortolan,
«Canonisation dans L’Église romaine», DThC
II, 2, col. 1690.
(2) Prefazione al libro di
Flavio Peloso, Santi e santità dopo il Concilio Vaticano II. Studio
teologico-liturgico delle orazioni proprie dei nuovi Beati e Santi, [C.L.V.
- Edizioni Liturgiche, Roma, 1991 (Bibliotheca Ephemerides Liturgicae, 61), pp.
272], p.5-6.
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